manifesto_salviamo_i_nostri_maròIl giudice di Kollam nello stato federale indiano del Kerala stamani doveva decidere del destino di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Scadendo il termine del fermo giudiziario preventivo, il trasferimento in carcere era l’opzione possibile e così è stato. Al giudice è bastata un’ora per decidere che i due sottoufficiali dovevano essere trasferiti in custodia giudiziaria nel carcere di Trivandrum.

Il magistrato ha però, disposto che i 2 ricevano in carcere un trattamento differenziata, riconoscendo il loro status speciale di militari in servizio anti pirateria, lasciando alla polizia indiana e alla direzione generale delle prigioni la libertà di disporre in seguito una diversa forma di custodia. Una decisione adottata anche in virtù di una esplicita richiesta scritta presentata stamani al giudice dal governo italiano. Nel documento è richiesto anche che ai 2 militari sia servito cibo conforme alla loro dieta, che sarà procurato e pagato dalle autorità consolari italiane.

I due sottoufficiali sono accusati dalle autorità del Kerala di aver causato la morte di due pescatori indiani uccisi il 15 febbraio scorso al largo delle coste meridionali indiane. Se giudicati e condannati per duplice omicidio in India rischiano l’ergastolo o la pena di morte. Si tratta di parte di un Nucleo Militare di Protezione, NMP, composto da 6 marò del battaglione San Marco imbarcati a bordo di una nave battente bandiera italiana, la MN Enrica Lexie per difenderla dagli attacchi dei pirati somali in base ad una legge italiana, la 130 del 2011. I due specialisti della Marina Militare italiana erano coscienti di quello che li aspettava stamani. Oggi scadevano le due settimane di fermo giudiziario preventivo che la legge indiana permette per lo svolgimento di indagini.

Da oggi inizia una nuova conta quella dei primi 14 giorni della custodia giudiziaria in carcere come prevede la legge indiana. Dopo potranno esserci ancora dei rinnovi, come è accaduto per il fermo preventivo. Passati però, il periodo massimo consentito di tre mesi, ai due marò sarà data la possibilità chiedere la libertà provvisoria su cauzione. Continua dunque la ‘battaglia’ legale contro le varie iniziative giudiziarie intentate in India contro i due marò.

Anche se in tutto il mondo nessuno è colpevole fino a quando non vi è una sentenza definitiva, in questo momento in India della loro colpevolezza sembra ne siano convinti in tanti. Purtroppo la vicenda si è andata ad intrecciare con la politica interna indiana diventando anche uno strumento di propaganda elettorale.

Nel Paese asiatico infatti, sono ormai prossime le elezioni amministrative e politiche.

Il ‘Left Democratic Front’, partito all’opposizione nello stato, ha accusato il governatore dello Stato indiano del Kerala, Oommen Chandy, del partito del Congresso di Sonia Ghandi, di non saper garantire l’incolumità dei pescatori e ha denunciato il trattamento riservato di favore riservato finora ai due militari italiani. Chandy è al governo dello stato da appena un anno dopo averlo stappato all’opposizione, che lo riteneva una sua roccaforte. Il suo esecutivo però, può contare su una manciata di deputati in più rispetto all’opposizione. I deputati del partito del Congresso sono appena 71 contro i 68 dell’opposizione. Per cui l’ormai prossimo appuntamento elettorale, tra meno di una decina di giorni, quello del 14 marzo, in cui nel Kerala vi saranno le elezioni suppletive per coprire il seggio vacante per la morte di un deputato di maggioranza si rivela di vitale importanza per  Chandy e la sua già risicata maggioranza. Un appuntamento elettorale che si è andato ad intrecciare con la vicenda dei due marò italiani con tutte le relative conseguenze. La campagna elettorale si svolge infatti, anche sfruttando quanto accaduto in mare il 15 febbraio scorso. Il governatore dello stato indiano è costretto a ribattere ad ogni accusa dei nemici politici fino ad arrivare ad affermare che: “L’India non
mostrerà alcuna indulgenza contro i marò italiani, la priorità del governo è garantire giustizia alle famiglie delle vittime”.

Contro i due marò si è purtroppo schierata anche l’opinione pubblica indiana, mentre la stampa locale ha dato vita ad una vera e propria campagna contro indicando addirittura i due militari italiani come ‘banditi del mare’ un termine che spetta di più, per merito, a coloro che erano chiamati a contrastare,  ossia i pirati somali.

Per ora l’Italia deve solo assecondare. Ogni azione o affermazione da parte del governo italiano è improntata alla prudenza. Ogni incomprensione potrebbe comportare rischi per i due militari italiani che si trovano praticamente in mano alle autorità locali indiane libere di farne ciò che vogliono. Inutile appellarsi al rispetto dei principi sanciti dall’ordinamento giuridico internazionale, che riconosce la sovranità giurisdizionale su navi che battono bandiera nazionale. Gli indiani giocano in casa e si fanno forte di questo. Il governo italiano continua il suo paziente lavoro diplomatico. In India si trova un team interministeriale e il numero due della Farnesina, il sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura che oggi ha fatto rientro a New Delhi dopo essere stato in questi giorni a Kochi e Kollam per incontrare le autorità centrali indiane che in tutta questa storia sono state messe di fronte al fatto compiuto da quelle locali del kerala.

Domani martedì, altro appuntamento in un’aula di un tribunale, quello dell’Alta Corte del Kerala dove riprende il dibattito in corso a riguardo sulla giurisdizione della vicenda e quindi se l’episodio sia avvenuto in acque internazionali o meno. Far valere queste ragioni è importante per il destino dei due militari italiani.

Ferdinando Pelliccia