Mentre, ad un giudice è bastata un’ora per decidere che i due marò dovevano essere trasferiti in carcere a Trivandrum sembra che per un altro sia più difficile stabilire di chi sia la giurisdizione del caso.

Il giudice dell’Alta Corte dello stato del  Kerala stamani ha infatti, ancora una volta rinviato ogni decisione in merito al 15 marzo prossimo.

Si tratta del terzo rinvio dopo l’ultimo di martedì scorso.

Quello di stamani era un altro attesissimo appuntamento in un’aula di un tribunale in India.

La decisione che deve prendere l’Alta Corte dello stato del  Kerala è importante per il destino dei due specialisti del Reggimento San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Si tratta di un’udienza in cui doveva riprende il dibattito a riguardo di quale Paese, tra Italia e India, sia la giurisdizione della vicenda che vede coinvolti i due marò italiani.

Entrambi sono accusati di aver provocato la morte di due pescatori indiani, uccisi in mare lo scorso 15 febbraio perché scambiati per pirati.

I due marò ora sono in carcere a Trivandrum nello stato federale del Kerala.

Per l’Italia l’incidente è avvenuto in acque internazionali per cui le spetta la giurisdizione del contrario è convita l’India.

Far valere questa ragione è importante per il destino dei due specialisti della Marina Militare.

I due marò sono nelle mani delle autorità locali indiane dallo scorso 19 febbraio quando si sono consegnati a loro volontariamente. Essi facevano parte di un team di sicurezza a bordo della MN Enrica Lexie battente bandiera italiana.

I due militari italiani sono assistiti da un team di legali indiani e italiani. In india sono infatti, giunti anche due legali dell’avvocatura dello Stato.

Questo ulteriore rinvio va registrato come un segnale incoraggiante per la diplomazia italiana che, fin dai primi momenti in cui è scoppiata il caso, sta lavorando per riportare tutti a casa e san e salvi.

Purtroppo anche se in tutto il mondo, e quindi anche in India, nessuno è colpevole fino a quando non sia stata emessa una sentenza in questo momento, nel Paese asiatico, della colpevolezza dei due militari italiani sembra ne siano convinti in tanti.

Purtroppo la vicenda si è anche andata ad intrecciare con la politica interna indiana diventando anche uno strumento di propaganda elettorale.

Nel Kerala è ormai prossimo un importante appuntamento elettorale da cui dipende la sopravvivenza dell’esecutivo locale guidato da Oommen Chandy del Partito del Congresso.

Tra meno di una decina di giorni, il 17 e il 18 marzo prossimi, nel stato federale vi saranno le elezioni suppletive per coprire il seggio vacante per la morte di un deputato di maggioranza. Perdere quel seggio per Chandy sarebbe un disastro in quanto il suo esecutivo può contare solo su una manciata di deputati in più rispetto all’opposizione.

I deputati del Partito del Congresso sono appena 71 contro i 68 dell’opposizione.

Chandy sta dando fondo a tutte le sue capacità politiche per gestire alla meglio la situazione.

Il governatore dello stato è sotto pressione. Da un lato ci sono le autorità centrali indiani, che appartengono al suo stesso partito, che sono state messe davanti al fatto compiuto, ma che ora insieme a quelle italiane vorrebbero trovare una soluzione alla vicenda.

Dall’altro lato vi sono i partiti dell’opposizione che vorrebbero strappare quel seggio al Partito del Congresso per rivalsa politica e per rendere anche l’esecutivo più debole. Per farlo stanno facendo a loro volta pressione sull’elettorato del Kerala che è composto per lo più da lavoratori del mare e quindi gente sensibile alla problematica trattata.

Infatti, l’opinione pubblica locale accusa il governatore di favorire gli italiani e di non tutelare gli interessi dei pescatori.

L’India ha ottime relazioni con l’Italia e non sarà la crisi in atto a pregiudicare i buoni rapporti esistenti tra i due Paesi per cui da parte di tutte le parti coinvolte si confida nel fatto che verrà fatto di tutto per far emergere la verità e fare giustizia.

La conferma giunge anche da una dichiarazione rilasciata oggi dal ministro degli Esteri indiano, SM Krishna: “E’ una questione di legge del territorio e speriamo che i tribunali troveranno una soluzione a questo problema”. Una dichiarazione in piena sintonia con quella rilasciata dal
governatore del Kerala:  “La vicenda dei due marò è un incidente molto sfortunato che non deve però danneggiare le relazioni fra Italia e India”. Un segnale di chiara intesa con le autorità centrali che purtroppo è fortemente condizionata dalla campagna elettorale in corso nello stato federale indiano.

I due pescatori sono morti in circostanze del tutto da chiarire.

Essi erano a bordo di un peschereccio indiano, il ‘St. Anthony’ quando questo è stato fatto oggetto del fuoco di armi automatiche da bordo di una nave mercantile al largo delle coste indiane del Kerala che poi, si è allontanata.

Per ora le versioni date da chi era a bordo della nave italiana e da chi era a bordo del peschereccio indiano sono discordanti.

Differiscono soprattutto orari e il luogo in cui sarebbe avvenuto l’incidente. Una differenza soprattutto territoriale, per italiani si è verificato in acque internazionali per gli indiani in acque territoriali.

Ad avvallare la versione indiana la Guardia Costiera locale che con l’inganno avrebbe anche fatto rientrare in acque territoriali indiane la nave italiana e poi costretta a restare alla fonda nel porto di Kochi da cui era partita poche ore prima.

Pur non avendo la certezza matematica che la nave da cui hanno fatto fuoco sul peschereccio sia l’Enrica Lexie, le autorità locali del Kerala, stato da cui i due pescatori provenivano, sostengono che i due indiani sono stati uccisi dai colpi esplosi dai militari del Nucleo Militare di Protezione, NMP, del quale i due marò, ora in carcere, insieme ad altri 4 commilitoni, facevano parte. Il team di sicurezza era imbarcato a bordo della nave battente bandiera italiana, per difenderla dai pirati somali come stabilisce una legge italiana, la 130 del 2011.

Secondo gli indiani i due pescatori sarebbero stati scambiati per predoni del mare e per questo uccisi.

La diplomazia italiana è fortemente impegnata a sostenere l’estraneità dei marò dai fatti che hanno condotto alla morte dei due pescatori indiani o per lo meno a definire la giurisdizione sulla vicenda.

Ferdinando Pelliccia