Le  recenti indiscrezioni dei media indiani  (di cui sono ben note le influenze  partigiane  anti-italiane ) in merito alle perizie balistiche condotte, che identificherebbero nelle armi dei nostri Fucilieri quelle che avrebbero sparato sui due pescatori indiani, lasciano il tempo che trovano perché la loro inaffidabilità è stata ripetutamente dimostrata; peraltro trattandosi di documenti non suffragati dal crisma dell’ufficialità, hanno il peso –almeno per il momento- di un ‘’gossip’’ rosa che si tinge di nero per la tragicommedia che  gli indiani hanno messo  strumentalmente in piedi.  Il valzer delle notizie contrastanti ha caratterizzato l’intera vicenda dei nostri valorosi  Fucilieri di Marina fin dall’inizio; anzi, prima che iniziasse la fantomatica vicenda, ancora quando si trovavano  in acque internazionali;poi, dalla forzatura sulla giurisidizione, al premeditato inganno per riconoscere  la barca dei  presunti pirati nel porto di Kochi, al loro sbarco coatto, al loro fermo e mantenimento in carcere fino ad ora, al balletto sulle armi mancanti, alla perizia balistica svolta unilateralmente senza alcuna trasparenza: oggi tutte le conclusioni peritali indiane sono possibili ed ipotizzabili, visto che non sappiamo ancora il vero calibro dei colpi trovati sui due pescatori uccisi, né sono stati ammessi i nostri rappresentanti alle prove balistiche. A questo punto  la farsa  continuerà , ma  lasciamo che  solo e soltanto gli indiani  keralesi ‘’giochino’’  sulla credibilità delle indiscrezioni,  anche se del tutto infantili e assolutamente incredibili: noi, invece,  non vogliamo  continuare a leggere ‘’il Corrierino dei Piccoli’’ e credere alle favole ….indiane! E’ mai possibile che dopo quasi 2 mesi dall’evento non si riesca, fra gli altri dubbi, a sciogliere il dilemma del ‘’punto nave’’ e dell’ orario dell’ incidente, quando basterebbe indagare sulle posizioni registrate dall’ AIS (sistema automatico di Identificazione) che la ‘’Lexie’’ sicuramente aveva a bordo? E’ mai possibile che, a fronte dell’unico dato ufficiale del medico che ha effettuato l’autopsia, riscontrando frammenti di calibro 7,62 incongruente con il 5,56 delle armi  dei nostri marò, ora la stampa sostenga la compatibilità fra reperti trovati ed armi confiscate? Un po’ di serietà non guasterebbe, anche se –personalmente- sono sempre più dell’avviso, basato su una conoscenza diretta del San Marco, che i nostri non hanno mai sparato ‘’direttamente’’ su quei pescatori, anche se fosse stato acclarato che si trattava di pirati.                                                                                     Ciò che rilevava e continua a rilevare è la questione  di competenza della giurisdizione  che ,risalendo  al Diritto Internazionale, non può che essere quella ‘’della bandiera’’ di appartenenza della Nave, che è italiana : il resto riveste importanza ancillare  e, per alcuni versi, ininfluente; che piaccia o no!      Non accettiamo lezioni di legalità dall’India, per nessun motivo e  a nessun titolo; il ‘’pulpito’’indiano non si addice ad insegnare alcunchè  in termini di legalità, né di approccio umanitario, e di questo già  abbiamo parlato, anche se per sommi capi. Né di sistemi indigeni e procedimenti compiacenti,né tantomeno di una politica  regionale  in cui la corrutela  ed il sotterfugio sono  insiti sia nei personaggi di rilievo, sia nei rapporti fra regioni con il governo di Delhi. Talvolta, nel nostro Paese,ha  destato meraviglia  la presenza nel Governo di alcuni politici  con procedimenti penali in corso,o addirittura  già condannati; ebbene per capire il clima di illegalità galoppante esistente in India basti pensare che oltre il 25% dei parlamentari hanno pendenze  di un certo rilievo con la giustizia. La regione del Kerala poi,dove i nostri sono incappati, brilla  di luce propria, dimostrando da sempre un atteggiamento particolarmente avverso contro il Governo centrale di Delhi, con il loro massimo rappresentante, quel  mister Chandy, anche lui  con sensibili pendenze legali. Quindi, le risultanze di quella farsa di processo a carico dei nostri marò sono da sconsiderare  nel modo più assoluto, e non spostano di una virgola lo status dei nostri ed il nostro modo di sentire e di apprezzare quello che loro hanno fatto; anzi fanno ancor più lievitare la rabbia per questo incivile ed ingannevole comportamento e, al tempo stesso,  incrementano  il nostro  orgoglio  per  quei  Fucilieri, che riscattano sul campo una  ulteriore dose di credibilità e di fierezza degli appartenenti al San Marco. Non è accettabile, qualunque  sia  il verdetto che le autorità del sub-stato del Kerala si inventino; resto  arciconvinto che i nostri marò si siano comportati bene, secondo le direttive  e secondo l’etica che li contraddistingue. A loro ed alle loro  esposizioni dei fatti  è doveroso dar credito; così come  alle posizioni e tempi da loro dichiarati al di fuori di ogni sospetto in quanto non era ancora successo il pandemonio, al fatto che sanno bene cos’è l’uso della forza anche in simili circostanze e quanto vale la vita umana (anche quella dei pirati  mariuoli): sì colpi di avvertimento, ma mai mirare all’uomo, chiunque esso sia, a meno di legittima difesa  che comunque và  esercitata con quella ‘’proporzionalità’’che la situazione richiede, e che loro sanno bene!

