E’ stato il contenuto xenofobo dell’articolo pubblicato da Mohamad Sibai sul giornale dell’Università americana di Beirut a suscitare scalpore tra gli studenti libanesi e lacomunità della rete. “Ciò che non vogliamo è che il Libano passi per un paese cheodia gli omosessuali”, ha scritto un giovane blogger. Nell’articolo “Please meat any price” pubblicato su Outlook Newspaper, Sibai racconta di essere statodisturbato  dalla visione di due giovani gay che si tenevano la mano mentre passeggiavano per Hamra. Un pensiero, cosìterribile, che lo ha accompagnato per tutto il giorno, “se questa è la secolarizzazione cui il Libano aspira…non deve essere una così buona idea”.

Sono passatepoche ore dalla pubblicazione dell’articolo che la reazione degli studenti prima-e dei blogger dopo- ha reso necessarie le scuse da parte di  LGBT Media Monitor che ha chiestoalla comunità internet di intervenire, postando  commenti in risposta all’articolo xenofobo direttamentesulla loro pagina. Tra i cybernauti indignati che accusano l’autore dell’articolo di essere infantile e di occuparsi di problemi inesistenti, Elie Wafi hascritto: “Con tutti i problemi che ha il nostro paese ti preoccupi di due gayche camminano tenendosi per mano. Ti impediscono forse di camminare, di andarea lavoro, di mangiare o di passare una serata con gli amici?”. Antoine Atallahse la prende con il giornale -complice a suo avviso di un tributo all’omofobia-ma difende la libertà di espressione. Tuttavia riflette: “la nostra libertà termina lì dove inizia quella altrui e insultare, stigmatizzare una parte importantedella nostra società non può essere considerata libertà”.

Più che l’articolo in sé è interessante notare il sostegno dei giovani libanesi alla comunità gay libanese. Tanti sono stati i ringraziamenti che l’autore dell’articolo ha ricevuto pubblicamente: “Grazie a te ora sappiamo che tanta gente ci supporta”. Spiazzante invece il silenzio dei media libanesi. Solo alAkhbar ha approfondito l’argomento e ha pubblicato un intervista a un attivista per i diritti omosessuali.

Barbara Alvino