Dopo la Festa della Marina , dal 10 giugno, è calato un silenzio incomprensibile sul caso dei 2 Fucilieri di Marina; sembra si confidi solo nelle azioni sottotraccia ed ignote che la Farnesina dovrebbe compiere anche se i segnali che pervengono dal Ministero degli Esteri indiano non sono affatto incoraggianti: ‘’dovrà essere applicata la legge nazionale e (i 2 Fucilieri) dovranno provare la loro innocenza davanti ai nostri tribunali, senza compromessi..’’ ha dichiarato, recentemente, il Ministro degli Esteri indiano Krishna. Noi continuiamo,invece, con un riserbo diplomatico e governativo che non smuove di un millimetro gli ineffabili indiani, i quali si permettono di derogare dal diritto internazionale, di usare sotterfugi pirateschi e di voler giudicare i ‘’presunti’’ colpevoli in accordo con le loro leggi nazionali, civili. Il tempo corre veloce, forse meno per i nostri 2 Fucilieri illegalmente trattenuti a Trivandrum; tra meno di un mese -il 26 luglio- la Corte Suprema di New Delhi esaminerà la problematica della giurisdizione, cioè a chi compete giudicare l’evento occorso –come noto- in acque internazionali. Ci lamentiamo spesso della nostra magistratura, ma la situazione delle ‘’Corti indiane’’ ci batte alla grande; un giorno Delhi appare rispettosa del diritto internazionale, ma il Kerala ribatte sostenendo che prevale la legge indiana e quindi saranno loro a processarli, disconoscendo qualunque indicazione centrale; il giorno dopo anche Delhi cambia parere : se questo è il sistema giudiziario federato a cui aspiriamo, teniamoci pure il nostro attuale, carente , ma almeno che parla con una voce soltanto. Mentre i nostri media tacciono ed il caso, con la relativa informazione, appare quasi archiviato , il quotidiano indiano ‘’The Hindu’’ è uscito il 26 giugno, con un articolo illuminante in merito a ‘’chi governa l’Alto Mare’’, soffermandosi sul Diritto internazionale e sulla Convenzione sulla legge del mare UNCLOS di Montego Bay : ciò con specifico riferimento all’evento occorso il 15 febbraio che ha visto coinvolti i nostri 2 Fucilieri imbarcati sulla Enrica Lexie a protezione da eventuali attacchi dei pirati. In sostanza, per gli autori dell’articolo, che sono dei think-tank autorevoli – uno il vicepresidente dell’ Observer Research Foundation e l’altro un esperto ricercatore – con una attenta ed oggettiva disamina della Legge del Mare e del relativo Diritto Marittimo, pervengono alla conclusione che ‘’l’Italia ha ragione da vendere nel pretendere la giurisdizione, e poter quindi giudicare i propri marinai’’. Il fenomeno della pirateria è particolarmente importante per l’India; la situazione degli incidenti riportati, connessi con la pirateria mondiale, ha raggiunto -nel 2011- 439 eventi dimostrandone la gravità globale . Soprattutto lo sviluppo industriale ed economico indiano dipendono dal trasporto sicuro via mare in rotte infestate dai pirati, specialmente attraverso le aree del Corno d’Africa; quindi la risposta a tali sfide dovrà prevedere personale di sicurezza –sia esso militare o ‘’mercenario’’- imbarcato sulle navi mercantili. Ed è proprio l’evento che ha coinvolto i 2 Fucilieri italiani che non puo’ essere visto come un caso isolato, ma dovrebbe provocare una discussione seria, atteso che il fenomeno della pirateria continuerà ad rappresentare una seria minaccia; incidenti simili saranno più frequenti considerato che i ‘’teams’’ armati diventeranno ben più numerosi, a prescindere che siano Forze Speciali militari o contractors. La prima questione da affrontare è ,quindi –ad avviso dei due esperti- quella del loro status e della relativa autorità conferita per legge; la seconda è quella della giurisdizione,nel senso che và definito il primato della legge : se quella penale indiana o, invece, quella del Diritto internazionale che l’India ha ratificato ed accettato. Per quanto attiene al primo quesito, lo status dei 2 Fucilieri è indubbiamente militare e la loro autorità discende direttamente dalla Legge 130 del 2 agosto 2011, istitutiva dei Nuclei di Protezione Militari; ciò in accordo con l’impegno formale dell’Italia di combattere la pirateria secondo la UNCLOS e la Risoluzione 1816 dell’ONU. Loro, i 2 Fucilieri, erano a bordo quale team della Marina Militare, comandati e tutelati da una norma di Legge, operando da navi mercantili ‘’di bandiera italiana’’; non erano quindi né ex-militari, o contractors civili, ma militari in servizio distaccati sulla nave italiana Lexie. La seconda ,critica questione , afferisce la potestà della polizia e delle corti della sub-regione del Kerala che -gli autori correttamente opinano- agiscono impropriamente in nome della giurisdizione dell’Unione dell’India, trattenendo in prigione, personale militare di uno Stato estero, mediante un processo civile. Ma, prima ancora di addentrarsi nel merito della giurisdizione e nei principi del Diritto internazionale, ricordano – correttamente- che esiste un accordo formale di cooperazione ,nel settore della Sicurezza comune e nel consolidamento delle capacità reciproche di Difesa, fra India e Italia, operativo fin dal 3 Febbraio del 2003; pertanto ai marines italiani devono essere riservati quegli stessi trattamenti e relative immunità, su base di reciprocità, spettanti anche