Finalmente per Bruno Pelizzari e Deborah Calitz è finito un incubo durato  circa 20 mesi.

Si tratta di due  turisti che navigavano in solitario nell’Oceano Indiano a bordo di uno Yacht  preso a nolo con uno skipper, lo ‘SY CHOIZIL’,  e che sono stati arrembati e catturati dai  pirati somali.

I due ‘velisti-turisti’,  entrambi di Durban, quindi sudafricani, anche se Bruno Pelizzari ha doppia  cittadinanza essendo di origine italiana, in Italai risiede la madre, vennero presi il 26 ottobre del 2010  al largo della costa della Tanzania. Al momento della cattura a bordo dello  yacht sudafricano vi erano tre persone.

Oltre al  Pelizzari e alla Calitz anche lo skipper inglese, Peter Eldridge.

Quest’ultimo,  nel corso del dirottamento, riuscì a scappare. Eldridge venne poi, recuperato  da una nave da guerra francese, la ‘FS Floreal’ della forza navale europea, che  seguiva a breve distanza lo Yacht sequestrato.

Di Bruno e di Debbie non si sono più avute notizie certe per mesi anche se per cercare di riportarli  a casa era impegnata la sorella Vera che ha dato vita ad una campagna si  sensibilizzazione in Sudafrica per raccogliere i soldi chiesti dai pirati  somali per il loro rilascio.

Anche gli altri familiari e tutti  gli amici in questi lunghi 20 mesi si sono mobilitati a raccogliere donazioni  pubbliche. Sono anche riusciti anche ad ottenere il certificato di ONG in modo  da sollecitare e dare maggiore fiducia ai donatori.

A sostegno di Pelizzari e della  Calitz è stata creata anche una pagina Web su cui viene spiegata la situazione:
http://sosbrunodebbie.co.za/

I due ostaggi  dovrebbero essere stati tenuti prigionieri in qualche luogo remoto del  territorio somalo in quanto, dopo il sequestro, venero sbarcati a terra e lo  yacht abbandonato.

Più volte i  familiari dei due velisti sudafricani hanno lanciato un appello ai pirati  somali attraverso cui chiedevano ai loro carcerieri di mostrare umanità  rilasciando i loro cari.

A preoccupare  tutti le difficoltà di salute della coppia.

Quando lo scorso  mese di marzo Vera era riuscita finalmente a mettersi in contatto con i pirati  aveva ben chiartto con loro che avrebbe
discusso del loro rilascio solo dopo aver  avuto una nuova prova che erano vivo. A questo scopo aveva inviato una  domanda per ciascuno, per Bruno e  per Debbie,  a cui potevano dare una risposta solo i diretti responsabili. In quella  occasione Vera offri ai pirati una somma pari a 31mila dollari. Era tutto  quello che possedeva. I pirati ovviamente non accettarono.

Purtroppo i  familiari dei due turisti non erano in grado di pagare nessun riscatto e da  sempre hanno sperato  che i pirati somali
si accontentassero di prendere una piccola somma.

Per il rilascio  di Bruno e Debbie la gang del mare, che li tratteneva  in ostaggio aveva  inizialmente però, chiesto  alle loro famiglie in Sudafrica 10 mln di  dollari.

I predoni del mare  in genere preferiscono prede più grandi, petroliere o cargo, per il cui  rilascio chiedono poi, dai 5 ai 10 mln di dollari. Quando però, una ‘battuta’  di caccia si mostra infruttuosa, per ‘recuperare’ almeno le spese, ripiegano  catturando piccole navi a vela da crociera.

In genere per il  rilascio dei ‘velisti-turisti’ catturati le gang del mare somale chiedono circa  400mila dollari a persona.

Purtroppo, nel  caso di Pelizzari e della Calitz, i predoni del mare dopo essersi detti  disponibili, nel marzo scorso, ad accettare 500mila dollari hanno poi, di nuovo  alzato la posta ed avevano chiesto 4 mln di dollari.

Una cifra che era  irraggiungibile per le scarse finanze dei familiari dei due ostaggi sudafricani  che non potevano nemmeno sperare in un aiuto del governo sudafricano.

Le autorità di  Johannesburg come tante altre, almeno ufficialmente si sono sempre dichiarate  non disposte a trattare con i pirati somali ne tantomeno a pagare un riscatto.

Pelizzari è un  ex tecnico di ascensori ed aveva deciso da circa quattro anni di fare questo  viaggio. Per intraprenderlo ha lasciato il lavoro e venduto la casa. La Calitz  invece, era una commessa.

 I due al momento del sequestro erano in viaggio da  quasi due anni. Insieme stavano coronando un loro sogno e per pagarsi il  viaggio si fermavano nei porti della costa africana per visitare i luoghi e anche  per svolgere lavori occasionali.

Evidentemente  alla fine la tenacia di Vera sorella di Bruno ha avuto la meglio e i pirati si  sono accontentati di quello che lei era in grado di offrire. Vera poco tempo fa  mi confidò di avere poco meno di 200mila dollari. Con molta probabilità è più o  meno questa la somma pagata per il rilascio dei due ostaggi.

Di casi come  questi se ne sono registrati tanti negli ultimi anni.

Sono tanti infatti,  gli Yacht che  nell’Oceano Indiano sono  caduti nelle mani dei pirati somali insieme ai loro occupanti.

Quale preda più  facile, per i predoni del mare, che quella di due o più ‘marinai da crociera’  che viaggiano da soli in pieno Oceano Indiano indifesi e senza alcuna  possibilità di sfuggire ad un attacco pirata.

Di questi  ostaggi però, sembra che se ne parli poco. Forse anche perché fanno meno  ‘rumore’ dei lavoratori del mare. Però, essi sono trattati allo stesso modo  come bestie in gabbia e forse anche peggio.

Le persone  coinvolte nel sequestro, anche se hanno ‘sofferto’ per una lunga prigionia,  sono ritornate a casa sane e salve, anche se fortemente segnate dall’esperienza.

Finora solo un altro sequestro di ‘velisti –turisti’ era stato così lungo.

Quello della coppia inglese, Paul e Rachel Chandler catturati e portati via dal  loro yacht il ‘Lynn Rival’ il 23 ottobre del 2009 e rilasciati il 15 novembre  del 2010. La coppia ritornò libera solo dietro al pagamento di un riscatto di  oltre 800mila dollari pagati in due trance di 400mila dollari a fronte di una  richiesta iniziale di 7 mln di dollari.

A volte qualcuno ha anche perso la  vita. Il caso dello Yacht statunitense, SY Quest, con 4 americani a bordo,  tutti uccisi nel fallito tentativo di salvataggio compiuto dalle forze speciali  USA oppure di due  Yacht francesi, il SY  Tanit i cui occupanti vennero salvati dalle forze speciali francesi tranne uno  che morì colpito nel corso del blitz e dello SY TRIBAL KAT a bordo vi era una  coppia francese. Il marito venne ucciso dai pirati che avevano abbordato l’imbarcazione.

Ferdinando  Pelliccia