In questi giorni  la 4 ° US Circuit Court of Appeals di Richmond, in Virginia negli USA ha sentenziato che anche se fallito un assalto pirata deve essere comunque considerato come atto di pirateria marittima e quindi come tale condannato.

Una sentenza che di fatto si potrebbe dire chiarisce la definizione di pirateria marittima.

Si tratta di un fenomeno che interessa in particolar modo il mare del Corno D’Africa e l’Oceano Indiano dove impazzano i pirati somali che assaltano le navi commerciali che transitano lungo la rotta che collega l’Asia con l’Europa.

Un atto criminale come lo ha definito l’ONU e una rapina a mano armato come la definisce la giurisdizione internazionale.

Di fatto nel mare della Somalia viene compiuto un atto criminale a mano armata a scopo estorsivo.

Lo scopo dei pirati somali è infatti, impadronirsi della nave attaccata e poi trattenerla insieme al suo equipaggio anche per mesi fino a quando qualcuno non paga per il loro rilascio un riscatto milionario.

Finora in questo modo specie negli ultimi tre anni i predoni del mare somali hanno incassato centinaia di milioni di dollari.

Per contrastare quello che piano piano si è rivelato una vera e propria piaga per la navigazione commerciale nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano si è mobilitata l’intera comunità internazionale. Uno straordinario impegno che ha visto accomunati per la stessa causa Paesi separati geograficamente da miglia e miglia e anche Paesi separati da interessi politici e militari contrastanti.

Nelle scorse settimane la Corte d’appello federale degli Stati Uniti è stata chiamata a pronunciarsi in seguito ad un ricorso presentato da 5 somali prigionieri nel Paese oltreoceano.

I cinque il primo aprile del 2010 avevano tentato l’assalto alla nave  al largo della Somalia.

Si trattava di una nave da guerra statunitense la ‘USS Nicholas’, ma questo i pirati no lo potevano sapere in quanto l’avevano scambiata per un cargo.

Una volta accortisi però, dell’errore avevano interrotto attacco, durante il quale erano ricorsi anche all’uso delle armi, e cercato di allontanarsi, ma inseguiti erano stati poi, arrestati di fatto in flagranza. I 5 somali dopo essere stati condotti negli USA sono stati giudicati colpevoli del reato di pirateria e condannati all’ergastolo.

Una condanna che è voluta essere un deterrente contro  il numero sempre crescente di somali che attirati dagli alti guadagni scelgono sempre
di più la via della pirateria.

Si è trattato di una delle prime condanne per  pirateria negli Stati Uniti  dopo 190 anni.

L’America è stata però, suo malgrado coinvolta nel fenomeno con l’assalto alla nave battente bandiera a stelle e strisce il portacontainer ‘Maersk Alabama. L’episodio risale al 2009 e in quella occasione i pirati presero in ostaggio solo il comandante della nave che venne poi, liberato nel corso di un blitz militare.

I pirati condannati avevano presentato ricorso dopo che i loro legali avevano sostenuto la tesi che erano dei pescatori e che erano stati rapiti dai pirati che poi, li avevano costretti ad imbracciare le armi e ad usarle contro la nave.

Oltre ai 5 condannati all`ergastolo, negli USA ci sono altri presunti pirati  in attesa di giudizio.

Almeno mille somali sono detenuti in 20 diversi Paesi del mondo e altre centinaia in Somalia.

In tanti sono i somali che riconosciuti pirati ormai trascorrono le loro esistenze in una tetra cella ospiti in una prigione somala o straniera. In particolare in tanti si trovano nelle prigioni dei Paesi del Corno d’Africa che si affacciano sul Golfo di Aden e Oceano Indiano.

Ferdinando Pelliccia