La ‘misteriosa’ morte dei due pescatori indiani uccisi in mare la notte di mercoledì scorso continua a tenere alta l’attenzione dei media internazionali, ma soprattutto di quelli italiani. Questo perché si tratta di una vicenda che vede coinvolta la nave italiana ‘Enrica Leixe’, 11 italiani, di cui 6 militari della marina.

Le autorità indiane sono convinte che ad ucciderli siano stati i militari del Battaglione San Marco imbarcati come Nucleo di Protezione Militare, NPM, a bordo della nave italiana ‘Enrica Lexie’ per difenderla dai possibili attacchi dei pirati somali  che infestano le acque dell’Oceano Indiano e
del Corno D’Africa.

Per gli indiani i militari della marina italiana li hanno scambiati per pirati somali però, non hanno rispettato i protocolli internazionali ed li hanno uccisi.

L’India, pur non avendo ancora prodotto prove valide, trattiene la nave e chi vi è a bordo.

Per ora ci vanno cauti, ma a frenarli non è certo il tricolore che sventola sulla nave, ma solo un leggero dubbio di colpevolezza forse anche sostenuto da una punta di logica.

In poche parole sanno che stanno tirando la corda e ci vanno cauti.

Le autorità indiane accusano i militari italiani di essere stati, anche se per errore, loro gli uccisori dei due pescatori. Gli indiani però, basano la loro azione su testimonianze, quelle dei pescatori superstiti, che sono dubbie e contrastanti, come pure luoghi, ora e modalità non coincidono tra il racconto degli italiani e degli indiani, come se fossero due storie diverse avvenute in momenti e luoghi diversi.

Per ora le diplomazie lavorano senza risparmiarsi.

Fin dal primo momento l’Italia ha offerto una stretta collaborazione all’India.

Dopo che ieri il segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo ha incontrato l’ambasciatore indiano a Roma, Debabrata Saha. Si
registra oggi un colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi e il suo omolgo indiano S.M. Krishna. I due si sono parlati per cercare di avere dei chiarimenti in merito alla situazione di crisi in corso.

L’Italia ha inviato in India una missione di alti funzionari dei Ministeri degli Esteri, Difesa e Giustizia che avranno lo scopo di approfondire
tutti gli aspetti legati alla vicenda e aumentare lo ‘scudo diplomatico’  per gli 11 italiani che si trovano a Kochi.

La situazione è di stallo, ma potrebbe degenerare da un momento all’altro. Basta un non nulla per far scoppiare un vero e proprio incidente diplomatico tra Italia e India. Un fatto che se si verificasse, specie se le accuse di omicidio fatte agli italiani da parte degli indiani fossero confutate, creerebbe una situazione imbarazzante per il governo di New Delhi. In questo caso delle semplici scuse sarebbero
difficili da accettare.

L’India praticamente in nome di una ipotetica sete di giustizia, che potrebbe anche essere lecita se avesse ragione, ma è tutto ancora da dimostrare, ha praticamente ‘sequestrato’ in acque internazionali una nave battente bandiera italiana, ‘invitandola’ poi, a dirigersi verso il porto di Kochi nello stato meridionale indiano di Kerala, dove ora è ora alla fonda ‘controllata’ a vista.

Gli indiani hanno il ‘dente avvelenato’ e lo dimostrano con i toni delle loro argomentazioni che sono aspri.
In casi del genere però, i toni andrebbero ammorbiditi anche perché dopo, se dovesse  venire fuori una verità diversa da quella che primeggia, spinta dalle autorità di Kerala, il governo indiano, e con esso tutto il popolo indiano, agli occhi della comunità internazionale, che per ora si tiene al margine della crisi ed osserva, ci faranno davvero una figura incancellabile.

Gli indiani sono decisi a farla pagare a chi ha sbagliato anche come esempio per altri. Lo fanno capire anche a chiare lettere quando fanno dichiarazioni anche ad alti livelli.

A riguardo della morte  dei due pescatori indiani il ministro della marina indiana di Kerala, GK Vasant ha indicato l’episodio come un incidente spiacevole ma inaccettabile. Mentre lo ‘chief minister’ del Kerala, Oommen Chandy, si dice convinto che si tratta di un caso chiaro di
crudele assassinio e che non verrà permesso ai responsabili di andarsene.

Andarsene, i responsabili, allora gli indiani li hanno già in mano? E chi sarebbero?

Per ora in mano gli indiani hanno solo una nave italiana e 11 cittadini italiani. Persone che fino a prova contraria non hanno commesso alcun delitto in territorio indiano e quindi dovrebbero essere liberi di andarsene, ma che invece, non posso farlo perché sono ‘gentilmente’ trattenuti dalle autorità  locali indiane.

Intorno alla vicenda aleggia un forte sospetto.

Gli indiani basano le loro accuse su elementi molto fragili e dubbi.

Anzitutto ritengono che sia la  MN ‘Enrica Leixe’ la nave da cui siano partiti i colpi che hanno ucciso i due pescatori in base ad una specie di ‘furbata’.

Infatti, sembra che la guardia costiera indiana abbia ‘capito’ che la nave da bloccare fosse la nave italiana dopo che, non sapendo chi fosse,  hanno chiesto a tutte le navi che erano in zona se avessero respinto un attacco pirata. Secondo la guardia costiera, erano 4 le navi e solo la ‘Enrica
Leixe’ ha risposto in maniera affermativa. A quel punto è scattato l’intervento dei pattugliatori che l’hanno scortata fino alla costa indiana.

Un particolare importante. Che è stato reso noto dalle autorità locali di Kerala, le 4 navi erano in un raggio fra le 40 e le 60 miglia nautiche quindi acque internazionali e fuori giurisdizione indiana.

A parte questo è il modo come dicono di aver individuato la nave colpevole che è davvero ridicolo.

E’ come se ci siri trova delle caramelle in meno e si chiede a tutti i bambini presenti se hanno mangiato una caramella. Quello che l’ha rubato non lo dirà di certo, mentre quello a cui è stata data lo dirà, ma questo non vorrà dire che è statolui a prendere le caramelle o no?

Finora ogni richiesta da parte delle autorità di locali di poter interrogare ed eventualmente fermare i presunti responsabili della morte dei due pescatori è stata sempre respinta. Il Console generale italiano di Mumbai, Giampaolo Cutillo che si trova a bordo continua a ribadire che l’incidente è avvenuto in acque internazionali per cui non soggetto a giurisdizione indiana, mentre per gli indiani è accaduto in
acque territoriali.

Ferdinando Pelliccia