Continua a tenere alta la tensione tra Italia e India la vicenda dei due militari della Marina italiana, fucilieri del Reggimento San Marco, trattenuti dalla polizia dello stato federale del Kerala nell’India meridionale.

Per le autorità locali indiane i due hanno causato, il 15 febbraio scorso, la morte di due pescatori indiani. Secondo gli indiani i due pescatori sarebbero stati uccisi in mare perché scambiati per pirati somali.

Finora però, a sostegno di questa tesi non è stata presentata dall’India alcuna prova.

Dopo che nei primi giorni la diplomazia italiana ha cercato di appianare ‘amichevolmente’ la controversia, ormai dopo che sono trascorsi dieci giorni è chiaro che non c’è più spazio di manovra per la diplomazia e che la soluzione della vicenda può solo venire dalla verità che deve essere stabilita con prove inconfutabili.

India e Italia pur avendo concordano che l’incidente è avvenuto in acque internazionali reclamano entrambi la giurisdizione sulla vicenda.

Un primo chiarimento in merito lo ha fatto l’Alta corte indiana che il 23 febbraio scorso ha accolto il ricorso italiano di annullare le accuse mosse dalle autorità indiane contro i due marò. Un ricorso con cui l’Italia contestava anche la giurisdizione indiana sul tratto di mare in cui è avvenuto l’incidente.  La proroga dello stato di fermo dei 2 marò italiani sospettati di omicidio, concessa dal giudice  fino al primo marzo prossimo, gli ha evitato il carcere.

Intanto, sono state intentate le cause di indennizzo da parte dei  familiari dei due pescatori uccisi contro l’Italia.

Una vicenda questa, che purtroppo si è andata anche ad intrecciare con la politica interna indiana diventando anche uno strumento di propaganda elettorale sfruttata ai fini propagandistici da parte di alcuni leader politici locali in cerca di ‘riscatto’ dopo l’ultima sconfitta elettorale subita.

Nel Paese asiatico infatti, sono ormai prossime le elezioni amministrative e politiche.

L’atteggiamento delle autorità locali del Kerala hanno messo quelle centrali di New Dehli di fronte al fatto compiuto e alla fine queste ultime non hanno potuto fare altro che assecondare l’atteggiamento nei confronti degli italiani tenuto dai primi.
Una posizione che è stata fortemente e visibilmente condivisa dalla opinione pubblica e dai media indiani. In gioco tante cose, anzitutto la leadership nello stato conquistata dal National Congress’ appena un anno fa strappandolo al ‘partito comunista marxista indiano’.

Stamani alle 11 30 locali, si è tenuta la perquisizione a bordo della MN Enrica Lexie e il sequestro delle armi del Nucleo Militare di Protezione, NMP, imbarcato a bordo della nave per difenderla dai pirati come stabilisce una legge italiana, la 130 del 2011.

Per consentire la perquisizione e l’acquisizione delle armi la MN Enrica Lexie è stata trasferita di nuovo nel terminal petrolifero del porto di Kochi da dove era stata fatta spostare nei giorni scorsi per permettere le normali operazioni marittime del porto.

La perquisizione si è svolta con il reperire a bordo della nave italiana il materiale bellico sigillarlo in un contenitore e portarlo dal giudice competente perchè disponga la perizia.

Una perizia che è ora in corso e serve per stabilire quali armi hanno sparato e se sono quelle dai cui sono partiti i colpi che hanno ucciso i due pescatori indiani.

In virtù di questo la perizia balistica è considerata uno dei punti chiave di tutta la vicenda per arrivare ad una verità.

Era stato martedì scorso il tribunale di Kollam a concedere il mandato alla polizia locale allo scopo di recuperare le armi usate dai due marò italiani, il maresciallo Massimiliano Latorre e il capo Salvatore Girone, al momento del presunto attacco pirata. La corte ha anche ammesso la presenza, durante la perquisizione e la prova balistica sulle armi, di un rappresentante del governo italiano. Una scelta dettata dalla ovvia volontà di voler dissipare ogni ombra di dubbio sull’assoluta trasparenza delle indagini in corso da parte delle autorità di polizia indiane. Per le indagini la polizia locale di  Kochi, dove si trovano la nave con le persone che vi sono a bordo e dove si trovano i due marò in stato di fermo, ha predisposto un apposito team investigativo guidato dal commissario, Ajit Kumar.

In virtù di quanto stabilito dal  magistrato indiano a bordo con la polizia locale sono saliti anche due ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, i maggiori del Raggruppamento per le Investigazioni Scientifiche, RIS, Paolo Fratini e Luca Flebus che stanno supervisionato ogni momento dell’operazione.

L’autopsia sui corpi dei due pescatori è stata già effettuata presso il medical college Hospital di Trivandrum e dai loro corpi sono stati estratti i due proiettili che ne hanno provocato la morte. Dal confronto di questi con quelli recuperati sulla Enrica Lexie verrà determinato se sono gli stessi o meno.

Da ieri Massimiliano La Torre e Salvatore Girone sono stati iscritti sul registro degli indagati per omicidio volontario dalla procura di Roma in relazione alla morte di 2 pescatori indiani.

L’iscrizione è stata decisa dal procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo insieme ai titolari dell’inchiesta, i pm Francesco Scavo ed Elisabetta Ceniccola.

Si tratta di un atto dovuto legato a quanto contenuto nell’informativa che la Farnesina ha messo a disposizione della magistratura italiana. In un primo momento il fascicolo che era stato aperto dalla procura era per l’ipotesi di reato di tentato abbordaggio da parte di pirati.

Ferdinando Pelliccia