30mila donne in Francia sono state contattate dalle autorità sanitarie francesi, per la rimozione delle protesi «Pip», al seno. Il pericolo maggiore per le malcapitate transalpine è il rischio tumore. Per questo motivo si sta correndo infatti ai ripari, visto anche l’aumentare dei casi di linfoma che si sono registrati recentemente oltralpe. Le protesi erano state prodotte con silicone industriale, totalmente diverso da quello autorizzato per la produzione delle protesi  in campo sanitario.
Anche in Italia ci sono parecchie donne a rischio, che hanno ricevuto nei loro interventi le stesse protesi sottoposte a rimozione in Francia. Il Ministero della Salute ha ordinato un censimento e firmato un’ordinanza in cui: “Si impone a tutte le strutture ospedaliere e ambulatoriali pubbliche e private, accreditate o autorizzate, di redigere entro 15 giorni un elenco nominativo di tutti i casi riguardanti l’impianto di P.I.P. a partire dal 1° gennaio 2001: la lista resterà, a garanzia della privacy dei pazienti, nella esclusiva disponibilità delle strutture, le quali però dovranno notificare alle Asl di riferimento (e queste alle competenti autorità regionali) la data di ciascun intervento d’impianto. Le Regioni avranno poi altri dieci giorni di tempo per inviare tutti i dati al Ministero. L’ordinanza impone che anche le strutture che non hanno effettuato impianti attestino una dichiarazione di mancata effettuazione di tali trattamenti.” Le Regioni dovranno inoltre verificare l’applicazione delle raccomandazioni in materia disposte dal Consiglio superiore di sanità nel parere espresso il 22 dicembre scorso. Secondo invece le autorità inglesi, le protesi non sarebbero da rimovuore. I dati relativi alle rotture delle protesi non giustificano l’invito recapitato alle pazienti francesi per rimuoverle. Bassissimo, sempre per i britannici, il rischio tumori: il silicone, per quanto non a norma, non sarebbe comunque tossico.