Su che tipo di strato poggiano le “zattere” crostali della Terra? E perché si muovono incessantemente generando deformazioni e terremoti ?

A queste domande tentano di dare una risposta i due lavori in corso di pubblicazione su ELSEVIER e altri due recenti lavori pubblicati su “Physics of the Earth and Planetary Interiors” e “Tectonophysics” da ricercatori dell’INGV in collaborazione con il Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Roma La Sapienza, il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Trieste, il Geodetic and Geophysical Research Institute di Budapest , l’Istituto Geodetico di Stoccarda e l’Istituto di Geofisica dell’Università di Karlsruhe .

 

Ma quali caratteristiche della astenosfera hanno evidenziato le ricerche degli scienziati?

Lo chiediamo a Federica Riguzzi, ricercatrice dell’INGV  e firmataria dei lavori scientifici.

“Come è noto, dice la Dott.ssa Riguzzi, secondo il modello della tettonica a placche , la parte più esterna e solida della superficie terrestre, detta litosfera, avente uno spessore di circa 80-100 km poggia su uno strato più caldo e viscoso chiamato mantello. Ma tra i due strati ce n’è uno intermedio, a bassa viscosità, detto astenosfera che è in grado di disaccoppiare in maniera non omogenea il movimento delle placche dai moti convettivi del mantello.  In un primo lavoro pubblicato su Physics of the Earth and Planetary Interiors, continua Riguzzi,   viene mostrato un modello analitico nel quale delle onde di lungo periodo, quali ad esempio le maree solide terrestri (cioè le deformazioni della crosta terrestre indotta dalla Luna e dal Sole ), possono permettere un movimento relativo tra litosfera e astenosfera anche di 10
cm/anno se tra i due strati si raggiunge una forte differenza di viscosità.

 

Che relazione c’è tra movimenti su grande scala della crosta terrestre e quelle delle faglie che scatenano i terremoti nelle aree ad alta sismicità?

“Le aree maggiormente sismiche sono concentrate principalmente sui margini di placca, tuttavia è possibile vedere che la distribuzione globale dei grandi eventi sismici non è casuale, ma sembra modulata anche dalla rotazione della Terra, e gli “slab” (i margini in subduzione) non sembrano avere un ruolo energetico importante nel moto delle placche. Infatti i grandi terremoti avvengono più frequentemente in zone equatoriali, le distribuzioni di energia sismica e  numero di terremoti sono simmetriche rispetto all’equatore e diminuiscono verso le aree polari, come viene mostrato nel secondo lavoro, in pubblicazione su Tectonophysics”.