L’epistola, lettera di alto stile,  sottoscritta dai 2 Fucilieri  -Capo Latorre  e  2°Capo Girone- in occasione della Festa della Marina  a Venezia, indirizzata a tutta la famiglia marinara, è piena di palesi ma anche di reconditi significati di grandissimo pregio e valore.  Il senso di una disciplina interiorizzata, la  encomiabile e comprensibile volontà di essere partecipi della solenne ricorrenza, l’attaccamento alla famiglia marinara, lo spirito di sopportazione degli infausti eventi, la riconoscenza  corale  verso chi li supporta, e la speranza –o un grande auspicio- di tornare in Italia fra i colleghi del Reggimento, sono del tutto manifesti. Ma non solo questo; tra ‘’le righe’’ emergono  diversi aspetti che debbono essere onestamente  valorizzati, senza  per questo ricercare forzosamente significati teleologici per ogni frase scritta.  Primo: la difficile situazione coinvolge non solo loro, ‘’bensì anche la dignità della nostra Repubblica democratica e sovrana’’, cioè  ad intendere che non si tratta di un affare privato; loro sono militari di uno Stato, comandati a fare il proprio dovere, ed ogni abuso  nei loro confronti ‘’coinvolge’’ anche la dignità e la sovranità del nostro Paese. Come a  voler significare  che la dignità individuale coincide con quella dello Stato italiano, non calpestabile, e che, quindi, bisogna tenere alta la bandiera per non abdicare alla sovranità nazionale, ovvero all’onore.

Secondo: calorosi ‘’ringraziamenti alle Associazioni d’Arma, ecc, per il supporto e la vicinanza’’; certo  hanno ringraziato con stile e con  garbo il ‘’popolo italiano’’, ma non potevano esplicitamente riconoscere che i media tacciono, le giunte –e non solo quelle capitoline -hanno fatto gazzarre per le famose T-shirt , per l’esposizione dei poster sui palazzi comunali, dei nastrini gialli; i calciatori non hanno esposto le maglie con la loro effige, i girotondini sono scomparsi,ecc.

