Si voti secondo coscienza era la parola d’ordine che circolava da qualche giorno nei corridoi di Montecitorio e così è stato.

Alla fine l’aula della Camera ha esaminato e respinto la richiesta di arresto nei confronti del deputato Pdl, Nicola Cosentino.

I ‘NO’ sono stati 309 e i ‘SI’ 298. Nessun astenuto.

In base alle dichiarazioni di voto fatte i contrari dovevano essere 255 e i favorevoli 297.

A questo punto è chiaro che sono subentrati i cosiddetti ‘franchi tiratori’.

Difficile stabilire quali siano ossia quali deputati, nel segreto dell’urna, non hanno seguito la linea del partito.

Contro la richiesta di arresto devono aver votato tutti i 204 parlamentari del Pdl, i 21 di Popolo e territorio, i 6 radicali e almeno 24 del gruppo misto vicini al Pdl.

A  questo punto i conti non tornano in quanto il totale raggiunto è di 309 ‘NO’ quindi sono 54 in più.

Se anche fosse che contro hanno votato i 3 deputati delle minoranze linguistiche, come era stato anticipato, il totale è di 258 e questo significherebbe che altri 51 hanno votato contro.

Chi sono questi ‘signori’?

Difficile poterlo dire con certezza, ma non è impossibile capire chi possano essere.

Certamente sono 50 deputati che hanno dato una grossa mano all’ex sottosegretario all’economia.

A favore dell’arresto si erano dichiarati i 204 deputati del Pd, i 22 di Fli, i 21 dell’IdV e i 36 dell’Udc, i 7 dell’Api, i 2 dell’Mpa, i 3 liberal-democratici e 2 deputati del gruppo misto vicini al centrosinistra, per un totale di 297 ‘SI’.

La bocciatura della richiesta di arresto del coordinatore del Pdl in Campania dimostra che l’asse Lega-Pdl tiene ancora.

Sono stati infatti, ago della bilancia i voti dei deputati leghisti, 56, che avevano libertà di coscienza nel votare.

Del resto questo era nell’aria specie dopo le parole del leader del Carroccio, Umberto Bossi che si era detto contrario all’arresto perché dalle carte non risultava alcuna colpevolezza dell’On Cosentino. Per cui ai suoi deputati Bossi aveva lasciato libertà di coscienza.

Un vero e proprio rivoltamento della posizione, quella della Lega, avvenuta in pochi giorni dopo il ‘SI’ deciso pochi giorni fa dai vertici del Carroccio e sostenuto fino alla fine da Roberto Maroni.

In merito, nei giorni scorsi, si era già espressa a favore dell’arresto la Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera proprio grazie ai voti espressi dai 2 membri in quota Lega.

Le responsabilità della Lega nel salvataggio dell’On. Cosentino sono fortissime. Quella stessa Lega che negli anni di Tangentopoli sventolò il cappio in Parlamento nell’esplicito riferimento alla necessità di fare pulizia di una classe politica corrotta. Era il 16 marzo 1993 e il deputato leghista che compì il gesto era Luca Leoni Orsenigo. Da allora sono trascorsi quasi 19 anni e l’immagine della Lega moralizzatrice sembra sia svanita.

“Ringrazio il Parlamento per un dibattito proficuo e approfondito. Il Parlamento ha deciso in piena autonomia. Se i parlamentari avessero voluto seguire le indicazioni dei partiti il risultato sarebbe diverso. Sono vittima di un trattamento ingiusto e di un’aggressione mediatica, politica e in parte giudiziaria”. Proferendo queste parole l’On Cosentino ha lasciato l’aula della Camera dopo il voto.

Per il coordinatore campano del Pdl, dopo quella del 2009, si tratta della seconda richiesta d’arresto respinta dalla Camera. In quella occasione però, dovette dimettersi da sottosegretario all’economia.

Significativi quanto proficui anche i messaggi ‘politici’ lanciati dal deputato Pdl nell’imminenza del pronunciamento della Camera sul suo arresto.

”Un minuto dopo l’esito del voto e indipendentemente dal risultato rassegnerò le mie dimissioni da coordinatore regionale del Pdl”, aveva affermato Cosentino poco prima del voto a Montecitorio in merito alla richiesta di arresto presentata dai magistrati partenopei che lo accusano di riciclaggio, falso, corruzione, violazione delle norme bancarie con l’aggravante di aver voluto favorire il clan dei Casalesi.

Un minuto dopo il voto, sempre Cosentino, ha spiegato che prima di dimettersi deve sentire il partito.

La Camera ha quasi sempre negato l’arresto di deputati. Nei suoi annali risultano solo cinque casi in cui l’aula ha detto ‘SI’ all’arresto di un deputato. L’ultimo in ordine di tempo quello per l’On. Alfonso Papa, lo scorso mese di luglio.

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