Per quanto previsto da uno dei decreti fiscali dell’estate 2011, per gli atti dell’Agenzia delle entrate di massimo 20.000,00 euro, notificati a partire dal 1/4/2012 scatta l’obbligo del reclamo prima della causa davanti al giudice tributario. Benché la norma parli di “mediazione”, questo termine pare improprio rispetto al caso, in quanto la procedura introdotta dalla legge non prevede che le due parti si incontrino ne’ che discutano alla presenza di un terzo soggetto neutrale, ma e’ solo previsto che l’Agenzia possa convocare il contribuente per chiarimenti.

Si tratta di una sorta di autotutela obbligatoria e con obbligo di risposta da parte dell’ufficio interessato, con lo svantaggio -per il contribuente- che ad analizzare il reclamo e’ lo stesso ufficio contro cui si fa il reclamo e non un terzo: un reclamo-pre causa all’ufficio che ha emesso l’atto, con richiesta di riesame dello stesso in base ad una proposta “conciliativa” eventualmente fatta dallo stesso contribuente, proposta che può essere o meno accettata, e in caso negativo l’ufficio e’ tenuto a proporre una propria “contro-proposta”.

Il meccanismo pare semplice, ma non lo e’,  se non si arriva ad un accordo o se l’Agenzia non accetta il reclamo e/o la proposta, il reclamo, corredato dalla proposta “conciliativa” del contribuente, diventa l’atto introduttivo al ricorso in commissione tributaria.

Questa nuova fase pre-causa del processo tributario dura al massimo 90 giorni, nella quale le parti possono “chiudere la partita” trovando una soluzione comune.

Il meccanismo sembra studiato per avvalorare la considerazione e la pratica del Fisco, che il contribuente sia un suddito e che bisogna far di tutto perché la burocrazia gli impedisca di avvalersi a pieno dei propri diritti. Infatti, stante l’automaticità’ verso il ricorso alla commissione tributaria, e’ evidente che l’accordo proposto dal contribuente risulterà vincolante nella fase successiva, la vera e propria causa.

Il reclamo quindi deve fin da subito essere redatto come un vero e proprio ricorso, facendo molta attenzione a legittimare ogni richiesta, con poco spazio -purtroppo- ad aperture e tolleranze che ci potrebbero poi vincolare davanti al giudice. Se per esempio si ritenesse la pretesa infondata, sarebbe bene chiedere direttamente l’annullamento dell’atto anziché puntare a compromessi, come invece si farebbe in una normale conciliazione dove il passaggio automatico alla causa, in caso di insuccesso, non c’e’. ( ADUC)