Ormai da molti anni ci occupiamo di pirateria marittima. Abbiamo vissuto il sequestro di tre navi Italiane, violenza a mai finire nei confronti dei lavoratori del mare, solo qualche abbordaggio fallito, tanti riscatti pagati e centinaia di milioni di costi da sostenere per cercare di contrastare un fenomeno che sta gettando in ginocchio la già precaria economia mondiale. Un tema questo che sempre di più tocca, non solo economicamente, ogni cittadino italiano, per questo vogliamo avere una visione completa e scrupolosa della situazione reale, un quadro preciso di ciò che accade nelle aeree calde dell’Oceano Indiano e delle terre che hanno fatto della pirateria un grande business. Per saperne di più intervistiamo degli specialisti che possono darci delle corrette informazioni dal punto di vista politico, sociale, militare, legislativo/attuativo e del nuovo fiorente business “mercenario” e illegale che sta prendendo piede tra i nuovi improvvisati difensori  delle marinerie mercantili di mezzo mondo.

Abbiamo incontrato due esperti che lavorano fianco a fianco, nell’ ambito dell’ Analysis Group, per lo studio delle questioni politico militari connesse alla guerra dei pirati nel Golfo di Aden.  Shawn Winter già Capo dell’ Antiterrorismo per l’ Europa e L’Africa  del Sea Lift Command della US Navy a Napoli e  Comandante dei Navy Seal e l’italiano Mario Scaramella, Il Comandante si è riservato di risponder alle nostre specifiche domande sugli aspetti militari della questione, vista la delicatezza dell’argomento,  in una immanente prossima “puntata” di approfondimento del fenomeno,  invece gli aspetti politici e giuridici ci vengono spiegati dal Dott. Scaramella esperto di intelligence e di diritto internazionale:

Com’è la  situazione, sia a terra che in mare,  in Africa?

Tutto il mondo guarda all’Africa come al proprio futuro in termini di risorse e di mercato. Il continente nasconde l’ultima riserva strategica di materie prime, incluse quelle più sensibili come il coltan e l’uranio, il petrolio e l’oro.  Si pensi che un paese come la martoriata Repubblica Democratica del Congo ha da solo, qualcosa come il 33% delle ricchezze forestali e minerarie del pianeta, La zona dei grandi laghi costituisce la grande riserva petrolifera per il futuro ad esempio, e trasformare il potenziale in realtà è solo questione di infrastrutture, sopratutto di trasporto aereo e navale. Il continente è letteralmente invaso dai Cinesi, dai Russi, in maniera meno rilevante da Francesi ed altri occidentali, poi c’è da segnalare la presenza sempre più politica di Al Quaida in due principali poli:  Somalia e Mali. Da qui partono le principali insicurezze per il continente ed il blocco dello sviluppo. La Somalia in particolare oltre a rendere instabile tutta la regione orientale ha compromesso con i suoi pirati la navigazione nell’intero oceano indiano..

 

Come si è evoluta la  pirateria?

E’ iniziata negli anni 90 come  forma di riorganizzazione di quelle cellule che, addestrate e finanziate da Mosca durante la guerra fredda, si sono inventate una “guardia costiera volontaria”, forti di tecniche sovversive e di armamento. Allo sbando e senza supporto internazionale, questi gruppuscoli sono lievitati arruolando i poverissimi e giovanissimi pescatori di Kysinau e degli altri villaggi costieri della Somalia. SI può notare negli ultimi anni una considerevole professionalità nelle tecniche di abbordaggio usate, nella negoziazione per il pagamento riscatto, nel riciclaggio dei soldi ma anche nella propaganda e nell’arruolamento dei nuovi baby-pirats, dovuta non solo al budget di cui ad oggi dispongono ma alla saldatura di questo fenomeno con la galassia di Al Quaida e con i consueti canali spionistici che danno spessore e valenza politica a questi fenomeni. Ad oggi, nel contesto geopolitico, la pirateria svolge diversi importanti ruoli, inclusa la legittimazione di molte flotte presenti in quell’area. Si pensi che la Quinta Squadra della Marina Russa ha riaperto una sua base a Taros in Siria, l’unica del Mediterraneo, ufficialmente per contrastare la pirateria in Somalia. Così come non passano inosservati  i centinaia di paracadutisti russi senza uniforme che sbarcano da navi mercantili russe ed ucraine nel porto di Leftakia, che  sono, per la cronaca,  contractor antipirateria.. Abbiamo informazioni operative riscontrate su queste dinamiche, così come segnali che vecchi collegamenti di intelligence clandestina sono stati riattivati, La stessa procura generale russa ha accertato che ingenti finanziamenti di Mosca finivano alle cellule di somali in giro per il mondo, così come a gruppi in Mozambico, Madagascar, Maldive, Maurizius etc., dove ci aspettiamo che il fenomeno piratesco si intensifichi, grazie all’appoggio di questi fiancheggiatori. I collegamenti fra pirati ed Al Quaida, sia tramite la Al Shabab sia diretti, come certificato nel caso di recenti attacchi contro navi italiane, è certamente l’aspetto più pericoloso.

