manifestosalviamoinostrimaròDalle pagine web del suo sito la tv locale indiana ‘Zeenews’, http://zeenews.india.com/,  rivela che il giudice Gopinath, dell’Alta Corte del Kerala, ha dichiarato che: “L’uccisione di due pescatori da parte delle guardie italiane a bordo di una nave mercantile è un atto terroristico perchè hanno sparato a uomini disarmati”.

Si tratta del magistrato indiano che sta esaminando la petizione presentata dall’armatore della Enrica Lexie, la società di navigazione F.lli D’Amato di Napoli, in cui si chiede il rilascio della petroliera italiana.

A bordo della nave vi erano imbarcati i due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a sua difesa da assalti pirati. La nave è ora ferma nel porto di Kochi guardata a vista.

La stessa notizia è stata ripresa anche dal quotidiano  indiano ‘The Hindu’  che la riporta come osservazione fatta dal giudice ad un’obiezione presentata  dall’avvocato dell’Armatore della nave italiana. Secondo quanto riporta il tabloid indiano la Corte ha fatto le sue osservazioni quando il legale ha sostenuto che le azioni dei marò non potevano essere definite terrorismo come specificato in leggi e trattati internazionali.

Ieri, in merito al rilascio nave, si è tenuta una nuova udienza nel corso della quale il giudice non ha deciso nulla e ancora una volta l’ha aggiornata. Stavolta il rinvio è a martedì prossimo.

La compagnia di navigazione partenopea ha fatto sapere che ogni giorno di stop della nave gli costa  530mila euro. Una cifra di cui in seguito potrebbe chiedere il rimborso al governo italiano se venisse stabilito che i due marò, funzionari dello stato, sono responsabili di quanto accaduto.

La Flli D’Amato si vede coinvolta in un altro drammatico episodio legato alla pirateria marittima.

La petroliera italiana Savina Caylyn, catturata e trattenuta dai pirati somali per oltre 11 mesi, faceva parte della stessa società.

La partenza della petroliera italiana sembra non dipendere più dal locale dipartimento della Marina che ha dato il suo via libera, ma dalla polizia locale, che non ritiene ancora chiuse le indagini sull’uccisione dei due pescatori, e di altri organi locali competenti.
In poche parole la partenza è subordinata alla necessità di avere a disposizione l’equipaggio nell’eventualità che debba rispondere ad nuovo
interrogatorio nel caso che si rendessero necessari ulteriori accertamenti.

Un impedimento viene anche dalla richiesta di risarcimento presentata dai familiari delle due vittime.

Nella richiesta di rilascio definitivo della Enrica Lexie il legale dell’armatore ha assicurato che la compagnia armatrice è pronta a dare assicurazioni che il capitano e gli altri membri dell’equipaggio, 5 marittimi italiani e 18 indiani, saranno presentati davanti ai tribunali indiani se la loro presenza fosse richiesta in relazione a qualunque processo in futuro”.

Nel frattempo restano in carcere i due sottoufficiali di marina, Latorre e Girone, che sono accusati dalle autorità locali indiane di aver causato la morte dei due pescatori,  uccisi il 15 febbraio scorso al largo delle coste meridionali indiane perché scambiati per pirati.

Al momento dell’incidente i due marò si trovavano a bordo di una nave battente bandiera italiana, la MN Enrica Lexie, come Nucleo Militare di Protezione, NMP, composto da 6 marò del Reggimento San Marco per difenderla dagli attacchi dei pirati somali in base ad una legge italiana, la 130 del 2011.

I due militari italiani sono assistiti da un team di legali indiani e italiani.

Quella della morte dei due marinai indiani è un’inquietante vicenda.

Ancora non è chiaro come possano essere stati scambiati per pirati somali ed essere stati anche uccisi.

Latorre e Girone non sono degli sprovveduti. Essi sono due specialisti della Marina Militare italiana e come tali soggetti a speciali addestramenti. Anche per far parte degli NMP ne hanno seguito uno ad hoc. Per cui sono tanti i dubbi che sorgono sul loro reale coinvolgimento nell’episodio accaduto in mare e che ha condotto alla morte di due lavoratori del mare imbarcati sul peschereccio St. Anthony.

In loro discolpa i due marò hanno riferito di non aver aperto il fuoco indirizzandolo direttamente sull’imbarcazione, ma di aver seguito il protocollo internazionale previsto in caso di avvistamento di nave sospetta in avvicinamento.

Per giunta i due testimoniano che la nave che ha avuto il contatto con loro non è la stessa su cui erano imbarcati i due pescatori indiani morti.

Sulla morte dei due marinai indiani è in corso una battaglia legale tra Italia e India soprattutto a riguardo della giurisdizione del caso.

In merito si deve esprimere la corte di Kollam che però, ha già rinviato ogni decisione già  diverse volte. Ora la prossima udienza si
terrà la prossima settimana.

Per l’Italia tutto è accaduto in acque internazionali e quindi le spetta la giurisdizione.

Non è dello stesso parere l’India che rigetta ogni pretesa italiana.

I due marò italiani sono accusati dell’omicidio dei due pescatori indiani. Se dovessero essere giudicati in India e riconosciuti colpevoli di duplice omicidio rischiano l’ergastolo o la pena di morte.

Ferdinando Pelliccia