La Turchia ha schierato mezzi militari e artiglieria pesante al confine con la Siria. Si tratta di una precauzione che il Primo ministro Tayyip Erdogan ha deciso di prendere per reagire alle eventuali minacce provenienti dalla frontiera siriana.

Numerosi sono i ribelli siriani (più di 33mila) appartenenti al Free Syrian Army che si erano in precedenza rifugiati nelle zone di frontiera con la Turchia, con l’assenso di quest’ultima. La decisione di cambiare le regole di ingaggio delle sue truppe, però, è stata presa dopo che un areo siriano ha abbattuto, lo scorso venerdì, un velivolo da combattimento turco che, secondo Damasco, aveva invaso il suo spazio aereo.

Un ufficiale turco ha dichiarato di non sapere con precisione quanti soldati e quanti mezzi siano stati stati dislocati nella provincia di Hatay, lungo la frontiera tra i due Stati, ma ha assicurato che sono stati inviati anche dei cannoni antiaerei.

Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa turche, due sono i convogli militari che sono partiti tra ieri e oggi. La televisione di Stato ha già mostrato ai cittadini il convoglio scortato dalle auto della polizia che è partito ieri, attraversando una stradina che conduce fuori dalla città, nel porto principale della provincia turca di Hatay. Lanciarazzi, artiglieria antiaerea e ambulanze militari facevano parte del convoglio. I veicoli corazzati sono stati quindi trasportati negli appositi impianti militari in Sanliurfa, nel mezzo del confine tra Turchia e Siria, e ad Hatay, provincia al confine con la parte più bassa della Siria.

Non sono stati ancora resi pubblici i dettagli specifici delle nuove regole d’ingaggio delle truppe turche, anche se Erdogan ha ribadito che la minaccia siriana contro i suoi militari è diventata “concreta” dopo l’abbattimento del caccia.

La Russia, intanto, sta prendendo in considerazione la proposta dell’inviato Onu, Kofi Annan: creare in Siria un governo misto, formato da membri dell’attuale esecutivo e da altri provenienti dalle fila dell’opposizione. Il piano in questione sarà discusso sabato prossimo dall’Action Group delle Nazioni unite in Siria. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha però precisato questa mattina che il futuro della Siria, nel post-Assad, deve essere necessariamente deciso nel Paese, attraverso un “dialogo che deve avvenire tra gli esponenti della società civile siriana”. La conferenza di Ginevra di sabato, quindi, secondo il ministro, non potrà dettare i termini per la formazione di un governo di unità nazionale.

Luciana Coluccello