 

A proposito di pirateria quali sono i riferimenti di legge?

Il diritto internazionale ci aiuta ad inquadrare sia la pirateria che l’antipirateria nel giusto ambito concettuale. E’ evidente, per esempio, la giurisdizione universale per i casi di “piracy” compiuti da armati in acque internazionali,  che consente a tutte le unità militari di qualsiasi bandiera di intervenire operativamente a contrasto del fenomeno ed agli Stati di esercitare la giurisdizione, cioè di processare i pirati una volta catturati, diversamente dai casi di armed robbery (rapina a mano armata) che si verificano in acque territoriali di uno Stato costiero che ha l’esclusiva competenza. Questo influenza anche le attività di contrasto che devono essere autorizzate dallo Stato di bandiera della nave commerciale se si trova in acque internazionali e dalle autorità costiere per il tratto di navigazione in acque straniere, ma non è così che accade in realtà.

La Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay esclude che le navi mercantili possano essere scortate da armati, una nave con fucilieri a bordo è al di fuori della previsone della “navigazione pacifica” che da diritto ad una unità di solcare acque territoriali, quindi una nave scortata deve chiedere l’autorizzazione agli stati costieri per attraversare la c.d. zona EEZ, di interesse economico esclusivo. In mare aperto la nave mercantile è territorio dello Stato di bandiera, cui spetta la vigilanza ed il controllo sopratutto tramite le autorità consolari, e nel caso dell’ Italia la situazione è piuttosto complessa. Il codice della navigazione non esclude, regolamentandolo, il trasporto di armi e di armati ma ciò deve rispettare norme di P.S. e di navigazione, quindi gli armati devono essere muniti di porto d’arma, devono essere guardie giurate, devono avere un addestramento specifico ed autorizzazioni dal comandante del porto oltre a libretto di navigazione o almeno certificata capacità di nuoto e voga.. Il decreto attuativo del DL 107/2011  che prevedeva gli armati a bordo non è ancora stato emanato e ciò crea molta confusione. Intanto le navi italiane imbarcano spesso contractors armati clandestini, senza esperienza e con armi procurate di frodo nei porti di Muscat o di Gibuti,  e nel caso di controllo da parte della  Marina Militare, i mercenari gettano in mare le armi. Questo fenomeno ha creato già molti problemi perchè numerosi attacchi sventati dai vigilantes sfuggono alle statistiche sul fenomeno (che parla di flessione sul numero di attacchi) e stanno cambiando in peggio il profilo della minaccia, ad esempio dopo aver aperto il fuoco contro i pirati, spesso ragazzini, i contractors abbandonano gli aggressori in acqua, non vengono assicurati alla giustizia e i prossimi attacchi saranno più efferati.

 

Quali sono le nuove modalità di contrasto e di protezione?

