Come premesso nell’articolo “Africa. Pirateria: il punto della situazione. Scenari da brivido”  http://www.liberoreporter.it/?p=18875 , comparso  il 18/2/12,  ci siamo riservati di pubblicare la seconda parte dell’intervista a due esperti dell’ Analysis Group,  per approfondire il fenomeno della pirateria nel Golfo di Aden e del terrorismo in Somalia .  Con Mario Scaramella, esperto di intelligence e noto alla cronache sopratutto per le vicende connesse al controspionaggio, lavora Shawn Winter, che dopo una carriera “leggendaria” nella marina militare degli Stati Uniti si è congedato per assumere la Direzione Antiterrorismo per l’Europa e L’Africa  presso il Military Sealift Command della US Navy a Napoli, una posizione da esperto civile al servizio del Dipartimento della Difesa,  e poi,  successivamente incaricato come  portavoce per l’ Analysis Group.  E proprio a Shawn Winter che non aveva mai accettato prima d’ora di rilasciare interviste a causa della necessaria riservatezza richiesta dal  proprio ruolo, rivolgiamo alcune domande che completano  e approfondiscono la conoscenza di ciò che accade nelle terre e nel mare dei pirati

Quali sono le problematiche che si possono costituire avendo un team di sicurezza a bordo di una nave mercantile?

Nell’ottobre 2011, ho partecipato alla conferenza Shipping and the Law che si è tenuta a Napoli.  La maggior parte dei legali italiani e dei funzionari pubblici manifestavano la loro preoccupazione verso il verificarsi di possibili  eventi in cui  le guardie private avessero sparato ai pirati o alla malaugurata ipotesi che vi fossero coinvolti degli innocenti. La loro opinione era che i Militari Italiani si sarebbero comportati diversamente e un punto fondamentale di discussione era basato sulla catena di comando.

Imbarcare personale militare di sicurezza non è una cosa nuova, pescherecci portoghesi e francesi nell’oceano Indiano lo hanno fatto per anni.  Il Military Sealift Command Americano (MSC – da non confondere con la Mediterranean Shipping Company) ha imbarcato personale di sicurezza della Marina di Paesi diversi che mutavano secondo l’area in cui si svolgevano le operazioni. Nel caso delle navi MSC, la catena di comando della squadra di sicurezza non includeva il comandante della nave ma seguiva delle proprie “regole di ingaggio” consultandosi ed informando il comandante. In almeno un caso l’evento è culminato in una escalation di forza senza, però, aver consultato il comandante.

Può dirci qualche cosa in riferimento al caso della  M/V Enrica Lexie?

Dopo aver definito la catena di commando, l’argomento successivo sono le Regole di Ingaggio ed i passi dell’escalation di forza. I dettagli dell’incidente non sono ancora conosciuti, ma raramente si trova un caso in cui si arriva subito all’uso di forza letale. Un escalation inizia sempre con un uso minimo della  forza che va incrementata sempre di più  fino a che la minaccia è eliminata.  Dire “eliminata” suona male ma in realtà, operativamente,  significa che la nave sospetta si allontana o riesca a dimostrare in qualche modo di non essere una minaccia. La mera presenza della squadra di sicurezza a bordo può dissuadere rapinatori o pirati. Se così non fosse il passo successivo può essere quello di segnalare che sono stati osservati, fari, laser accecanti o anche l’attivazione degli idranti lungo le fiancate può sortire un effetto. Misure non letali possono essere usate, ci sono vari sistemi, ma molti preferiscono il  “Long Range Acoustical Device “ (LRAD). L’efficacia del LRAD non sta tanto nell’essere non letale quanto nella sua versatilità,  offre una maggiore facilità nel distinguere l’attentatore dal pescatore ad esempio,  e ha il vantaggio di lasciare ogni azione compiuta sul registratore di bordo (VDR).

Nel caso in cui la squadra di sicurezza debba prendere contromisure letali, sarà bene provare che una graduale escalation di forza è stata usata. Una accurata indagine dell’incidente dovrebbe includere un controllo dei dati del VDR per dimostrare le azioni intraprese.

