Giovedì scorso a Strasburgo gli europarlamentari hanno approvato un importante documento.

Si tratta di una risoluzione antipirateria che però riveste un’importanza particolare in quanto al paragrafo 30 viene sottolineato che, in alto mare, la giurisdizione competente deve essere quella dello Stato di cui batte bandiera la nave.

Si tratta quindi di un documento che è importante non solo per il fatto che riveste una valenza internazionale, ma anche perché costituisce un testo di riferimento a cui sarà utile ricorrervi ogni qualvolta che si dovranno gestire casi difficili come quello dei marò in India.

Questo, in quanto ha un suo peso giuridico per il fatto che è stato predisposto da esperti appartenenti a diverse commissioni europarlamentari che a secondo dell’area di competenza, che l’argomento andava a toccare, se ne sono interessati.

A promuovere l’inserimento di questo paragrafo nella risoluzione in discussione l’On Carlo Fidanza e Roberta Angelilli, Pdl.
Una volontà la sua nata sulla scia della vicenda in corso in India e che vede coinvolti loro malgrado una nave italiana, la Enrica Lexie, e due marò del Reggimento San Marco, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. I due militari italiani e la nave sono stati fermati dalle autorità dello stato federale indiano del Kerala ed ora mentre la nave è stata rilasciata dalle autorità locali indiane lo scorso 5 maggio i due sottoufficiali di marina sono ancora detenuti nel carcere indiano di Trivandrum. Per le autorità indiane sono i responsabili della morte di due pescatori indiani uccisi in mare per errore il 15 febbraio scorso. I due marò insieme ad altri 4 commilitoni si trovavano a bordo della nave battente il tricolore come team di sicurezza antipirateria.

Si tratta dei Nuclei Militari di Protezione, NMP, istituiti dall’Italia con la Legge 130 del 2011 per difendere le navi di bandiera dai pirati. Sulla vicenda ne è nata una battaglia legale tra Italia e India specie sulla giurisdizione.

Alla luce di quanto accaduto ai due militari e alla nave italiana è stato quindi inserito nella risoluzione appositamente un paragrafo che prevede che la giurisdizione che deve essere applicata in alto mare, anche nei casi di lotta alla pirateria, deve essere quella di cui batte bandiera la nave coinvolta. E nessuna autorità diversa da quelle nazionali può arrestare o bloccare la nave e le persone a bordo, nemmeno a scopo investigativo.

Si tratta di un chiaro e forte segnale valido per tutti, che viene da un organismo internazionale, che in futuro casi come quello dei due marò in India non si devono più ripetere.

La forza del documento è evidenziata anche dal fatto che è stato approvato con voto quasi unanime, 434 voti favorevoli, 100 contrari e 5 astensioni.

Il Parlamento europeo ha preso questa importante decisione in quanto riconosce che in base al diritto internazionale, in alto mare si applica sempre alle navi e al personale militare a bordo la giurisdizione nazionale dello stato di bandiera.

Altro passaggio importante è che nel documento si chiede anche l’istituzione di un tribunale internazionale per la pirateria con sede in Somalia e in tutti quei Paesi del Corno d’Africa che sono coinvolti nel fenomeno della Pirateria marittima.

La richiesta nasce dal convincimento che in questo modo si troverebbe una soluzione giudiziaria stabile alla questione dei processi a carico dei pirati.

Purtroppo a causa di una mancanza di un tribunale internazionale e della non disponibilità dei Paesi coinvolti nella lotta alla pirateria marittima a giudicare ed eventualmente incarcerare i pirati catturati in molti casi i predoni del mare catturati in seguito vengono rilasciati.

In questo modo essi vengono a godere di un’anomala situazione, da un lato li si combatte e dall’altro non li si condanni, in cui persiste la chiara consapevolezza di godere di una larga impunità.

Dal dicembre del 2008 l’Europa è impegnata nella lotta alla pirateria al largo della Somalia direttamente con una sua missione navale militare, la missione Atalanta, che di recente è stata prolungata ulteriormente fino al dicembre del 2014.

Purtroppo la missione navale Ue ha di recente anche perso consistenza nel senso che numero delle navi da guerra che la compongono si è ridotto da 8 a 3 unità.

Tutto ciò è conseguenza del fatto che alcuni Paesi Ue hanno ridotto il numero di navi e durata missione e altri addirittura si sono ritirati, come la Grecia.

La causa è da ricercare nella crisi economica che sta stritolando l’Europa.

La missione navale Ue ha infatti, un costo di circa 2 mln di euro al giorno pari a 720milioni all’anno. Costo che è a carico dei  singoli Paesi che inviano nel mare del Corno D’Africa una loro unità navale da guerra per partecipare al contrasto al fenomeno sotto bandiera Ue.

Un peso economico che Paesi come la Grecia non sono stati più in grado di sopportare.

In virtù di questo il Parlamento europeo ha quindi anche invitato tutti i Paesi membri ad un maggiore impegno per garantire il successo della missione ed ha invitato nel contempo l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Catherine Ashton ad adoperarsi per trovare urgentemente una soluzione che consenta di debellare il fenomeno al più presto. Ossia è stato chiesto di trovare una strategia comune che risolva il problema derivante dal fenomeno alla radice eliminando cioè le cause che hanno portato al nascere e allo sviluppo della pirateria. Un fenomeno che impazza in mare e di cui è ormai stato stabilito che la causa è la situazione instabile che regna sulla terraferma ossia in Somalia.

Ferdinando Pelliccia