L’impossibilità di formulazione del parere, da parte del PM titolare delle indagini in materia di estorsione, richiesto dall’ufficio del Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura ai fini della concessione della provvisionale domandata dalla vittima di estorsione non legittima il diniego della provvisionale. E’ questo, in sostanza, il principio ribadito dal TAR Campania, sede di Napoli, sezione I, con la sentenza pubblicata il 1° Giugno 2012 (Pres. Romano; Est. Raiola).

Con tale pronuncia, i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di una vittima che, dopo avere denunciato e, perfino, fatto arrestare gli estorsori (sia pure nell’ambito di altri processi per lo stesso reato), si era vista negare, da parte del Commissario del Governo, la concessione della provvisionale con la motivazione che il P.M. titolare delle indagini, richiesto di esprimere un parere,  aveva più volte affermato di non essere in grado essendo il procedimento in fase di indagini.

Il fatto. Nel 2006, un giovane imprenditore, esasperato dalle continue e puntuali richieste di denaro da parte di alcuni estorsori a tal punto da dovere, per un periodo, cambiare città, denunciò questi ultimi domandando anche l’accesso ai benefici economici previsti dalla normativa di tutela delle vittime di usura ed estorsione (leggi 108/1996 e 44/99). Veniva instaurato un procedimento penale tuttora pendente in fase di indagini. Ciononostante, nel 2007, gli stessi soggetti riprendevano ad avanzare le illecite pretese con minacce che venivano, nuovamente, denunciate dalla vittima a tal punto da determinare l’arresto e la conseguente condanna all’esito di due diversi processi. Malgrado gli accertamenti effettuati su disposizione del Commissario del Governo e della Prefettura avessero confermato il danno patrimoniale patito dalla vittima consistito, soprattutto, nel calo del fatturato, nel 2009, tuttavia, il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura emetteva un decreto di rigetto della somma richiesta a titolo di provvisionale.

Tale provvedimento era fondato, principalmente, su una circostanza: l’art. 17, quarto comma, l. 44/99, prevederebbe, ai fini della concessione della provvisionale, il parere del P.M. titolare delle indagini. Nel caso di specie, il P.M. aveva, più di una volta, dichiarato di non essere in grado di esprimere un parere essendo, il procedimento, in fase di indagini.

Avverso tale decreto, nel dicembre 2009, la vittima, difesa dall’avv. Roberto Di Napoli, del foro di Roma, che, da anni, difende imprenditori vittime di usura ed estorsione (soprattutto bancaria), propone ricorso al TAR Campania nel cui giudizio il Commissario del Governo si costituisce con la difesa dell’Avvocatura dello Stato. Motivo dell’impugnazione, principalmente, l’errata e paradossale interpretazione data alla norma di cui all’art. 17, quarto comma, l. 44/99. Il P.M. non aveva formulato un parere (né positivo né negativo), bensì, aveva dichiarato di non essere in grado di esprimersi essendo il processo in fase di indagini. Pur a prescindere da tale ultima circostanza, tale affermazione (ripetuta più volte a distanza di mesi) equivaleva, secondo la difesa della vittima, a un “non parere”, ragion per cui l’iter volto alla concessione della provvisionale doveva procedere in ossequio a quanto previsto dalla stessa disposizione (che sancisce che, nel caso in cui il P.M. non si pronunci entro 30 giorni, il procedimento deve proseguire).

La decisione. Con la sentenza emessa il 1° Giugno 2012, i giudici amministrativi hanno accolto la tesi difensiva del ricorrente riconoscendo, in effetti, che la norma di cui all’art. 17, quarto comma, l. 44/99 non prevede un “parere favorevole” da parte del P.M. bensì che debba, esclusivamente, essere sentito. “La mancata espressione del parere sollecitato dall’autorità procedente, diversamente da quanto opinato da quest’ultima, non è di per sé preclusiva della concessione del beneficio, rispetto alla quale l’autorità deve comunque determinarsi, tanto più che proprio l’ultima parte del quarto comma dell’art. 17 prescrive espressamente che << il procedimento relativo alla concessione della provvisionale prosegue comunque nel caso in cui il pubblico ministero non esprima il parere nel termine suddetto ovvero nel caso in cui il pubblico ministero comunichi che all’espressione del parere osta il segreto relativo alle indagini>> (…)”. I giudici amministrativi hanno, pertanto, annullato il provvedimento di diniego condannando l’amministrazione anche alle spese di giudizio. Un principio importante, dunque, quello ricordato dai giudici amministrativi “soprattutto se si considera il diritto-dovere civico di denunciare l’usuraio o l’estorsore ma, al tempo stesso, la durata dei procedimenti penali o civili. Si è già verificato troppe volte” -ricorda l’avvocato Roberto Di Napoli, che è anche autore di pubblicazioni giuridiche in materia (è stato lui a suggerire, anni fa, con una petizione, vari emendamenti al disegno di legge di modifica della normativa sui benefici alle vittime, di cui alcuni, recepiti dall’on. Bernardini, sono stati approvati e inseriti in una legge dello scorso Gennaio, in particolare la l. n. 3/2012)- “che l’estorsore sia più veloce dello Stato e che, finchè si arrivi all’esito dei giudizi, il delinquente sia libero e felice, mentre, invece, la vittima che ha colto l’invito a denunciare confidando nella giustizia e nello Stato, abbia, invece, subito la distruzione dell’impresa o altri pregiudizi anche di carattere non patrimoniale. E’ evidente che tale paradosso non sarebbe compatibile con uno Stato di diritto. Ora spero che l’ufficio del Commissario Straordinario rispetti la sentenza. Non posso, però, da cittadino oltre che da difensore, nascondere la mia personale amarezza nel constatare che troppe volte le vittime si sono dovute rivolgere ai giudici amministrativi per ottenere -spesso, dopo anni- ciò che un’apposita (e costosa) struttura dovrebbe assicurare con celerità.”   Ecco la sentenza  sent Tar Campania giugno 12

Daniela Russo