Le flotte della Marina USA (5a Flotta con base a Manama in Bahrein), della Ue e della NATO (Atalanta ed Ocean Shield con base a Northwood in Inghilterra), da sole non riescono a pattugliare tutto l’oceano indiano.  Servirebbe maggiore monitoraggio aereo, coordinamento delle flotte, implementazione dei corridoi sicuri, sviluppo del diritto internazionale per quanto concerne ad esempio il trattamento dei colpevoli e le regole di ingaggio e sopratutto bisogna combattere la pirateria a terra come fanno le truppe dell’ Unione Africana sotto il coordinamento di Uganda e Burundi,  come hanno cominciato a fare i servizi speciali di Kenia, Gibuti ed Etiopia,  di alcune potenze occidentali che hanno dimostrato dei  successi straordinari da parte  dei Navy Seal contro i terroristi di Al Quaida a Kisinau, il covo dei pirati.  Sulle navi serve personale armato, come l’organizzazione internazionale ormai raccomanda e come molti Paesi fanno, servono però specialisti ben addestrati. L’attacco dei pirati è un’emergenza da servizi speciali, questo è lo scenario:  arrivano in venti, lanciano rampini e scale montabili in alluminio, cominciano a sparare con kalashnikov e lanciagarante RPG7, i primi ragazzini imbottiti di gommapiuma scavalcano la concertina; tutto avviene in manciate di secondi.  Sulla Montecristo, arrembata qualche pirateria2_eunavformese fa,  la sicurezza privata del CAV di Parma che proteggeva la nave, si è vista invadere in un attimo da decine di somali e pakistani, oggi detenuti a Regina Coeli, che pur in pochissimo tempo hanno fatto danni per decine di milioni di euro, poi l’intervento provvidenziale di inglesi ed americani hanno permesso la cattura dei pirati. Oltre alla Marina Militare, è indispensabile l’intervento di specialisti privati a bordo dei mercantili che transitano nell’ormai famoso”mar dei pirati”, ma devono avere obbligatoriamente un ottimo addestramento, armamento, regole e coordinamento. Devono essere ben collaudati insomma, ma non c’è quasi nulla di tutto ciò in Italia al momento, solo improvvisati che stanno compiendo gravi crimini quali il porto clandestino di armi da guerra e l’uso ingiustificato delle stesse in un contesto che invece richiede la massima professionalità.

 L’illecito nell’illecito quindi?

Ora sono le assicurazioni che pretendono gli uomini armati a bordo ad ogni costo. Non solo assicurano “confidenzialmente” il rischio pirateria e pagano somme da capogiro ai pirati, violando la legge italiana, ma richiedono agli armatori di ingaggiare i contractors, a spese dei noleggiatori. Laddove il servizio reso disponibile dalla Marina Militare è ancora un pò lento (i tempi sono lunghi, gli equipaggi a disposizione pochi e l’addestramento specifico ancora manca),  ecco spuntare, su territorio italiano soggetto alla legge nazionale, i mercenari armati clandestinamente.

 

Che si dice nel mondo a riguardo del fenomeno?

Con le operazioni militari previste nello stretto di Ormuz, con la Siria e l’ Iran ormai nell’agenda internazionale, il problema pirateria rientra in un contesto di insicurezza più ampio. Le stesse marine cinese, pachistana, indiana, russa interferiscono con il fenomeno, l’area è diventata una polveriera e a terra la situazione non è differente.  Il kenia è costretto a respingere gli attacchi somali sul loro stesso territorio e si vanno dislocando truppe speciali occidentali in tutta la regione.  In Somalia alcuni governi locali sono collaborativi ma Mogadisho è nel caos e gli Al Shabab la fanno da padrona.  I soldi della pirateria finanziano Al Shabab ed Al Quaida e per questo alcuni interventi chirurgici per fermare i terroristi sono necessari, come è accaduto con l’operazione  Celestial Balance ed altre simili  autorizzate dal Presidente Obama.

 

Dottor Scaramella, lei ha un incarico diplomatico in Africa focalizzato nelle relazioni Usa-Congo, e’ accreditato dal Presidente Joseph Kabila come consigliere giuridico diplomatico ed agente consolare addetto alle questioni di sicurezza.  Questo lavoro e’ collegato con l’antipirateria? 

Come ho accennato,  la RD del Congo nasconde un grande tesoro e la minaccia  è molto forte sia dall’interno del Paese che internazionale, Il presidente Obama finanziò l’ Uganda, come primo atto del suo governo,  perchè facesse un pò di pulizia,  ed oggi Entebbe è la capitale sia delle operazioni in Congo, con il comando MONUC e con nuove truppe speciali inviate dagli USA, sia delle operazioni in Somalia che sono comandate dall’ Uganda.  Io ho solo incarichi simbolici, direi onorifici, ed il mio lavoro pro Kinshasa si svolge principalmente a San Francisco, anche se sono spesso a Entebbe per l’antipirateria: è lì che producono buona intelligence operativa.

Daniela Russo