Si complica e si aggrava sempre di più la situazione in India per gli 11 italiani fermati dalle autorità dello stato meridionale del Kerala.

A distanza di 4 giorni restano in pochi quelli che credono che non ci sia nesso tra il tentato abbordaggio della MN ‘Enrica Lexie’ e la morte di 2 pescatori indiani.

A non crederlo sono soprattutto le autorità italiane che non hanno una posizione condivisa sulla vicenda con quelle indiane.

Anche se per ora le accuse delle autorità locali indiane devono essere tutte provate. Appare difficile credere che quella indiana sia solo testardaggine nel voler credere fino in fondo in una propria convinzione.

Le autorità del Kerala ritengono che la nave italiana e gli uomini a bordo siano coinvolti nella morte di 2 pescatori locali uccisi in mare il 15
febbraio scorso al largo della costa indiana.

Sulla vicenda ci sono tanti dubbi a cominciare dai colpi sparati, sull’orario e il luogo dell’episodio e sul tipo di imbarcazione coinvolta.

A parte le contraddizione e i molti punti oscuri nei racconti dei fatti riportati dalle due parti, italiani e indiani. Se in un primo momento si è stati portati a credere che gli episodi riportati e accaduti in mare al largo delle coste indiane possano essere stati due diversi.

Si potrebbe cominciare a credere anche che forse in questa storia qualcuno menta per nascondere un suo misfatto o coprire quello compiuto da un altro.

Un vero e proprio colpo di scena.

Dietro a tutto si potrebbero nascondere delle verità inconfessabili che se dovessero effettivamente esserci e venire poi, fuori creerebbero non pochi imbarazzi.

Un primo chiarimento dovrebbe presto giungere dai risultati dell’autopsia effettuate sui cadaveri dei due poveri pescatori. Sarebbe utile a fare chiarezza il poter sapere anzitutto se i 4 proiettili che li hanno uccisi sono usciti o meno dalle armi in dotazione ai militari del Nucleo di Protezione Militare, NPM, anti pirati che erano imbarcati sulla nave italiana.

Stamani 2 dei 6 marò italiani che compongono il team di sicurezza, il capo e il vice, si sono consegnati alla polizia locale ed ora sono in custodia giudiziaria.

I due militari attendono ora di conoscere il loro destino.

L’inchiesta avviata dalla polizia di Kerala verrà però, trasferita a quella del distretto di Kollam da dove provenivano i due pescatori uccisi.

Nei prossimi giorni dovrebbero comparire davanti al giudice del tribunale distrettuale di Kollam che potrebbe incriminarli per omicidio in base all’articolo 302 del codice penale indiano. In base alla legge indiana i due militari italiani in caso di condanna  rischiano l’ergastolo e anche la pena di morte.

La soluzione o meglio la speranza di chiudere alla meglio la vicenda è affidata alle diplomazie dei due Paesi. Quella italiana però, ha finora potuto fare poco nel cercare di scardinare le convinzioni degli indiani che si sono arroccati sulle loro posizioni. L’Italia, per sottrarre i suoi alla giustizia indiana, mette in dubbio la legittimità indiana di procedere al fermo della nave e degli uomini che vi sono a bordo in quanto l’episodio
incriminato è avvenuto su una nave battente bandiera italiana ed in acque internazionali. L’India è invece, convinta che trattandosi di un
peschereccio indiano e di due vittime indiane debba prevalere la legge della territorialità.

Forse una soluzione più rapida si potrebbe trovare a livello politico visto che tra i governi di Roma e New Delhi corrono buoni rapporti. Per il 28 febbraio prossimo è atteso in visita ufficiale nel Paese il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi.

A livello locale la morte dei due pescatori ha innescato un forte movimento di contestazione nell’opinione pubblica spinta dai media indiani che ne hanno alzato i toni.
In tutti prevale un sentimento di giustizia per quelle due morti innocenti.
Quelli che si mostrano più arrabbiati di tutti verso gli italiani sono proprio i pescatori locali, i compagni  di lavoro dei due indiani morti. Tutto questo potrebbe aver finora influenzato non di poco ogni decisione in merito da parte delle autorità locali. E’ risaputo inoltre, che l’autorità centrale di New Delhi e quella locale del Kerala non corra buon sangue. Questioni interne che potrebbero in qualche modo ostacolare la soluzione del caso almeno in tempi brevi.

Ferdinando Pelliccia