Oggi davanti alla Corte Suprema di New Delhi presieduta dal giudice Altamas Kabir si è tenuta una nuova udienza riguardante il ricorso presentato dal governo italiano sulla giurisdizione da applicare nella vicenda che vede coinvolti Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Si tratta dei due marò accusati dalle autorità dello stato federale indiano del Kerala di aver ucciso per errore in mare, scambiandoli per pirati,  due pescatori locali.

Le autorità del Kerala hanno di fatto ordinato provvedimenti di arresto e di blocco anche di una nave in nome di misure investigative che praticamente non le competevano e su questo è in corso una lunga battaglia legale.

Nell’incidente è rimasta infatti, coinvolta anche la nave italiana Enrica Lexie e il suo equipaggio che è stata rilasciata però, il 5 maggio scorso.

I due marò vi erano imbarcati insieme ad altri 4 commilitoni come Nucleo Militare di Protezione, NMP, per difenderla dai pirati in virtù di una legge italiana, la 130 del 2011.

La Corte Suprema indiana ha però, ulteriormente rinviato al 26 luglio prossimo l’esame del ricorso italiano relativo alla legittimità costituzionale dell’arresto dei due marò.  Purtroppo il massimo organo giudiziario indiano chiude per le ferie estive a partire dal 14 maggio e fino al 2 luglio prossimo per cui non si può occupare del caso.

L’Italia oggi ha però, incassato un punto a favore.

La Corte Suprema indiana ha ordinato allo stato del Kerala di prendere una decisione sul trasferimento dei due marò in un ‘luogo che non sia il carcere’. Come stabilito nell’ordinanza dello scorso 5 marzo dal magistrato di Kollam che pur avendo deciso per l’incarcerazione dei due marò lasciò però, liberi polizia e Direzione delle carceri del Kerala di studiare una sistemazione alternativa a quella del penitenziario. Per attuare la disposizione la corte ha dato alle autorità del Kerala 7 giorni di tempo. I due militari italiani sono attualmente detenuti dallo scorso 5 marzo nel carcere di Trivandrum, capitale del Kerala.

Il governo del Kerala da parte sua ha fatto sapere che prenderà una decisione in merito solo dopo che le sarà stato notificato l’ordine della Corte Suprema. Ancora una volta le autorità locali indiane si mostrano poco disponibili nei confronti di quelle centrali ed è  questa una delle caratteristiche che pesano su questa vicenda.

Nel frattempo, i due sottoufficiali di marina fra tre giorni si dovranno presentare davanti al giudice di Kollam per la scadenza del rinnovo della carcerazione preventiva, il quarto, che potrà essere estesa ancora,  ma non oltre il termine massimo di tre mesi concesso dalla legge. Prima che scada la polizia indiana dovrà aver concluso le indagini e formulato i capi di accusa contro i due marò.

“Una decisione che offre la possibilità di condizioni di detenzioni molto migliorate, uscendo dall’istituzione carceraria e anche di un prosieguo del percorso giudiziario che apra veramente ad altre prospettive. il ritorno a casa dei marò è l’obiettivo che ancora perseguiamo”, ha affermato il ministro degli Esteri, Giulio Terzi la decisione della corte.

Dopo la partenza della Enrica Lexie è stato chiuso con successo un capitolo della  vicenda. Ora  gli sforzi della diplomazia italiana e del team legale sono tutti concentrati sulla possibilità di poter ottenere di processare i due marò secondo le leggi italiane. Tra rinvii e ritardi i tempi sono lunghi, ma la speranza di riuscirci è tanta. Quella di oggi di fatto era un’udienza già fissata per ieri, ma rinviata poi su richiesta dei legali dei due militari italiani.

Un richiesta presentata per avere il tempo di studiare la memoria contraria alla richiesta italiana depositata solo due giorni fa dal ministero degli Esteri indiano e richiesta dai giudici nella precedente seduta del 23 aprile scorso.

Il governo indiano sostiene che l’Italia non ha diritto a ricorrere alla Corte Suprema sulla questione della legittimità costituzionale dell’arresto dei due marò. ”La petizione dell’Italia non è ammissibile perchè soltanto i singoli e non gli Stati possono rivolgersi alla Corte Suprema nel caso di violazioni di diritti umani”, si legge nella memoria.

Secondo il governo di New Delhi, la Corte deve quindi respingere il ricorso che si basa sul fatto che l’incidente non e’ avvenuto entro il limite delle acque territoriali e quindi non possono essere applicate le leggi indiane.

”L’applicazione del codice penale indiano si estende fino all’area di 200 miglia nautiche dalla costa e quindi il Kerala ha diritto a perseguire i due militari” si legge inoltre nella memoria.

Il limite indicato è quello della Zona Economica Esclusiva, la fascia di mare in cui lo Stato costiero ha diritto a sfruttare le risorse economiche, come la pesca. Secondo la tesi sostenuta dal team legale italiano, l’incidente avvenuto il 15 febbraio in cui sono morti due pescatori indiani è un caso che concerne due Stati sovrani e non il Kerala che non ha quindi ”locus standi”, cioè diritto di azione per giudicare i due fucilieri italiani.

L’Italia invece, contesta l’applicazione della giurisdizione indiana e chiede che i due marò vengano giudicati da un tribunale italiano in quanto l’incidente è avvenuto in acque internazionali. Inoltre, i due militari fanno parte di una unità internazionale anti pirateria e si trovavano a bordo di un mercantile battente bandiera italiana. In proposito è stata proposta una risoluzione sulla pirateria marittima che proprio domani  verrà votata dal Parlamento europeo.

Una risoluzione che si basa sul principio fondamentale del diritto internazionale che si applica in alto mare, quindi anche nel caso di interventi di lotta alla pirateria, la giurisdizione sia per le navi e per il personale militare a bordo, è dello Stato di bandiera.

Ferdinando Pelliccia