Non voglio dare lezioni di etica e di policy ai nostri  diplomatici, ma anche le  recenti ‘’uscite’’dei   rappresentanti della Farnesina sono assai opinabili: non si possono rilasciare dichiarazioni che palesano dubbi circa la nostra posizione nazionale; frasi infelici  quali ‘’le armi che hanno ucciso i due pescatori, potrebbero (?) non essere  appartenute al contingente italiano’’ ed ora –in sede di G8 che si tiene a Washington  oggi e domani- ‘’chiederemo maggiore tutela a tutti i Paesi per gli operatori nel contrasto alla pirateria’’ contengono delle posizioni ondivaghe, indefinite  e perfino dubitative che – esplicitamente- significano una sola cosa: non aver capito che l’Italia deve stare schierata solidamente da una sola parte-quella dei propri soldati-, senza se e senza ma! Ci pensano già gli indiani a creare situazioni imbarazzanti, inverosimili, fuorvianti ed a portare acqua al Gange: noi dobbiamo portare acqua al Tevere, ammesso che ce ne sia bisogno, ma  evitiamo almeno di instillare dubbi  che rappresentano comunque  validi ‘’scores’’ sul pallottoliere indiano. Poi,sulla più vasta problematica della lotta alla pirateria, certe affermazioni  appaiono superflue, poiché il quadro di riferimento  normativo  e di  garanzie individuali è ben chiaro ed è vano ribadirlo;  ciò che va non ribadito, ma denunciato –che è altra cosa- è l’approccio fuori del Diritto internazionale da parte di Stati come l’India che lo disattende sistematicamente. Il caso dei nostri fucilieri, catturati con un sotterfugio , del  motopesca Tailandese cannoneggiato ed  affondato, e via dicendo, sono casi emblematici di un Paese che opera  normalmente ‘’fuori’’ del Diritto Internazionale  e  del Mare : non basta un richiamo generico al G8 che,quindi, lascia il tempo che trova. Anzi ,sembrerebbe ammettere che noi-la comunità internazionale impegnata nel contrasto alla pirateria, e nella fattispecie l’Italia visto il caso in questione- siamo corsi  in quell’Oceano Indiano  senza prima attenersi scrupolosamente alle norme, ma anche  considerando le tutele di coloro che vi operano. Forse è  ignoto che già  dal 2005 la Marina Militare, antesignana delle operazioni antipirateria, inviò nel bacino somalo una Fregata per la protezione dei mercantili delle nostre linee  Grimaldi e Jolly  che facevano rotta e scalo a Mombasa; e fin dall’inizio furono dettagliatamente studiate tutte le ROE, ipotizzati i più diversi comportamenti, le tipologie di supporto diretto-indiretto, il possibile concorso di Forze  Speciali integrative, la logistica e la normativa di dettaglio pertinente, il trattamento umanitario nel caso di cattura, stato di fermo ed anche per il sequestro delle loro imbarcazioni.  La nostra posizione istituzionale  dovrebbe essere di ‘’difesa strenua degli interessi nazionali’’ e non quella dubitativa, o del  tutto soft nel contesto internazionale. Se vogliamo tutelare maggiormente i nostri dobbiamo agire con determinazione e fermezza nel richiedere il rispetto dei  ‘’Patti internazionali’’ che rappresentano  – formalmente- le garanzie nella tutela dei Diritti Umani Universali, anche sotto il profilo giurisdizionale; nelle sedi opportune, e quella del G8 potrebbe esserla, va denunciato con forza la violazione del Diritto Internazionale  configurando la fattispecie quale  ‘’gross violations’’  dei diritti umani, richiedendo l’intervento dell’ONU  per ripristinare il diritto e la libertà dei nostri marò. Altro chè una velata raccomandazione su una vagotonica maggiore tutela; se le garanzie internazionali sono state stravolte che vengano denunciate, perché tutto il mondo sappia  con chi si ha a che fare, seppure gli indiani  stessi  partecipino alle operazioni antipirateria…ma da pirati, alla bisogna! Non è semplicemente con una raccomandazione diplomatica, fatta pure in un foro di alto profilo ,che si otterrà una maggiore giustizia attiva internazionale, ma  con un’azione più netta e specifica, frutto di una coscienza nazionale  che alzi la voce del proprio Stato per evitare che un’invocata giustizia e maggiore tutela si trasformino, inesorabilmente, in una giustizia priva di giustezza  e scevra di ogni garanzia applicativa della inviolabile sovranità nazionale. Quella giustizia per cui è sacrosanto batterci, quella giustizia – nei confronti dei  2 marò -del Diritto  quali servitori del nostro Stato che deve concretarsi  nelle riconosciute norme, spazi  e  tempi ben definiti internazionalmente,senza lasciare adito  a surrettizie metafore  troppo  diplomatiche che alimentano dubbi, confusione e non leniscono i drammi dell’ Italia che , anche in questo caso, deve  uscire dalla ‘’selva oscura’’ pretendendo  in maniera chiara ciò che gli compete: un giudizio vero da parte di una Corte Internazionale Superiore. Basterebbe rileggersi Dante, ed il terzo Canto dell’ Inferno, per capire che gli approcci ’’ponzio-pilateschi’’ non pagano mai; gli ignavi che corrono dietro un vessillo per l’eternità, gli angeli che si erano dichiarati neutrali quando Lucifero insorse contro Dio, non avranno posto neppure nell’inferno dantesco, ma saranno condannati a pene spregevoli e ripugnanti…e, allora, diamoci da fare, scegliamo una volta per tutte da che parte stare, mettendo in campo –concretamente-tutti gli strumenti che abbiamo per dare una svolta a questa intricata ed  ignobile  farsa!

Amm. Giuseppe Lertora