La pirateria dal Mediterraneo all’ oceano indiano: il caso dei 2 fucilieri di Marina.
La nefanda storia della pirateria si snoda in duemila anni di marittimità, da Roma imperiale, attraverso le gloriose Repubbliche Marinare, fino alla sua codificazione e condanna sul piano internazionale con la Convenzione di Montego Bay ,del 1982. Nella Storia del Mediterraneo, il concetto giuridico di “libertà dei mari” incominciò a farsi strada soltanto in prossimità della scissione (395 d.c.) e della caduta dell’Impero Romano; prima di allora – di fatto – non aveva ragione di esistere poiché le questioni di diritto erano assorbite da un contenzioso marginale . La stessa concezione dell’ imperio marittimo di Roma avvenne con processi spontanei, fino a quando con la definizione di “Mare Nostrum”, i Romani vollero significare che del Mediterraneo erano divenuti signori assoluti; quasi come si trattasse di un lago di loro proprietà contornato da terre su cui esercitavano la sovranità: in altri termini chi aveva la padronanza del mare in una determinata fase storica, non aveva certo bisogno di riconoscimenti formali o di natura giuridica. Tracce di alcuni concetti relativi alla libertà dei mari si rinvengono nel Diritto Romano che comprendeva anche il Diritto Marittimo,dopo che Roma divenne ‘’imperiale’’,soprattutto per contrastare la sola minaccia allora esistente contro la libertà di navigazione, costituita dalla pirateria. Non bastò certo proclamare il libero uso del mare ma, per proteggere i propri traffici commerciali con i vari porti e colonie, e garantire la sicurezza strategica dell’Impero, i Romani combatterono la pirateria in modo energico e massiccio con gravi provvedimenti: Pompeo Magno, nel 69 a.c., fu investito di poteri straordinari, quale ‘’Navarca’’, una sorta di Imperatore del mare che, con una efficace ed ingente flotta di oltre 1.000 navi e 120.000 armati, dopo lotte furibonde, riuscì ad annientare i pirati e liberare il Mediterraneo da tale piaga che stava mettendo in ginocchio la stessa economia dell’ Impero. Un paio di millenni dopo assistiamo, pur in un ormai ben codificato “Diritto del Mare”, alla rinascita dello stesso deprecabile fenomeno piratesco, seppure nelle aree più estese del c.d. “Mediterraneo Allargato”, che interferisce comunque sul libero uso del mare e sulle linee di comunicazione commerciali: ora il Diritto Internazionale prevede di poter perseguire la pirateria, quale crimine internazionale e delle genti, così come il nostro ordinamento lo sanziona penalmente. Forse ci vorrebbe anche oggi un moderno “Navarca”, con una relativa grande autorità dello Stato e cospicua disponibilità di unità navali: magari non avremo stroncato il fenomeno, ma almeno scoraggiato alcuni mariuoli del mare, relegando la paura degli equipaggi a qualcosa di remoto e di eccezionale, e riportando la legalità e la libertà nel campo marittimo. Importante anche il ruolo storico delle quattro Repubbliche marinare che si intreccia, atteso l’ avvio dell’espansione europea verso Oriente, con il controllo delle rotte mediterranee strappando ai musulmani la supremazia navale: tutte combatterono anche ferocemente i pirati che, spesso, insieme alla flotta dei Mori, intralciavano le rotte ed i commerci in tutto il Mediterraneo. Anche nel periodo delle Crociate, accanto alle esigenze di sgombrare il Mare dai pirati, si incrociavano gli ideali religiosi per la liberazione delle Terre Sacre dagli infedeli e dai “mariuoli” che scorrazzavano per il Mare. La Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), firmata a Montego Bay nel 1982, dopo una articolata gestazione decennale, è un trattato internazionale che stabilisce i diritti ed i doveri degli Stati nell’utilizzo dei mari e degli oceani, e ridefinisce le diverse aree territoriali e dell’ altomare; amplia le TTW (Territorial Waters) a 12 miglia, stabilisce la ZEE (Zona Economica Esclusiva), e le acque internazionali non sono più “terre di nessuno”.
La Convenzione innova rispetto alle precedenti, nel campo del transito inoffensivo, della piattaforma continentale, della protezione dell’ambiente marino, dello sfruttamento delle risorse sommerse e, soprattutto, ribadisce il “Principio della Libertà dei Mari” nella parte relativa al regime dell’altomare: una nave è soggetta, in altomare, alla esclusiva giurisdizione dello Stato di Bandiera ma , si ribadisce che, anche nessuno Stato ha il diritto di interferire in tempo di pace con una nave di altra bandiera che navighi in altomare a meno di poter esercitare il diritto di visita o di inseguimento, ove previsti, in caso di gravi sospetti (come la pirateria).
Dal 2005 la Marina Italiana, con una iniziativa antesignana, e dopo i primi attacchi di pirati contro i mercantili “Jolly Rubino” e la “Citta’ di Milano”, sorveglia le acque del Bacino Somalo in attività di assistenza e di protezione del traffico mercantile nazionale contro la pirateria, mediante uno stretto coordinamento con Confitarma, attraverso la nostra Guardia Costiera. Tale attività criminosa, negli ultimi anni, ha dimostrato una rinascita preoccupante, lesiva della stessa Libertà di navigazione, mettendo a repentaglio gli equipaggi che solcano quelle rotte per rifornire i paesi occidentali delle materie prime necessarie, prima fra tutte il petrolio. Un onere particolarmente pesante graverà sulle Marine, soprattutto sulla nostra – erede delle 4 gloriose Repubbliche Marinare, simboleggiate nell’ araldica della Bandiera della Marina Militare – per garantire la Sicurezza e la libertà delle rotte principali a tutela degli interessi del Paese. Certi che la Marina continuerà a svolgere efficacemente tali compiti, silenziosamente, sia con le Navi nelle diverse Alleanze, che con la protezione diretta degli equipaggi, imbarcando Nuclei di Protezione Militari sulle navi mercantili nei bacini più critici.
