Nel neo nato Sud Sudan, indipendente dallo scorso mese di luglio, si registrano ancora sanguinosi scontri con decine di morti e feriti. Si tratta però, non di scontri a sfondo politico, ma tra le diverse comunità all’interno del Sud Sudan quindi interetnici.

L’economia di molte regioni sono basate sull’allevamento e le risorse agricole. Per cui le tribù che ne hanno il controllo sono considerate le più ricche e la ricchezza comporta poi, il potere.

A combattersi sono soprattutto la tribù Lou Nuer e la tribù dei Murle. La loro è una vera e propria faida che si consuma da anni. I loro membri dopo che la scorsa estate si  erano resi protagonisti di numerosi e sanguinosi  scontri che, secondo stime ufficiali,  avrebbe provocato la morte di
oltre un migliaio di persone. Dallo scorso mese di dicembre, si stanno di nuovo affrontando rendendosi protagonisti di violenze mai conosciute finora. Sembra che all’origine degli scontri ci siano antiche dispute sul territorio e sul bestiame che come sempre sfociano in omicidi e violenze.

Ancora una volta epicentro degli scontri, che da settimane stanno insanguinando il neo nato stato africano, la regione dello Jonglei nell’est del Paese africano. Si tratta dello Stato più grande dei 10 che costituiscono il Sud Sudan.

Le nuove vittime di questi scontri interetnici, denunciati lo scorso giovedì, sono almeno 57. Si tratta per lo più di donne e bambini che vivevano in un villaggio nello Stato di Jonglei attaccato da uomini armati.

Altre 53 persone, membri della tribù dei Nuer, sarebbero state invece, ferite nella contesa di Uror dove quasi un centinaio uomini armati e in uniforme militare hanno compiuto raid e razzie in diversi villaggi. Una sorte di spedizione punitiva. Gli attaccanti erano verosimilmente appartenenti alla tribù rivale dei Murle. Sembra che siano state portate via anche diverse mandrie di mucche. Si stima che siano state rubate almeno 20mila mucche che appartenevano alla tribù dei Nuer.

Quanto sta accadendo sta facendo emergere l’aspetto più drammatico di questo neo stato africano ossia la guerra combattuta tra le diverse comunità al suo interno. Una guerra rimasta nascosta agli occhi del mondo, ma conosciuta dagli operatori umanitari che da anni operano in
quella parte del mondo.

Nel Sud Sudan è infatti, in corso una vera e propria emergenza umanitaria ed una delle cause è proprio questa guerra interna nascosta che si combatte praticamente da sempre. L’agenzia ONU per i profughi e i rifugiati, Unhcr, è impegnata a sostenere,  alla meglio, le migliaia di profughi che abbandonano tutto per sfuggire al dramma della guerra. Nelle ultime settimane sono state almeno 100mila le persone che hanno cambiato il loro status in profughi interni e rifugiati. Per aiutarle tutte l’agenzia ONU ha messo in atto un imponente ponte aereo di aiuti umanitari. Molte aree dell’immenso territorio, che è interessato dall’emergenza, sono prive di infrastrutture. Soprattutto non ci sono strade. Ed è forse anche per questo motivo che riescono a fare ben poco per contenere le violenze sia i soldati governativi sia i caschi blu dell’ONU.
Questi ultimi sono 5500 peacekeepers dispiegati in Sud Sudan in base al Trattato di pace del 2005 firmato dopo decenni di guerra civile tra Nord e Sud.

A fare da contorno a tutto questo poi, vi è un altro tipo di conflitto che è in corso nel Paese africano e che è ancor meno conosciuto. Si tratta di quello per la gestione del potere. Quest’ultimo ha generato una situazione ancora più critica come si può vedere dai  combattimenti in corso da
mesi negli stati sudanesi del Kordofan Meridionale e Blue Nile. Combattimenti che hanno generato altre migliaia di profughi. Di questi almeno 75mila hanno cercato scampo al dramma della guerra nei vicini stati del Sud Sudan di Unity e Upper Nile. Mentre altre 23mila sono scappate verso l’Etiopia.

Nel frattempo, i ribelli sudanesi del Darfur, dall’estate scorsa, si sono uniti ai combattimenti contro i militari di Khartoum appesantendo
ulteriormente la situazione. Il loro intervento si registra soprattutto nello Stato del Kordofan del Sud, vicino alla frontiere con il Sud Sudan. Ed è proprio qui che dal 7 gennaio scorso si sono registrati nuovi e pesanti bombardamenti da parte delle forze armate sudanesi. Per Khartoum non si è trattato di bombardamenti indiscriminati, ma di una vasta operazione militare che ha permesso di scacciare i ribelli dalle regione.

I timori sono che questa critica situazione possa costituire una minaccia, in qualche modo, per l’indipendenza del Sud Sudan

Ferdinando Pelliccia