L’Infarto si batte sul tempo

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L’infarto è un evento acuto spesso mortale ma che può essere fronteggiato se si tiene conto che pochissimi minuti di differenza possono rappresentare il discrimine tra la vita e la morte. Infatti il 30% dei decessi avviene fuori dall’ospedale entro un’ora dalla comparsa dei sintomi e la condizione di affollamento dei Pronti Soccorso italiani preoccupa molto. “Da questi elementi” spiega Michele Bianchi, Primario della Divisione di Cardiologia dell’Istituto Clinico Città Studi di Milano “è evidente che per ridurre la mortalità, il trattamento del soggetto con infarto deve essere tempestivo”. In questo istituto milanese, strategicamente posto al centro della città, è stato messo a punto un sistema chiamato ‘Fast Track’ che elimina i tempi di attesa del PS e trasporta il paziente di cuore direttamente nell’Unità di Emodinamica nell’Unità di Cardiologia. Questa via preferenziale evita ritardi inutili e dannosi: il 118 segnala che ha a bordo un paziente con infarto e il paziente viene trasportato direttamente in reparto, saltando momentaneamente la parte burocratica e di accettazione, mentre se il paziente si presenta accompagnato da un familiare con il tipico dolore toracico, viene sottoposto ad un rapido triage e ad un elettrocardiogramma. A seconda del risultato viene mandato immediatamente alla sala dove si effettua l’intervento di angioplastica primaria. Servizio possibile grazie all’organizzazione dell’Istituto (privato ma convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale) che ha previsto la presenza di un cardiologo emodinamista e di personale infermieristico di sala tutti i giorni feriali e la disponibilità entro 30 minuti dall’allerta del 118 nei giorni festivi e nelle ore notturne.

Questo approccio, che risponde ai criteri della rete Lombarda IMA (Infarto Miocardico Acuto), ha mostrato di garantire un risparmio di 35 minuti nell’assistenza a questi pazienti critici e ha permesso la riduzione della mortalità di circa il 7,5%, un risultato tutt’altro che discutibile se si pensa che le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte nel nostro Paese, responsabili del 44% di tutti i decessi, con particolare responsabilità della cardiopatia ischemica che la fa da padrona con il 30% dei decessi. Oltre all’appropriatezza delle cure la sfida della medicina è quella dell’organizzazione corretta. Individuare il tempo come un fattore di rischio ha rappresentato l’intuizione che ha reso possibili nuovi modi di gestire i reparti. Talora non è necessario spendere centinaia di migliaia di euro per trattare le malattie ma cambiare l’ordine dei fattori e ottimizzare la ‘filiera’ delle cure.

Johann Rossi Mason