Continua a rimanere alta la tensione in Siria dove da marzo del 2011 è in corso una rivolta popolare contro il presidente Bashar al Assad.
Oggi è il venerdì di preghiera per gli islamici. Una giornata che in Siria finora è stata sempre occasione per far partire manifestazioni, raduni e cortei di protesta dopo la tradizionale preghiera di mezzogiorno. Ieri, dopo il duplice attentato nella capitale siriana Damasco, gli attivisti dell’opposizione siriana hanno ancora una volta sollecitato la popolazione a rivoltarsi contro il regime di Assad.
L’attuale situazione nel Paese mediorientale sta sempre di più facendo prendere piede nella comunità internazionale l’idea di ricorrere, come ultima spiaggia però, anche all’uso della forza per fermare le violenze. Nel paese ogni giorno si consuma una vera e propria mattanza con l’uccisione e il ferimento di decine di persone. Questo, nonostante un cessate il fuoco in vigore dal 12 aprile scorso seguito dal dispiegamento nel Paese dei 300 berretti blu della missione di monitoraggio ONU, Unsmis, guidata dal generale norvegese, Robert Mood.
Il cessate il fuoco si deve a Kofi Annan, inviato speciale Nazioni Unite e Lega Araba, che ha ideato un piano di pace per la Siria in sei punti poi, approvato dall’ONU che ha inviato i suoi osservatori a monitorare la situazione. Per molti però, 300 osservatori sono pochi e comincia a prendere piede l’idea di un’allargamento della missione ad almeno 3mila uomini.
I Comitati Locali di Coordinamento della rivoluzione, Clc, continuano a denunciare le violazioni dei termini del cessate il fuoco da parte delle forze di sicurezza siriane, mentre l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell’opposizione in esilio e con sede nel Regno Unito, ha reso noto che da quando è entrato in vigore sono state uccise 850 persone. Di queste come sempre la gran parte sono civili, almeno 600.
Ieri poi, l’ennesima strage di civili. In un duplice attentato suicida compiuto a Damasco, realizzati con la tecnica dell’auto-bomba, sono morte almeno 59 persone e altre 372 sono rimaste ferite. L’obiettivo di entrambi gli attacchi era una sede dei servizi segreti siriani, quella del Servizio d’Informazioni Militare – Sezione Palestina’.
Il bilancio è ancora provvisorio e vede coinvolti oltre ad agenti anche cittadini e studenti che al momento delle deflagrazioni si stavano recando a al lavoro e a scuola. Una strage che è stata attribuita, da una parte al regime siriano e dall’altra ai dissidenti, in una girandola di reciproche accuse. Il ministero degli Esteri siriano continua a sostenere, come del resto fa da mesi, che la Siria si trova a dover combattere contro il terrorismo. Ieri il governo siriano ha chiesto all’ONU di prendere le necessarie misure contro i Paesi stranieri che incoraggiano questo terrorismo, senza però indicare quali siano. L’ambasciatore di Damasco al Palazzo di Vetro, Bashar Jaafari ha riferito che vi sarebbero anche un cittadino francese, uno belga e uno britannico tra i 12 stranieri uccisi dalle forze governative e che combattevano nelle file dei ribelli siriani. Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite Damasco ha trasmesso i nominativi di questi stranieri uccisi, e anche la lista contenente i nominativi di altri 26 stranieri, per lo più libici e tunisini, che sono stati, invece, catturati. Le autorità siriane hanno sottolineato il fatto che alcuni di essi sono collegati ad al Qaeda.
Ferdinando Pelliccia