Se da un lato imbarcare un team militare di sicurezza è certamente un vantaggio nel transito della zona ad alto rischio, in talune circostanze diventa anche uno svantaggio. Parte del problema con i militari di protezione a bordo,  è rappresentata dalla catena di comando e le regole di ingaggio.  Le guardie private sono ingaggiate unicamente per proteggere i beni del committente, senza dover avere a che fare con dei superiori o scopi politici/strategici. Molte società che offrono servizi di sicurezza marittima si sono associate ad organismi quali SAMI o IAMSO che forniscono linee guida e controllo sulla formazione. E’ decisamente consigliato a chiunque assoldi una società di sicurezza,  di fare delle attente verifiche su queste società e sulle loro regole. Nessuno vorrebbe scoprire, mentre i pirati stanno scavalcando il bordo della nave, che le guardie ingaggiate non hanno le capacità, l’esperienza e l’addestramento che si presumeva avessero.

Ha Lei o i suoi partner di Analysis Group aiutato nell’addestramento Forze Speciali Italiane?

Si, abbiamo fatto addestramento qui nelle basi Militari Italiane. Il nostro Vice Presidente del settore “Addestramento” lo ha fatto nel 2005, 2006 e 2007. Ha scritto 2 manuali tattici per l’Aeronautica Italiana ed ha condotto corsi di  addestramenti speciali per i membri scelti dell’appena formato 16’ Stormo – Fucilieri dell’ Aria,  Forze di Protezione, Aviazione Italiana, per quanto riguarda le specialità di  Urban Combat Survival (Sopravvivenza nel Combattimento Urbano), Close Quarter Combat (Combattimento ravvicinato), Tactical Close Protection (Protezione Tattica Ravvicinata) e Special Response Team Inception (Avvio del team di Reazione Speciale).

Preferisce personale militare oppure contractors a bordo delle navi?

I pirati non hanno gli stessi problemi di dover rispondere ai funzionari di governo.  I problemi finanziari di tutti gli stati oggi, e l’esercito è parte dello stato, sono di restringere le forze armate in termini di personale ed attrezzature.  Le basi Americane in USA ed Europee sono state lentamente smantellate e chiuse. La pressione politica di oggi è di ridurre il debito pubblico, come possiamo vedere in Italia, in altri Paesi Europei, negli USA e altrove. La Marina Italiana ha circa 70 navi, la Gran Bretagna ha 76 navi con 170 aerei, gli USA hanno 286  navi e più di 3700 aerei, contro le 600 navi degli anni ’80.  Tutte le navi in mare hanno il diritto e la responsabilità di proteggere se stesse, il carico e l’equipaggio,  con o senza l’assistenza delle marine militari. E’ compito degli armatori assumersi più responsabilità, di addestrare equipaggi ed assumere personale di sicurezza qualificato. Al momento ci sono società di sicurezza eccellenti, medie e decisamente dubbie e gli armatori, a volte,  cercando il prezzo più basso si affidano a chi combatte l’illegalità con l’illegalità.

Le flotte militari  sono preparate per intervenire a bordo delle navi catturate per liberare gli ostaggi?

Si, ed è già successo parecchie volte.

 

I pirati hanno la loro intelligence nella regione?

Si, operano sul loro territorio ed hanno una vasta rete di intelligence in tutta l’Africa e la Penisola Araba.  

Sono collegati a terroristi e spie nella regione?

Si

Perchè I Paesi Occidentali stanno aumentando le truppe nell’Africa Orientale?

Oggi c’è un consorzio di molte multinazionali che investono miliardi di dollari, sterline, euro,  in tutta l’Africa,. Gli ex Stati coloniali, nel bene e nel male,  hanno una storia ed interessi comuni in tutta l’Africa ed hanno ancora accordi comuni sui programmi militari. Alcuni anni fa il governo francese mandò truppe nella propria ex colonia, in Costa D’Avorio. Adesso la NATO ha terminato le operazioni in Libia, ed ha assistito l’Unione Africana in Sudan durante la crisi del Darfur e la NATO coopera e discute le proprie attività con numerosi Stati non appartenenti alla NATO .Il Dialogo Mediterraneo fu stabilito nel 1994 per coordinare nello stesso modo Israele ed i Paesi nordafricani.  Ci sono grandi interessi politici ed economici tra i vari Stati menzionati nel continente africano.

La Repubblica di  Djibouti nel 2001, ha concesso la vecchia base militare francese agli Stati Uniti per le operazioni collegate alla Combined Joint Task Force Horn of Africa, e questa base ospita molte truppe di Paesi non NATO d’istanza lì. La scelta del luogo è di importanza strategica, basti pensare ala storia recente quando la  Somalia era una colonia Italiana, fino al ’60 per l’esattezza,  e di cui la  Gran Bretagna aveva assunto l’amministrazione fino al ’50.  L’Africa rappresentava un  territorio strategico per le stesse ragioni di oggi.