Guardie private a bordo di una nave © One Hired GunIl ricorso ai team di sicurezza armati a bordo delle navi nel mare infestato dai pirati somali si è rivelato in poco tempo il solo mezzo efficace per combattere la pirateria marittima.

Un fenomeno questo, che negli ultimi 4 anni si è rivelato la più redditizia attività criminale al largo delle coste del Corno d’Africa e Oceano Indiano.

Seppure lentamente sempre più Paesi stanno permettendo ai loro mercantili di imbarcare personale armato a bordo. A secondo  delle leggi vigenti in quei Paesi questi, possono essere militati o contractors privati. In Europa il primo Paese a ricorrervi è stato il Belgio seguito poi, da Spagna e Francia. Di recente  lo scorso ottobre anche l’Inghilterra si è accodata, mentre l’Italia si barcamena tra mille difficoltà per cercare di  seguire la loro scia.

Il decreto attuativo della Legge 130 sul contrasto alla pirateria marittima sarà emanato entro il 31 marzo 2012.

Nel frattempo negli ultimi mesi le statistiche sugli assalti pirati, in base a quelli portati a buon fine, hanno dato una certezza, ossia che nel mirino dei pirati somali ci sono soprattutto le ‘navi indifese’, le sole ad essere cadute nelle loro mani.  Infatti, tutti gli assalti pirati portati a ‘navi difese’  sono stati sventati dai team di sicurezza imbarcati su queste navi.

Purtroppo però, forse si è verificato un tragico incidente che vede coinvolto un nucleo di protezione della Marina Militare italiana, NMP, imbarcato sulla MN ‘Enrica Lexie’. Questi militari avrebbero scambiato dei pescatori indiani per pirati somali uccidendone due.

In merito è stato raccolto il commento di Carlo Biffani,  Direttore generale Security Consulting Group  e Presidente pro tempore dell’Assosecurnav.

L’esperto di sicurezza  ha commentato la notizia che giunge dall’Oceano Indiano spiegando che:  “Se il tragico incidente fosse confermato, sarebbe
necessario discutere della adeguatezza dell’impiego di personale militare in  attività che rientrano in una dinamica commerciale e della loro adattabilità a   servizi che non sono preminentemente ‘combat’ ma di prevenzione. Non bisogna   gettare la croce sui Fanti del S. Marco ma bisogna piuttosto chiedersi se   siano adatti allo svolgimento dei servizi in oggetto, e chiederselo in maniera   serrata proprio ora che numerose altre FFAA chiedono di poter partecipare alla   attività di prevenzione armata”.  “L’addestramento di un soldato come l’operatore del S.
Marco è finalizzato alla eliminazione della  minaccia. Non si può chiedere a chi per anni viene addestrato a mettere in   poligono due colpi alla figura ed uno in testa, di fare di punto in bianco il  ‘guardiano di una nave commerciale’. Il suo approccio, giustamente e  comprensibilmente,
sarà di tipo completamente diverso da quello richiesto  per la effettuazione dei servizi in oggetto. Inoltre ritengo che una risorsa  di eccellenza come quella di cui parliamo sia assolutamente sprecata per   l’utilizzo che ne viene fatto secondo i dettami della legge 130”, ha aggiunto Biffani sottolineando che: “I soldati devono fare il loro lavoro, che non è   quello del vigilante specializzato in servizi di protezione marittima.
La  Marina Militare deve vigilare sulla libera e sicura circolazione nei mari ma  non deve entrare in una dinamica di sicurezza sussidiaria come è
invece   avvenuto dopo l’approvazione della Legge 130 e del protocollo di intesa fra MM  e Confitarma. Io ho sempre messo in guardia dai rischi derivanti da un  utilizzo a mio modo di vedere forzoso, del personale militare”.

Il Direttore generale della Security Consulting Group Srl  ha voluto anche ribadire che: “La Legge così come è costruita, è   anticostituzionale, negando come fa di fatto, la libera concorrenza fra gli   attori che dovrebbero “giocare la partita”. Il diritto di prelazione per la   Marina Militare, previsto dalla Legge, contarvviene a qualsiasi norma di   carattere nazionale ed europeo e va immediatamente abolito”.

Ferdinando Pelliccia