Lo scorso 28 giugno il deputato radicale Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, a seguito della pubblicazione sul sito web del periodico LiberoReporter di un articolo a firma di Ferdinando Pelliccia, dal titolo «Pirateria marittima: pagato un riscatto per rilascio Bruno Pelizzari», ha presentato una interrogazione indirizzata al Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi (4-16788).

Nell’articolo si afferma che per il rilascio di Bruno Pelizzari e Deborah Calitz sarebbero stati pagati 700 mila dollari, contrariamente a quanto affermato dallo stesso Ministro Terzi che il giorno del rilascio dei due turisti-velisti, aveva dichiarato “Escludo che sia stato pagato un riscatto, l’Italia non paga riscatti”.

Con l’atto di sindacato ispettivo, ribadendo che il Ministro ha smentito il pagamento di qualsivoglia riscatto, Turco ha chiesto di sapere “se i fatti narrati sul periodico LiberoReporter corrispondano al falso.”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Testo integrale atto parlamentare:

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16788

presentata da

MAURIZIO TURCO

giovedì 28 giugno 2012, seduta n.658
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e      ZAMPARUTTI. –

Al Ministro degli affari esteri.

– Per sapere –      premesso che:

sul sito web del periodico Libero Reporter è pubblicato un articolo a firma di Ferdinando Pelliccia, dal titolo «Pirateria marittima: pagato un
riscatto per rilascio Bruno Pelizzari»;

in cui si legge «Escludo che sia stato pagato un riscatto, l’Italia non paga riscatti». Con queste parole il 21 giugno 2012 il Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi rispondeva a chi gli  domandava del rilascio di Bruno Pelizzari e Deborah Calitz. Il primo un italo-sudafricano e la seconda sudafricana erano stati tenuti prigionieri in Somalia per quasi 20 mesi. Ebbene a quanto  pare sarebbero stati invece, pagati 700 mila dollari per il rilascio di Bruno Pelizzari e Deborah Calitz. I due  turisti-velisti erano stati catturati il 26 ottobre del 2010 al  largo della costa della Tanzania dai pirati somali. Al momento  della cattura erano a bordo dello yacht «Choizil» preso a nolo  insieme allo skipper inglese, Peter Eldridge. Quest’ultimo, nel corso del dirottamento, riuscì a scappare. Eldridge venne poi, recuperato da una nave da guerra francese, la «FS Floreal» della forza navale europea, che seguiva a breve distanza lo Yacht sequestrato. L’imbarcazione venne poi, dirottata verso le coste  Somale. I due ostaggi dovrebbero essere stati tenuti prigionieri a  terra in qualche luogo remoto del territorio somalo a nord di Mogadiscio in quanto, dopo il sequestro,
vennero sbarcati e lo yacht abbandonato. Probabilmente il Pelizzari e la Calitz sono  passati di mano, venduti o scambiati, almeno un paio di volte durante la prigionia. Per il rilascio di Bruno e Debbie era stato  inizialmente chiesto alle loro famiglie in Sudafrica 10 mln di      dollari poi,
di fronte al fatto che queste non erano in grado di  pagare una cifra così alta si erano detti disposti ad accettare 500 mila dollari per poi, di nuovo alzare la posta a 4 mln di dollari. Delle trattative e della raccolta fondi si era occupata  principalmente una delle 5 sorelle di Bruno, Vera Hect. Questo anche in seguito al fatto che le autorità di Johannesburg come  tante altre, almeno ufficialmente, si sono fin dall’inizio  dichiarate non disposte a trattare con i pirati somali ne  tantomeno a pagare  un riscatto. In un recente contatto Vera aveva      riferito di essere riuscita a mettere
insieme attraverso donazioni      di  privati solo 200 mila dollari. Ufficialmente il 21 giugno      scorso il loro rilascio era stato  presentato, sia dalle autorità  italiane sia somale, come un successo delle forze di sicurezza      somale che avevano compiuto un blitz  militare riuscendo a liberare      i due  turisti velisti prigionieri in Somalia. Quel giorno il      ministro degli Esteri italiano, Giulio  Terzi, in merito alla      liberazione  aveva affermato: «Desidero ringraziare tutte le      Istituzioni che grazie al loro lavoro  tenace hanno consentito di      giungere  al risultato di oggi, al quale hanno fornito un      contributo determinante anche le autorità  somale del Governo      Federale  Transitorio». Il Ministro degli affari esteri pur      rifiutandosi di dare elementi sulla  dinamica del rilascio,      avvenuto, come  poteva del resto, se non c’era stato alcun blitz,      aveva spiegato che il rilascio era  avvenuto grazie all’intervento  armato delle forze di sicurezza e dell’esercito locali. Sulla      stessa «falsa» riga il Ministro della  difesa somalo, Hussein Arab      Isse  aveva reso noto che le forze di sicurezza somale, assieme      all’esercito avevano tratto in salvo una  coppia sudafricana rapita      18 mesi  fa. «L’operazione di salvataggio è iniziata mercoledì      notte ed è andata avanti fino a questa mattina…»,  aveva spiegato      il Ministro durante  una conferenza stampa in cui erano presenti  anche i due ostaggi liberati. Era chiaro a tutti, però, che il      loro rilascio era stato certamente  preceduto dal pagamento di un  riscatto o meglio come lo stesso Pelizzari avrebbe confidato ad un      giornalista, seguito ad una soluzione  negoziata che è la stessa      cosa.  Finora i predoni del mare non hanno mai rilasciato una nave      o un ostaggio senza non aver ricevuto in  cambio il pagamento di un      riscatto  come contropartita. Ma a rendere ancora meno credibile la      versione resa nota era anche il fatto  che, per usare le parole del  Ministro somalo, «i due sono stati liberati in modo sicuro». Se      fossero stati veramente ostaggi dei  miliziani islamici questi  difficilmente si sarebbero fatti strappare dalle mani gli ostaggi      integri basta vedere i casi precedenti.
La notizia del pagamento      di un  riscatto è invece, molto più credibile come lo è anche la      somma che sarebbe stata pagata, ossia i
700 mila dollari. In      genere i pirati  somali preferiscono catturare le grandi petroliere      o i cargo, per il cui rilascio chiedono  poi, dai 5 ai 10 milioni      di dollari.  Quando però, una «battuta» di caccia si mostra      infruttuosa, per «recuperare» almeno le  spese, ripiegano  catturando piccole navi  a vela da crociera. In genere per il  rilascio dei «velisti-turisti» catturati le  gang del mare somale      chiedono circa  400 mila dollari a persona. Nel caso del Pelizzari e della Calitz gli ostaggi  erano due e quindi 700 mila dollari deve essere stata appunto la cifra  «negoziata» per ottenere il      loro  rilascio;
si ribadisce che il Ministro ha smentito il pagamento di  qualsivoglia riscatto -:

se i fatti narrati sul periodico LiberoReporter nell’articolo in premessa corrispondano al falso.(4-16788)

 

* Gli articoli pubblicati da LiberoReporter:

http://www.liberoreporter.it/?p=32499

http://www.liberoreporter.it/?p=32568