Gli appelli, anche quelli lanciati direttamente dai 2 Fucilieri del San Marco, con la lettera aperta inviata alla famiglia marinara, in occasione della Festa della Marina non hanno avuto alcun  seguito e la situazione non brilla certo per un minimo di dinamismo nostrano, tutt’altro. Per fortuna  ci sono gli indiani che, pur  mossi da diversi motivi, stanno ora dimostrando più interesse per la sorte dei nostri 2 militari: noi, sottovoce, diciamo che li vogliamo in Italia in ogni ricorrenza, ma poi tutto finisce lì e l’inanità continua a prevalere sulla ragione e sul coraggio di agire. Eppure le idee sono state ‘’suggerite’’ e pure con proposte concrete, ma tutto sembra tacere sotto un inutile ‘’massimo riserbo’’ diplomatico che, finora, ha prodotto un’unico risultato : i 2 Fucilieri sono prigionieri in India da oltre 5 mesi, in attesa di giudizio (improprio) da parte delle varie corti indiane. Per fortuna che alcuni esperti indiani si sono espressi, recentemente sul quotidiano ‘’The Hindu’’,in netta controtendenza  prendendo nettamente le difese dell’Italia,e condannando l’operato delle autorità indiane. “I due imputati – ricordano gli Autori – non erano nè ex militari nè contractors ma marò distaccati sulla nave italiana Enrica Lexie”. Ciò sotto l’egida della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), sottoscritta da 162 Paesi, fra cui Roma e New Delhi. Lo Stato del Kerala ha invece deciso di processare “due militari in servizio per atti compiuti in difesa del loro territorio”, proseguono gli analisti; inoltre l’incidente è avvenuto “al di fuori del territorio indiano”, cioè ben oltre le acque territoriali delle 12 miglia, come si legge nello stesso fascicolo d’indagine. A loro giudizio, dunque, in questa complessa vicenda l’India deve rispettare i suoi obblighi internazionali derivanti dall’Unclos, in base a cui “i tribunali italiani hanno unica ed esclusiva giurisdizione sulla questione” e l’Italia, nel caso specifico ha ‘’ragioni da vendere’’. Ecco perchè i due esperti si appellano alla Corte Suprema Indiana, ora investita del caso, chiedendo di fare chiarezza. Occorre una decisione “senza ambiguità”, concludono, altrimenti “la reputazione dell’India come Paese rispettoso del Diritto internazionale rischia di essere minata” con gravi ripercussioni nel rispetto dei Trattati sul piano internazionale e, non ultimo, anche sul piano economico per la grande importanza che la lotta alla pirateria riveste nei traffici marittimi per il loro progresso quale paese emergente. Dall’Italia si mobilitano, per fortuna, anche gli indiani che risiedono da noi e firmano un appello in duecentomila,quasi una petizione globale che sarà portata all’attenzione della Corte suprema di Delhi dal presidente stesso della comunità; ciò con l’obiettivo di ‘’porre fine alla loro detenzione attraverso un accordo extragiudiziale e riportarli in Italia’’. Paventando, in linea di principio, reazioni negative nei confronti della comunità indiana in Italia, ma essendo il presidente un collaudato businessman, la preoccupazione maggiore potrebbe essere quella dei rapporti economici industriali fra i due paesi. Ad ogni buon conto il momento è particolarmente propizio perché il prossimo 26 luglio la Corte Suprema dovrebbe decidere sulla giurisdizione. La posizione degli indiani-italiani è quella coerente con il Diritto internazionale per cui l’Italia è titolata a processare i 2 Fucilieri; ma le loro dichiarazioni si spingono oltre, sostenendo – molto correttamente – che la guardia costiera del Kerala non aveva alcun diritto di far rientrare la Enrica Lexie dall’Alto Mare nelle acque territoriali, usando peraltro inganni e sotterfugi. Anche il processo in corso nello stato del Kerala deve essere conseguentemente sospeso per palese incompetenza. Parole e posizioni sagge che ci saremmo aspettati fossero gli italiani a sostenere con ogni possibile forza,ma è il caso di dire che siamo totalmente in mano agli indiani, nel bene e nel male! Di più, il principio su cui si  incardina la legittimazione dell’operato dei Fucilieri del San Marco risiede nel fatto che ‘’non erano certo imbarcati per fare il tiro al bersaglio sui pescatori, ma per difendere e proteggere la nave ed il suo equipaggio, in servizio antipirateria’’, quindi per motivi di Security. Esattamente gli stessi motivi che hanno indotto l’equipaggio della nave americana Rappahannock a far fuoco sulla barca di pescatori (anche stavolta indiani) che, nonostante gli avvertimenti via radio,altoparlanti, artifizi pirotecnici, si sono avvicinati pericolosamente ad una unità militare pregiudicandone la Security. Anche se sono trascorsi 12 anni dall’evento del USS Cole che nel porto di Aden fu oggetto di attacco terroristico condotto con barchini kamikaze,provocando danni ingenti