Il riferimento concettuale e formale nel contrasto alla pirateria resta la UNCLOS di Montego Bay, oggi di particolare attualità, in considerazione della vicenda dei 2 Fucilieri del San Marco, sequestrati e prigionieri nella regione indiana del Kerala,vittime di un ingarbugliato caso pieno di inganni e di ‘’piraterie’’.
E con evidenti sconsideratezze del Diritto Internazionale, dettato proprio dalla richiamata UNCLOS, e di reiterati abusi indiani . Non va dimenticato che i 2 marò erano a bordo della ‘’Enrica Lexie’’, impegnati in una missione internazionale di antipirateria, alla quale l’India è interessata almeno quanto l’Italia per garantire la libertà di navigazione e proteggere i nostri equipaggi della flotta mercantile; non certo loro si trovavano lì per motivi ludici o per turismo! Da quel 15 febbraio, abbiamo abdicato – volenti o nolenti – alla nostra sovranità nazionale, nicchiando acchè gli indiani rispettassero le norme del Diritto Internazionale che prevedono il giudizio dei 2 Fucilieri di Marina da parte dello Stato di ‘’bandiera’’, cioè l’Italia. Da quel giorno colpi di scena incredibili; fra gli ultimi la colpevolezza diramata dai media indiani, per la presunta e palesemente falsa ‘’compatibilità’’ dei bossoli trovati, con le armi dell San Marco. A parte le ovvie incongruenze sulle posizioni relative, sui tempi dell’ incidente, sul fatto che la nave – comunque – si trovasse in acque internazionali, a circa 30 miglia dalle coste indiane, mentre ora – in ultimo – la Corte indiana vuole estendere la sua giurisdizione a 200 miglia(!!), nella ZEE (Zona Economica Esclusiva), la tragicommedia continua, dopo oltre 3 mesi, con la sceneggiata delle perizie e del Diritto di parte. Perizie confuse e fatte con premeditazione strumentale; una perizia professionale condivisa e confrontata con i proiettili rinvenuti, avrebbe dovuto individuare le armi che hanno sparato quei colpi;non basta certo il calibro, la rigatura, la tipologia dell’ arma ed una presunta “compatibilità”: l’arma del delitto deve essere “unica” ed ha una “targa propria”, non una appartenenza ad una categoria, che non significa nulla, balisticamente. Poi la negata partecipazione attiva dei Carabinieri periti balistici, “puzza di zolfo”; non si possono certo avallare siffatte perizie dilettantesche e partigiane, finchè non ci sarà una nostra controperizia. Forse non bisogna “disturbare” gli indiani, né interferire con le loro perizie, e neppure mostrare i famosi “nastrini gialli” per esternare la nostra vicinanza ed il nostro disagio: ma la policy “silente” ed ondivaga non paga.
Peraltro le idee per risolvere la questione ci sono e sono state “suggerite”, così come le relative azioni; in sintesi:
1. pretendere il rispetto della nostra giurisdizione – di bandiera – nel giudicarli (o al limite un giudizio super partes della Corte Internazionale di Giustizia o di un Tribunale terzo,esterno e neutro);
2. denunciare gli indiani alle NU con una urgente mozione per “gross violations” contro il Diritto Internazionale;
3. far leva diretta e pesante sull’UE e sugli USA visti gli interessi globali in gioco nella lotta alla pirateria, e non solo;
4. fare dura opposizione per ambito seggio permanente dell’India all’ONU;
5.prevedere ritiro Unità Navali dalle missioni antipirateria UE “Atalanta” e NATO, operanti in Oceano Indiano, e – quindi – preannunciare una riduzione dei contingenti italiani nelle varie Alleanze, anche in Afghanistan.
Forse non basterà, ma almeno esprimiamo con forza e coraggio la nostra volontà! Dobbiamo essere orgogliosi di loro mostrando, con un po’ di dignità e di identità nazionale, i “nastrini gialli” sia nei Palazzi Istituzionali (Prefetture, Province, Comuni, Authority, ecc) che nei propri abiti; tuttavia nessuno manifesta, i media canonici o tali riconosciuti tacciono, i girotondini sono scomparsi e le squadre di calcio che, avrebbero potuto, come in altre occasioni – per liberare gli “ostaggi” – mostrare striscioni e magliette del tipo “Liberate Max e Salva’’, sono rimasti invece in “silenzio”!
Ora più che mai è necessario supportare i nostri 2 Fucilieri, e mostrare loro la nostra vicinanza; sono organi e figli di questo Stato, della Marina, che meritano tutta la nostra stima e rispetto. Speravamo che il Diritto Internazionale e la Legge del Mare primeggiassero su usi, abusi e ambizioni locali indiani, ma invano. Speravamo che i 2 Fucilieri rientrassero in Patria, ma purtroppo restano in India – seppure recentemente sia stata loro concessa la libertà vigilata – con gravi capi d’accusa in attesa di un pericoloso verdetto. E tutti noi siamo costretti ad assistere – ancora e supinamente – al deprecabile e incivile “palleggio” fra le Corti di Delhi e del Kerala sulla sorte dei nostri 2 Marò, e sull’applicazione della (nostra) giurisdizione : almeno dimostriamo che siamo con loro – col San Marco – indossando , con coraggio ed orgoglio, il “nastrino giallo”, senza se e senza ma, con la speranza che la Giustizia ed il Diritto prevalgano.
Amm. Giuseppe Lertora