Ci siamo!

La sensazione è che lentamente si stanno delineando i contorni di quello che potrebbe accadere in India a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

I due sono militari della Marina italiana e sono accusati di aver causato la morte di 2 pescatori indiani uccisi in mare il 15 febbraio scorso.

Nello stato federale del Kerala, dove i 2 marò del Reggimento San Marco si trovano in fermo giudiziario preventivo dal 19 febbraio scorso dopo essersi volontariamente consegnati alla polizia locale, opinione pubblica e media sembrano convinti della loro colpevolezza.

Incidenti come quello in cui sono coinvolti i due marò sono accaduti anche altre volte, senza però, mai un colpevole, ed ora, nel Paese asiatico credendo di averne trovato uno, si chiede che venga fatta giustizia e che si faccia capire a tutti che questo deve finire una volta e per sempre.
Magari dando l’esempio per far capire che l’India chiede il rispetto delle regole a tutti.

I due pescatori sono morti in circostanze del tutto da chiarire.

Essi erano a bordo di un peschereccio indiano, il ‘St. Anthony’ quando questo è stato fatto oggetto del fuoco di armi automatiche da bordo di una nave mercantile al largo delle coste indiane che poi si è allontanata.

Pur non avendo la certezza matematica che la nave da cui hanno fatto fuoco sul peschereccio sia l’Enrica Lexie, almeno finora, le autorità locali del Kerala, stato da cui i due pescatori provenivano, sostengono che i due indiani sono stati uccisi dai colpi esplosi dal Nucleo Militare di Protezione, NMP, del quale i due marò insieme ad altri 4 commilitoni facevano parte. Il team di sicurezza era imbarcato a bordo della nave battente bandiera italiana, per difenderla dai pirati somali come stabilisce una legge italiana, la 130 del 2011.

Secondo gli indiani i due pescatori sarebbero stati scambiati per predoni del mare e per questo uccisi.

Però, le versioni date da chi era a bordo della nave italiana e da chi era a bordo del peschereccio indiano sono discordanti.

Differiscono soprattutto orari in cui sarebbe avvenuto incidente e luoghi.

La diplomazia italiana è fortemente impegnata a sostenere l’estraneità dei marò dai fatti che hanno condotto alla morte dei due pescatori indiani o per lo meno a definire la giurisdizione sulla vicenda.

Per questo motivo è in corso una ‘battaglia’ legale su più fronti.

I due militari italiani se giudicati in India rischiano grosso.

Se riconosciuti colpevoli l’omicidio, secondo il codice penale indiano, è punito con l’ergastolo e anche con la pena di morte.

Se processati in Italia in caso di colpevolezza rischiano una detenzione fino a 21 anni.

La magistratura italiana ha  già avviato un’inchiesta per omicidio a carico di Latorre e Girone.

Tra l’una e l’altra possibilità corre un sottilissimo filo.

Anzitutto è importante stabilire se a uccidere sono state le armi in dotazione agli specialisti della Marina Militare italiana e poi, se l’episodio sia avvenuto in acque territoriali o internazionali.

Comunque sia l’Italia ricorda che i due militari erano in servizio attivo per proteggere una nave italiana dagli attacchi di pirateria nell’Oceano Indiano in base a una convenzione delle Nazioni Unite e che quindi godono di immunità garantita dal diritto internazionale e in virtù di questo possono essere processati solo da un tribunale militare in Italia.

Ogni azione o affermazione da parte dell’Italia è improntata alla prudenza. Ogni incomprensione potrebbe comportare rischi per i due militari italiani che si trovano in mano alle autorità locali indiane.

Dal 22 febbraio scorso in India si è recato anche il numero due della diplomazia italiana, il sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura per dare sostegno alle ragioni formulate dall’Italia.

La percezione generale è che la partita si giocherà domani pomeriggio intorno a quello che accadrà nell’aula del tribunale di Kollam, luogo di origine delle due vittime e quindi competente per giurisdizione.

Domani il giudice dovrà prendere una decisione definitiva sulla vicenda e pronunciarsi in merito con la scarcerazione dei due sottoufficiali di Marina, poco probabile, o con il loro trasferimento al carcere della capitale Trivandrum.

Il giorno dopo, martedì, altro appuntamento in un’aula di un tribunale, quello dell’Alta Corte del Kerala dove riprende il dibattito in corso a riguardo sulla giurisdizione della vicenda e quindi se l’episodio sia avvenuto in acque internazionali o meno.

Come spiegato far valere queste ragioni è importante.

Intanto prosegue la perizia balistica sulle armi e munizioni sequestrate a bordo dell’Enrica Lexie.

Si tratta di sei fucili d’assalto modello Beretta ar 70/90, due mitragliatrici leggere ‘FN MINIMI’ prodotte su licenza dalla Berretta, e relativo munizionamento, proiettili di calibro 5.56×45 mm Nato.

L’esame è iniziato oggi e si svolge presso il ‘Forensic Science Laboratory’, FSL, l’Istituto della polizia scientifica di Trivandrum. Test che si prevedono dovrebbe durare tre giorni e quindi terminare dopodomani, martedì.

L’esame è considerato decisivo in quanto potrebbe scagionare i due militari italiani.

Per garantire la massima trasparenza Il tutto sta avvenendo alla presenza anche di due supervisori giunti dall’Italia. Si tratta di due ufficiali dei carabinieri del ‘Raggruppamento per le Investigazioni Scientifiche, Ris.

Dall’autopsia effettuata presso il ‘Medical College Hospital’ di Trivandrum dai corpi dei due pescatori sono stati estratti 2 proiettili. Dal confronto di questi con quelli recuperati sulla Enrica Lexie verrà determinato se sono gli stessi o meno.

Purtroppo la vicenda si è andata anche ad intrecciare con la politica interna indiana diventando anche uno strumento di propaganda elettorale.

Nel Paese asiatico infatti, sono ormai prossime le elezioni amministrative e politiche.

Ferdinando Pelliccia