Il capo del nucleo di protezione militare e il suo vice, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono scesi a terra.

 

E’ questa l’ultima ‘novità’ in merito alla vicenda legata all’uccisione nell’Oceano Indiano, lo scorso mercoledì, di 2 pescatori indiani. Un’uccisione di cui sono ritenuti responsabili i fucilieri del Battaglione San Marco imbarcati come Nucleo di Protezione Militare, NPM, anti pirati a bordo della nave italiana ‘Enrica Lexie’. A ritenerli responsabili sono le autorità locali indiane dello stato di Kerala che hanno aperto un’inchiesta per omicidio contro di loro.

Nave e membri dell’equipaggio sono attualmente ‘trattenuti’ nei pressi del porto di Kochi.

Nelle ultime ore, le autorità locali, hanno esercitato forti pressioni per ottenere che almeno 2 degli 11 italiani che si trovano a bordo della ‘Enrica Lexie’, 5 membri dell’equipaggio e 6 marò, scendessero a terra per essere interrogati e collaborare alle indagini.

Dopo un ‘duro’ braccio di ferro basato soprattutto su dubbi giuridici che invalidavano la ‘pretesa’ indiana, 2 dei 6 militari italiani sono stati consegnati alle autorità di Kerala. Si tratta, secondo quanto riportato dai media indiani, dei fanti Massimiliano Latorre di Taranto e Salvatore Girone. Uno è il capo del nucleo di protezione militare e l’altro è il suo vice.

I due militari  sono stati posti in custodia giudiziaria della polizia di Kochi per poi essere consegnati a quella di Kollam, e nei prossimi giorni saranno portati  davanti ad una corte indiana per rispondere di omicidio. Per ora sono trattenuti nel locale circolo ufficiali della Marina Militare indiana.

Il governo italiano ha denunciato come ‘atti unilaterali’ della polizia locale indiana quanto compiuto nei confronti dei due marò ricordando che i militari sono organi dello Stato italiano e che pertanto godono dell’immunità dalla giurisdizione rispetto agli Stati stranieri.

Con loro dalla nave italiana sono scesi anche il comandante della nave, Umberto Vitelli, il Console generale italiano di Mumbai, Giampaolo Cutillo  e l’addetto militare dell’ambasciata italiana, ammiraglio Franco Favre.

Un gesto, quello italiano, fatto all’insegna della collaborazione con le autorità indiane al fine di giungere alla verità su questa intricata vicenda che vede coinvolti, forse a torto, una nave italiana e 11 cittadini italiani, nell’uccisione per errore in mare di 2 pescatori indiani.

L’Italia sostiene che l’incidente si è verificato in acque internazionali , 32 miglia marine dalla costa indiana, e su una nave battente bandiera italiana per cui ritiene che il caso debba essere gestito dalla magistratura italiana. L’India invece, sostiene che l’incidente si è verificato in acque nazionali, a 16 miglia marine dalla costa indiana, per cui è di competenza della magistratura indiana.

Una diatriba che una delegazione di funzionari ministeriali italiani, esteri, difesa e giustizia, giunta a New Delhi sta cercando di risolvere insieme a funzionari indiani.

Per ora sembra che non siano ancora riusciti a raggiungere alcun accordo sulla questione e su come risolverla con le autorità  indiane.

Il team interministeriale italiano ha chiesto di poter fare degli accertamenti, insieme alle autorità indiane, sui cadaveri dei due pescatori e sui proiettili che li hanno colpiti e quelli ritrovati conficcati sullo scafo del peschereccio.

Le autorità indiane per il momento non hanno ancora mostrato i corpidei due pescatori uccisi, così come pure non hanno dato ancora modo di poter far eseguire l’autopsia.

La polizia del Kerala ha rivelato sulla chiglia del peschereccio i fori di entrata di almeno 16 proiettile. In tutto per gli indiani la barca da pesca sarebbe stata investita da almeno 60 proiettili.  Gli italiani invece, sostengono di aver sparato solo 20 colpi, in raffiche di avvertimento, e nessuna delle quali ha centrato l’imbarcazione indiana.

L’ obiettivo comune di tutti è quello di stabilire la verità dei fatti oltre ogni ragionevole dubbio. Dubbi che per ora sono tanti e tutti a sfavore degli indiani che però si ostinano a portare avanti le loro accuse di omicidio nei confronti degli italiani. Accuse che sono tutte da provare.

Nei due racconti fatti dagli italiani e indiani si sono riscontrate numerose incongruenze della versione dei fatti. Inoltre, non vi è giurisdizione dell’India sulla vicenda in quanto l’episodio è avvenuto in acque internazionali.

Ferdinando Pelliccia