Stamani  di certo a tanti sono spuntati dei timidi sorrisi sul volto.

L’Alta corte dello stato federale del Kerala in India ha concesso la libertà su cauzione a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Si tratta dei due marò protagonisti, loro malgrado, della vicenda che li vede coinvolti nella morte di due pescatori indiani uccisi per errore in mare, mentre prestavano servizio come team di sicurezza antipirateria a bordo della nave italiana Enrica Lexie.

L’episodio sarebbe avvenuto il 15 febbraio scorso al largo delle coste meridionali dell’India nell’Oceano Indiano, mentre i due indiani si trovavano a bordo di un peschereccio locale, il Sant’Antony.

Dal 19 febbraio scorso i due sottoufficiali di marina si trovano in stato di arresto nello stato del Kerala in attesa di un processo che potrebbe iniziare a breve, forse tra due settimane presso la corte di Kollam, competente del caso  in quanto i due pescatori era originari di questo distretto.

Contro di loro sono stati mossi diversi capi d’accusa in base a 4 sezioni del codice penale indiano: 302 (omicidio); 307 (tentato omicidio); 427 (azioni che hanno comportato danni) e 34 (associazione per delinquere).

Ad accusare Latorre e Girone dell’omicidio dei pescatori sono le autorità del Kerala da cui provenivano i due morti.

La decisione di concedere la libertà ai due fanti di marina è stata adottata dal giudice N.K. Balakrishnan ed è conseguente al fatto che, sempre stamani alla Corte è giunta la rinuncia da parte delle autorità del Kerala di rivalersi contro i due marò richiamando a se la ‘Sua Act’ e quindi giustificare la giurisdizione indiana sul caso.

Si tratta di una convenzione internazionale contro il terrorismo marittimo conosciuta con il nome di ‘Suppression of Unlawful Acts against the Safety of Maritime Navigation’. Un documento che stabilisce la giurisdizione territoriale di uno Stato fino a 200 miglia nautiche dalla costa e venne firmato a Roma nel 1988 dopo il dirottamento della nave da crociera italiana ‘Achille Lauro’.

Per il fatto che la ‘Sua Act’ definisce terrorismo marittimo il dirottamento di una nave, la violenza contro le persone che si trovano a bordo o il danneggiamento della nave o del suo carico le autorità indiane del Kerala sostenevano che il termine ‘nave’ contempla anche un peschereccio.

Di fatto questo ritiro ha lasciato spazio al rilascio su cauzione dei due militari italiani che diversamente non sarebbe mai stato possibile ottenere in quanto come spiegato in base alla ‘Sua Act’ le autorità del Kerala potevano applicare le leggi indiane anche in acque internazionali.

Per molti il ritiro dell’accusa di terrorismo marittimo contro i due marò potrebbe essere interpretata come possibile premessa alla concessione poi, della giurisdizione italiana sulla vicenda in quanto caduta questa accusa le altre appaiono non difficili da superare.

Questo importante sviluppo della vicenda giunge all’indomani della decisione dell’Alta Corte di Kochi di respingere il ricorso presentato dal governo italiano riguardante la giurisdizione da applicare ai due marò.

Una decisione che ieri aveva un po’ smorzato gli animi e impensierito un po’ tutti.

Proprio sulla giurisdizione si sta consumando una dura battaglia legale tra l’India e l’Italia condita a volte con  toni spesso aspri e pieni di tensione.

L’Italia continua a rivendicarla l’India a respingere ogni rivendicazione italiana.

In merito si deve pronunciare la Corte Suprema indiana a cui le autorità di Roma hanno fatto ricorso.

A questo punto i due specialisti di marina potrebbero lasciare molto presto la Borstal School di Kochi. Si tratta dell’ex riformatorio dove sono attualmente detenuti in custodia giudiziaria dopo esservi stati trasferiti lo scorso venerdì dal carcere di Trivandrum, dove  vi erano entrati lo scorso 5 marzo.

La libertà su cauzione decisa dal giudice non è stata contestata dal governo del Kerala per cui  sottostando a dei determinati  obblighi i due marò potrebbero ritornare presto liberi.

In particolare, il rappresentante del governo federale, a cui la corte aveva chiesto un parere in merito ha chiesto ai giudici di stabilire delle condizioni contro un possibile loro rischio di fuga.

Uno di questi è l’obbligo di risiedere nello stato del Kerala e di non poter lasciare l’India. Per cui i due marò dovranno eleggere un domicilio che non sia però, distante non più di 10 km  dal commissariato di polizia di Kochi.  Questo in quanto hanno l’obbligo di firma e quindi vi si dovranno presentare ogni mattina, fra le 10 e le 11, per la firma e ogni qual volta venga loro richiesto.

Decade quindi l’ipotesi avanzata da tempo dall’Italia che i due marò potessero essere ospitati nell’edificio che ospita l’ambasciata italiana a New Dehli.

Inoltre, è stato chiesto che due cittadini indiani si devono fare garanti dei due militari italiani in modo che partecipino a tutte le fasi del processo.

Altra condizione posta è l’obbligo per Latorre e Girone di consegnare il loro passaporto al magistrato della Corte di Kollam, dove si celebrerà il loro processo.

I legali dei due militari italiani hanno dovuto anche rilasciare una dichiarazione in cui assicurano la corte che i loro assistiti non avrebbero tentato di lasciare l’India ne’ di manomettere le prove o intimidire i testimoni.

La somma da depositare come cauzione è stata stabilita dal giudice a 10 milioni di rupie per ciascun marò, pari a 143mila euro.