alla nave, oltre a 17 morti, comportamenti palesemente contro la Security debbono essere contrastati con ogni mezzo, anche con l’uso della forza, che piaccia o no. Quello che fa specie, invece, è il comportamento governativo indiano nei confronti di incidenti similari (ammesso e non concesso che i nostri abbiamo mai sparato sui pescatori del Saint Anthony); il governatore dello stato del Tamil Nadu, accettate le scuse di Washington per la morte di un pescatore indiano e di tre feriti, non ha fatto le bizze per processare ‘’gli sparatori yankee’’ma ha richiesto che le famiglie fossero ’’indennizzate adeguatamente “, punto. Noi abbiamo sborsato soldi in larga quantità per i motivi più diversi; dalla elargizione ex gratia per la disavventura occorsa ai due pescatori, all’indennizzo per il padrone della barca, fino ai 140.000 euro sborsati per ottenere la libertà vigilata su cauzione, per tacere poi a riguardo del denaro che la compagnia di navigazione ha dovuto pagare per ottenere la ‘’green light’’ per lasciare il porto di Kochi: è noto che l’Italia và a gonfie vele e gli italiani si possono spremere senza problemi! Non solo, si possono prendere per i fondelli quando e per quanto tempo si vuole; di recente sono arrivati altri schiaffoni che abbiamo incassato con la solita vana e vanesia diplomazia. Il predetto peschereccio Saint Anthony, dopo che il suo ineffabile e spregiudicato proprietario (tre o quattro diverse versioni sull’accaduto, a seconda dei casi…) era stato adeguatamente indennizzato, ha fatto affondare la barca per oltre un mese e mezzo nel porto di Kochi, disperdendo così le prove dei colpi che avevano con tutta evidenza una traiettoria orizzontale, come se fossero stati sparati da una imbarcazione alla stessa altezza e non certo dalla coperta di una nave più alta di almeno 20 metri! E,poi, la notizia di un paio di giorni fà per cui il Tribunale del Kerala ha respinto la richiesta di traduzione degli atti – scritti in indiano ed in dialetto keralese – creando un  grave pregiudizio per la legittima comprensione e difesa da parte dei nostri 2 Fucilieri in sede processuale; non basta l’inganno iniziale; non bastano le false dichiarazioni sulle posizioni delle due imbarcazioni; non bastano le risibili perizie balistiche; non basta imporre il primato della loro legge penale su quella internazionale;non basta aver fatto sparire il GPS; non basta aver sequestrato armi e personale militare di uno Stato sovrano; altro che indennizzi ‘’adeguati’’, ormai siamo avvezzi ai soprusi ed abusi che si moltiplicano…..speriamo soltanto negli indiani-buoni che ci tirino fuori dai guai. Non dei loro pescatori che continuano a mentire sui fatti realmente accaduti, sulla loro posizione, sul fatto che fossero ben armati, sull’affondamento strumentale del peschereccio; neppure si può confidare sulle loro Corti che insistono pervicacemente nella pretesa di giudicarli a prescindere dai dettati del Diritto internazionale, che hanno lasciato cadere le ipotesi della famosa nave greca in prossimità del peschereccio Saint Anthony, così come quella non peregrina di conflitti  fra pescatori  con eventuale ‘’resa dei conti’’  o con l’intervento della Guardia costiera dello Sri-Lanka contro pescatori di frodo nelle loro acque. Tante domande legittime che richiederebbero indagini accurate per raggiungere la verità vera, non quella artefatta e voluta dalle corti indiane, che, come dimostra il differente approccio adottato con gli americani, continuano ad alimentare una ingiustizia arrogante nei nostri confronti. Forse perché nessuna denuncia nostrana, né alcuna voce autorevole si è levata in questi 5 mesi contro i comportamenti nefandi degli indiani. Perché non si è fatta una formale denuncia per ‘’gross violations’’ all’ONU, portando il caso al giudizio di una Corte di Giustizia Internazionale, trattandosi di infrazione grave e strumentale del Diritto Internazionale? Perchè qualche giorno fà, in occasione del 14° compleanno del varo dello Statuto della Corte Penale Internazionale, celebrato  dalla Farnesina – a Roma- anziché farne un’occasione evocativa, consolatoria ed autoreferenziale, non si è condannato il sopruso che stanno soffrendo i nostri 2 Fucilieri, privati di un loro pieno Diritto di ‘’non’’essere giudicati da un tribunale indiano incompetente per giurisdizione e di garantire comunque il  processo equo e corretto in Italia? Se lo slogan oggi tanto sbandierato per cui ‘’Credibilità vuol dire Crescita’’ intesa come il mixing di stima, identità, coraggio morale, serietà, allora la morale che deriva dal caso dei 2 Fucilieri dimostra che siamo davvero poco credibili e destinati ad inguaiarci ulteriormente. Confidiamo nella credibilità di alcuni saggi indiani, perché se attendiamo quella italiana…ciao!

Giuseppe Lertora