“Non è certo mio compito sostituirmi alla magistratura. Posso dire solo con certezza che i colpevoli della strage del 2 agosto 1980 non sono quelli condannati e non capisco perché a più di trent’anni dall’eccidio sia toccato a me, durante la stesura di un libro sull’argomento, portare alla luce quante e quali stranezze e coincidenze ci siano in merito alla vicenda”.

Lo dichiara l’on. Enzo Raisi, responsabile nazionale promozione e immagine di Fli, nel corso di una conferenza stampa a Bologna, questa mattina, in merito alle nuove indagini relative alla strage del 2 agosto e aggiunge: “Premesso che la vicenda cui mi riferisco appare molto delicata ed è assolutamente lungi da me qualsiasi tipo di illazione, l’episodio che mi ha portato ad andare a fondo sulla figura di Mauro di Vittorio – l’ultima delle 85 vittime a venire identificata, a ben dieci giorni di distanza dalla strage  – è motivato in primis da un racconto relativo alla visita all’obitorio, qualche giorno dopo l’esplosione. Si tratta di due persone rimaste tuttora sconosciute, ossia un uomo dalle sembianze mediorientali e una ragazza che, giunti proprio di fronte alla salma di Di Vittorio, si fermarono intimoriti e quindi scapparono per evitare che il primario e il maresciallo presenti sul posto riuscissero a raggiungerli per identificarli”.

“Questo episodio- prosegue Raisi- che mi è stato confermato da ben tre fonti diverse e che sarebbero pronte a testimoniare, mi ha incuriosito. Andando a leggere le carte e il profilo di Mauro Di Vittorio pubblicato sul sito dell’Associazione dei familiari delle vittime, mi sono reso conto di ulteriori stranezze. Nel sito si parla di un ‘diario- quaderno’, ritrovato tra i detriti della stazione, di cui non c’è traccia in nessuno dei verbali degli  atti ufficiali concernenti gli oggetti ritrovati tra le macerie concentrate ai Prati di Caprara, e in tali atti neppure è mai menzionato il ritrovamento della carta d’identità di Mauro Di Vittorio. Questo è argomento di una mia interpellanza urgente cui avrò risposta giovedì dal Ministro”.

 

Dopodiché – ancora il deputato di Fli – secondo quanto viene riportato in un’intervista di Anna di Vittorio, sorella maggiore della vittima, nel libro di Giovanni Fasanella e Antonella Grippo “I silenzi degli innocenti” (ed. Bur, 2006), già  il 6 agosto  i familiari avrebbero ricevuto una “strana” telefonata da Bologna di cui non è dato ancora oggi conoscere l’autore. Attraverso questa telefonata misteriosa, la famiglia di Mauro Di Vittorio sarebbe stata informata dell’avvenuto rinvenimento del documento d’identità del ragazzo sin dalla predetta data del 6 agosto. Ciò nonostante, ai giornali si continuò a riferire sino al 12 agosto che l’ultimo cadavere giacente in obitorio restava sconosciuto agli inquirenti”.

 

“L’11 agosto- precisa Raisi- fu proprio la sorella di Mauro Di Vittorio, insospettita dalla “strana” telefonata, a chiamare spontaneamente l’obitorio di Bologna per farsi descrivere l’ultimo cadavere rimasto senza nome e decise poi, sempre spontaneamente, di raggiungere nella stessa serata dell’11 agosto la città felsinea dove il giorno successivo arrivò anche la madre. Fu proprio quest’ultima, alle 12 del 12 agosto, a riconoscere finalmente la salma”.

 

 

“Mi chiedo quindi – prosegue Raisi – come mai se il documento è stato ritrovato, come sembra, tra il 2 e il 6 agosto, il cadavere di Di Vittorio venne lasciato dalle autorità  senza nome sino alla mattina del 12 agosto quando ormai, in prossimità del ferragosto, la pista nera veniva ormai indicata come l’unica percorribile, e perché il documento non venne messo in relazione alla salma subito dopo il ritrovamento, considerato che l’autopsia parla di un morto con età e altezza coincidenti in pieno con quanto riportato nella carta d’identità del giovane”.

 

“Peraltro- segnala il deputato di Fli – persino i familiari ignoravano la presenza del ragazzo a Bologna il giorno dell’esplosione, credendolo invece a Londra. Esisteva infatti un solo testimone, un non meglio identificato Peppe, in grado di confermare gli spostamenti effettuati da Mauro Di Vittorio nel periodo antecedente il 2 agosto.  Ma Peppe morì in circostanze misteriose prim’ancora che i familiari di Mauro Di Vittorio, comprensibilmente interessati a fare chiarezza sui movimenti del loro familiare nei giorni prima dell’esplosione, ci riuscissero a parlare ”.

“Altra stranezza – continua Raisi – riguarda il fatto che non si sia mai indagato su Di Vittorio, nonostante la sua appartenenza all’area di Roma sud dell’Autonomia Operaia. Organizzazione quest’ultima che – come tiene a scrivere Daniele Pifano nel libro “Autonomi” (ed. Derive&Approdi, 2007) – collaborava in maniera stabile con il Fplp palestinese sin dal 1972, anno in cui  fu organizzato il sanguinoso attentato all’aeroporto di Lod. Ricordo che Pifano fu condannato insieme al giordano Saleh per la vicenda dei missili del FPLP sequestrati ad Ortona in violazione del cosiddetto lodo Moro. Aggiungo, inoltre, che nella prima sentenza resa dalla Corte d’Assise di Bologna sull’eccidio alla stazione (quella del 1988) si legge che durante le indagini gli inquirenti verificarono rigorosamente le posizioni di tutte le 85 vittime dell’esplosione, ricavandone la certezza che nessuna di esse potesse offrire il benché minimo motivo di sospetto”.

“Ribadendo – conclude Raisi – che stiamo parlando di una vittima e che quindi l’argomento è delicatissimo, mi domando perché non si sia mai andati a fondo sulla figura di Mauro Di Vittorio, non fosse altro perché al momento dell’esplosione, secondo le perizie agli atti ed in virtù dei danni subiti, il giovane era certamente una delle tre persone presenti alla stazione di Bologna che si trovavano più vicino alla bomba”.