Terzo: riconoscimento ‘’del forte  ed assiduo impegno delle Autorità…per la risoluzione di questa vicenda che mette in difficoltà due grandi paesi fautori della pace nel mondo’’; qui il messaggio subliminale è : grazie, ma vi preghiamo di fare di più per tirarci fuori da questa incresciosa situazione e per risolvere  questa vicenda con l’India che, per non irritarla, conviene dire che opera per la pace nel mondo (in effetti l’India non và molto per il sottile  e non promuove proprio la pace nei confronti del Pakistan, del Bangladesh, dello Sri Lanka, dell’Afghanistan, della Cina ecc, ed anche nella lotta alla pirateria affonda a cannonate i presunti pirati, per tacere del (ir)-rispetto del Diritto internazionale!). Ad ogni buon conto, la lettera  meritava di essere valorizzata, quale accorata e rispettabile allocuzione dei nostri 2 Marò, in quella piazza San Marco per rendere la loro presenza e partecipazione ancora più viva e palpabile; forse avrebbe meritato un ruolo d’onore anche nella sequenza degli interventi, se del caso al posto di quello iniziale dell’Associazione ex-morosiniani  che,  per la quasi totalità, non  sono neppure militari. Certamente la goliardia può essere simpatica, ma una ricorrenza Istituzionale solenne e formale  richiede  certe presenze  titolari  ed attori che ,comunque, non sono di parte ma debbono coinvolgere l’intera Forza Armata nella sua essenza .  A ben vedere i 2 Fucilieri sono stati-finalmente ed in una cornice fantastica-  ben ricordati nelle allocuzioni delle varie Autorità intervenute e , quasi tutti, indossavano le ‘’coccarde gialle’’,ma loro meritavano un posto d’onore, a nessuno secondo: il proscenio di Piazza San Marco ai Leoni  che, storicamente, l’hanno sempre difesa  immolandosi per la libertà di Venezia.    Come Comandante in Capo della Squadra Navale pro-tempore ho avuto la fortuna di conoscere molto bene gli uomini della Forza da Sbarco e, prima ancora, del Reggimento San Marco, con i suoi valori, la solidità professionale dei suoi uomini ed il loro coraggio. Ed i risultati operativi straordinari riscossi in tutte le missioni ‘’reali’’a cui hanno partecipato, da quelle in Libano oltre 30 anni fa, a quelle più ravvicinate in Iraq, in Afghanistan, di nuovo in Libano nel 2006, e via dicendo. Validità indiscutibile e professionalità dimostrate in quei settori ‘’ibridi’’,ma molto impegnativi, che raccordano i confini fra il mare e la terraferma, in cui la Forza Anfibia – il San Marco- è l’ elemento  operativo di continuità in grado di esprimere capacità uniche di ‘’proiezione’’ di  forze dal mare. Ma anche  il vitale apporto sulle Unità Navali nell’ambito di quei ‘’teams’’ , costituiti da decenni per garantire i controlli di sicurezza dei nostri bastimenti, impiegati nelle più diverse missioni, dall’antipirateria, all’anti-terrorismo marittimo, alle situazioni di crisi. E con una professionalità che non ha pari, perché non ha eguali il loro addestramento continuo ed intenso, il mantenimento del loro condizionamento fisico  e la loro efficacia operativa. Il loro equilibrio e  professionalità sono stati esemplari e, pur nelle avversità  che hanno dovuto subire in questi  4 mesi, i 2 Fucilieri confermano le  belle tradizioni  del San Marco,  la loro  fiera etica comportamentale  non disgiunta  da quella  professionalità che consente  loro di operare con la stessa operatività ‘’in terra ed in mare’’, con modestia ed in silenzio, in linea con il loro motto. Dopo quel nefando 15 febbraio proprio il loro comportamento, l’etica di una profonda responsabilità, ed infine le parole usate nella missiva dimostrano senza equivoci  ‘’la pasta’’ di cui sono fatti; anche chi ignorava il San Marco, ora conosce  meglio i suoi uomini ed i suoi valori, il loro coraggio e la loro tenacia, pur derivando da una situazione assai disagevole e disgraziata. Ammirazione espressa a (quasi)  tutti i livelli, seppure inizialmente timida e forse tardiva, che doveva invece essere accompagnata da azioni ferme, determinate, statuali (come da loro implicitamente affermato nella lettera) fin dalle origini, in quanto Organi di uno Stato, del nostro Stato ed appartenenti ai ranghi del San Marco e della Marina e, come tali, inviati e comandati ad assolvere una missione per conto dell’Italia. La Festa della Marina è stata –comunque- una grande dimostrazione di solidarietà nei loro confronti; in Piazza San Marco aleggiava una atmosfera particolare: tutti mostravano i nastrini gialli, esternando un sentimento nobile, ma soprattutto doveroso sia da parte della ‘’famiglia marinara’’ destinataria della missiva, sia da parte delle persone perbene presenti. Sono riusciti, non con le parole, ma con il loro comportamento, a farci sentire orgogliosi; il loro tratto,la fierezza nel mostrare la divisa, la loro compostezza hanno risvegliato un sentimento di Patria negli italiani, ormai obsoleto ed annebbiato. Con una semplice lettera hanno fatto scattare un orgoglio nazionale troppo a lungo sopito, senza esternazioni  che loro non possono, né debbono fare in quanto militari; ma qualcun altro  può ‘’leggere fra le righe’’ e deve far propri  gli appelli, assumendosi  l’onere di battersi tenacemente per la corretta interpretazione del Diritto Internazionale, della loro immunità funzionale, della giurisdizione che è  italiana: ne và della Dignità della ‘’nostra Repubblica sovrana’’!   Senza demordere, in seconda battuta, anche su eventuali conflittualità fra norme giuridiche nazionali e quelle internazionali:  pretendere che queste ultime  abbiano il ‘’primato’’ su quelle indiane-locali, senza tentennamenti. L’India finora non ha dimostrato di essere un esempio in termini di ‘’civiltà’’ giuridica  e paese fautore della pace; operando con sotterfugi ed abusi dei Diritti fondamentali non ha  alcun titolo di far parte della comunità internazionale, pontificando eresie  e miscredenze contro Stati democratici come l’Italia, rispettosi invece del Diritto autentico e globalmente riconosciuto. E , in ultimo,  emerge  una spiritualità  encomiabile  ed una fede umanamente apprezzabile,  evidenziate dalle loro preghiere; l’importante che non finiscano con atti di dolore  per chiedere’’il perdono’’,perché sarebbe anacronistico : loro sono innocenti e, comunque, non sta né al giudizio indiano, né a quello ‘’celeste’’ intercedere per la loro inesistente colpevolezza terrena.  ‘’Max e Salva’’ hanno adempiuto con coraggio, dignità, professionalità ed onore alla missione ordinata, ed ora si ritrovano –loro malgrado-  ostaggi in suolo indiano;  hanno fatto il loro dovere : ora è dovere di noi tutti, delle Istituzioni, porre in atto tutte le azioni  possibili (e anche quelle valutate  poco praticabili..) per riportarli a casa, per riabbracciare gli amici,fra i ranghi del San Marco!

Amm. Giuseppe Lertora