a militari indiani che venissero a trovarsi in analoghe situazioni. Il Kerala sta giudicando, in un processo civile, due militari per azioni condotte in difesa del loro territorio ‘’flottante’’; sarebbe come se un soldato indiano comandato a difendere il territorio nel Kashmir, usasse la forza nei confronti di delinquenti e poi venisse giudicato da un tribunale civile e trattenuto in arresto (civile), anziché in custodia presso strutture militari, in contrasto con la sezione 104 del vigente Codice Militare indiano. Le asserzioni del Kerala, poi, appaiono ingiustificate; sia il Primo Rapporto che quelli successivi, stilati dalla polizia e dalla Guardia Costiera, riportano che l’incidente è avvenuto ben al di fuori (oltre le 20 miglia nautiche) del territorio dell’India. La giurisdizione territoriale si estende –come noto- dalla costa fino a 12 miglia; a seguire, e fino alle 24 miglia, ci si trova nella Zona Contigua ed al di là ,fino alle 200 miglia, esiste la Zona Economica Esclusiva indiana: ciò emerge dall’art. 3 della citata UNCLOS a cui entrambi gli Stati, indiano ed italiano hanno formalmente aderito, sottoscrivendone i relativi impegni. E’ pacifico che l’ Indian Penal Code (il codice penale indiano) ha giurisdizione sul solo territorio indiano, così come definito nello stesso; mentre l’IPC va comparato con gli obblighi internazionali che l’India ha ratificato con l’UNCLOS: l’Art. 97 non lascia dubbi in merito al fatto che la giurisdizione penale in caso di incidenti avvenuti fuori dalle acque territoriali, nel cosiddetto Alto Mare, è dello ‘’stato di bandiera’’ della nave interessata. Di più, viene precisato che la nave non può essere sequestrata o il personale arrestato neppure qualora siano in corso investigazioni, che possono essere disposte solamente dallo ‘’Stato di bandiera’’. Attendiamo il responso della Corte di New Delhi sul fatto che Corti civili indiane possano avere la giurisdizione su casi del genere, tenendo di conto dei vitali interessi nel combattere la piaga della pirateria da parte dell’India: c’è bisogno di avere una decisione che sia ragionevole e legittima e, soprattutto, in linea con le norme internazionali. Già il Sostituto Procuratore Generale Raval si era espresso sostenendo che nessuna Corte indiana, né tantomeno quella del Kerala aveva diritto a processare i 2 Fucilieri italiani,ma non a caso lo stesso fu defenestrato dopo pochi giorni da quella sua dichiarazione. Ora è imperativo che la Corte Suprema si pronunci senza ambiguità: ne và della reputazione dell’India e del suo riconoscimento internazionale che non può essere minato da una decisione partigiana e, comunque , illegittima! Ma, a ben vedere, un responso viziato sarebbe anche una delegittimazione delle nostre Istituzioni, del nostro Stato di cui sono parte integrante e fedeli servitori i nostri fieri Fucilieri del San Marco, e dal quale Stato sono stati comandati a compiere una missione: se dovessero aver sbagliato,( cosa che non credo nel modo più assoluto), lo ‘’Stato di bandiera’’ e la sua magistratura dovrebbero processarli, non altri: sarebbe altrimenti anche una sconfitta del nostro potere giudiziario che si vede prevaricare da un altro, estero, incompetente ma pervicace nella sua protervia. La strategia processuale italiana, nel fatidico giorno del 26 luglio, dovrebbe far propri questi concetti espressi da ‘’saggi Indiani’’e puntare in maniera determinata sulla questione ‘’formale’’ che prevede la giurisdizione dello ‘’stato di bandiera’’ ai sensi del Diritto Internazionale e della Convenzione di Montego Bay; dovrebbe,poi, battersi affinchè prevalga il ‘’primato’’ del Diritto Internazionale su qualunque norma interna ancorchè in contrasto; infine, denunciare la illegittimità del comportamento delle Autorità indiane per aver sequestrato Organi –i 2 marò-e beni-armi ,di uno Stato sovrano; in particolare i Fucilieri hanno l’immunità funzionale e debbono essere rilasciati subito. Se tutto ciò si rivelasse insufficiente allora, visto il conflitto di giurisdizione a fronte del fatto che sia in Italia che in India esistono procedimenti giudiziari aperti per i medesimi fatti,( per la verità da noi, più correttamente, presso la magistratura Militare) si dovrà denunciare (non solo parlarne ai meeting degli Esteri, che lascia il tempo che trova!) la questione portandola al giudizio dell’organo competente dell’ONU (la Corte Internazionale di Giustizia, o, in alternativa –sempre all’ONU- al Tribunale internazionale del Diritto del Mare) per dirimere la controversia del caso.
Pertanto le decisioni della Corte Suprema, del 26 luglio, sono di importanza fondamentale per i nostri 2 Marò, e lo sono anche per tutti noi: si auspica che il nostro ricorso sia incisivo, e che la nostra strategia sia chiara e determinata. E lì , almeno in quella sede,dobbiamo far sentire la nostra voce,alta! Avendo a riferimento una massima dell’Ammiraglio Da Zara, eroe della 2^ Guerra Mondiale, uomo e marinaio di grandi ed irremovibili principi che, per garantire l’Onore proprio e della Nazione , di fronte ai soprusi ed abusi indiani, avrebbe controbattuto -come soleva fare- con etica ammirevole, coraggio e dignità la insopportabile protervia indiana : ‘’ad un Marinaio, un Marinaio e mezzo’’!
Giuseppe Lertora