di Gabriele Paradisi, sextus empiricus, Gian Paolo Pelizzaro e François de Quengo de Tonquédec
Un nuovo, inquietante mistero emerge dagli atti dell’inchiesta sulla strage di Bologna. Il ruolo di Thomas Kram, il terrorista tedesco delle Cellule rivoluzionarie arruolato nel gruppo Carlos presente a Bologna il giorno dell’attentato, non era sfuggito alla Digos, ma – attraverso una serie di stranissimi passaggi – alcuni atti (non tutti) relativi a quegli accertamenti vennero insabbiati attraverso un “raffinato” meccanismo: i telex della Questura di Bologna furono nascosti nei faldoni delle segnalazioni anonime. Per capire la portata di questo ennesimo capitolo della vicenda sulla cosiddetta pista tedesco-palestinese, occorre fare un salto indietro di sette anni.
Nel novembre 2005, a seguito delle evidenze emerse nell’attività istruttoria della Commissione Mitrokhin, la Procura di Bologna aprì un nuovo fascicolo d’indagine, contro ignoti (modello 44), sulla strage del 2 agosto 1980. È quella che nel linguaggio giornalistico viene anche detta inchiesta bis incentrata sulla cosiddetta “pista palestinese”.
Sull’attentato alla stazione ferroviaria, com’è noto, si è giunti a sentenza definitiva il 23 novembre 1995, con la condanna all’ergastolo di Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (Luigi Ciavardini, altro esponente dei Nar all’epoca dei fatti minorenne, verrà condannato definitivamente a 30 anni di carcere solo nel 2007), mentre per calunnia aggravata furono condannati il venerabile maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli e tre esponenti apicali dei servizi segreti, il generale Pietro Musumeci, il colonnello Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza, all’epoca dei fatti collaboratore personale del direttore del Sismi, generale Giuseppe Santovito.
A ben vedere, nonostante le sentenze passate in giudicato, la nuova inchiesta aperta nel 2005 sta squarciando il velo sulle tante zona d’ombra dell’istruttoria originaria. I mandanti, infatti, non sono mai stati individuati e i nuovi elementi, decisamente divergenti rispetto all’impianto su cui quelle sentenze si sono basate, meritavano e meritano accurati approfondimenti.
Nel luglio 2011, quindi dopo circa sei anni di indagini, la Procura di Bologna ha iscritto nel registro degli indagati Thomas Kram e Christa-Margot Fröhlich, già appartenenti alle Cellule rivoluzionarie tedesche e membri effettivi del gruppo Carlos, l’Organizzazione dei rivoluzionari internazionalisti (Operazione Separat, secondo il nome in codice utilizzato dalla Stasi, la polizia segreta della ex Germania orientale), guidata dal terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez.
Nel quarto di secolo precedente alla pubblica emersione del nome di Thomas Kram e della sua presenza a Bologna il giorno della strage – avvenuta il 25 luglio 2005 da parte di Gian Paolo Pelizzaro in qualità di consulente della Commissione Mitrokhin – c’erano già informazioni in merito, e quali, a disposizione della magistratura? In altre parole nei 25 anni trascorsi dalla strage, fino all’apertura nel novembre 2005 del nuovo fascicolo di indagine, hanno mai fatto capolino elementi funzionali alla cosiddetta “pista palestinese”? Se sì, come sono stati gestiti?
In effetti, in diversi momenti i magistrati di Bologna si sono trovati tra le mani documenti e informazioni che potevano indicare questo filone d’indagine, ma non se ne fece nulla. Esaminiamo pertanto quelle che potremmo definire le “occasioni mancate”.
16 settembre 1980: la nota della Digos di Bologna e i sei telex del “dossier su Kram”
La prima opportunità in ordine di tempo che ebbero i magistrati bolognesi per sondare un filone investigativo diverso da quello neofascista, che di fatto sembra aver assorbito fin dal primo giorno tutto il loro impegno, si presentò – almeno sulla carta – un mese e mezzo dopo la strage. Ma per capire come ciò avvenne occorre fare un balzo nel tempo di 25 anni.
Il 25 luglio 2005, come detto, Gian Paolo Pelizzaro, che con Lorenzo Matassa stava lavorando in qualità di consulente tecnico della Commissione Mitrokhin sul gruppo Carlos nel contesto della strage del 2 agosto, individuò alla Questura di Bologna il fascicolo personale relativo a Thomas Kram, esponente del gruppo terroristico tedesco delle Cellule rivoluzionarie, organizzazione che forniva parte degli effettivi al gruppo Carlos.
Fu proprio in quell’occasione che emerse – per la prima volta, al di fuori degli ambiti investigativi – la notizia che Thomas Kram aveva pernottato a Bologna nella notte tra il 1° e il 2 agosto 1980. Finalmente si poté così associare un nome ed un cognome al «compagno» indicato da Carlos nell’intervista rilasciata al Messaggero il 1° marzo 2000 («A Bologna un compagno, probabilmente sotto sorveglianza, viaggiava senza bagagli cercando di fuggire dopo l’identificazione. È sceso alla stazione mentre il treno era ancora in corsa e si è trovato nel piazzale della stazione poco prima che esplodesse una bomba»).
In quel fascicolo, Pelizzaro trovò anche una nota, datata 16 settembre 1980, indirizzata dalla Digos alla Procura della Repubblica di Bologna nell’ambito dell’inchiesta sulla strage. Era un elenco di accertamenti e relativi esiti compiuti dall’ufficio bolognese ed esperiti anche da altre Questure italiane. La lista, costituita da 34 punti, al punto 23 recita: “Richiesta informazioni su Di Costanzo Vincenzo, Amato Eufemia, Kram Thomas”. In allegato allo stesso punto 23 vi erano sei telegrammi, datati tra il 7 e il 16 agosto 1980, dei quali riassumiamo il contenuto:
– Telex della Questura di Bologna, datato 7 agosto 1980 e indirizzato all’Interno Sicurezza 224 Roma, in cui tra l’altro si dice: «Kram Thomas […] sospettato appartenere gruppi terroristici tedeschi – data 1° corrente [1° agosto 1980] habet alloggiato esercizio recettivo questo capoluogo [Bologna]».
– Telex della Criminalpol del ministero dell’Interno, datato 9 agosto 1980, riguardante accertamenti sul conto del cittadino tedesco Kram Thomas, indirizzato alla Questura di Bologna, in cui si riporta il testo tradotto di un dispaccio pervenuto dalla polizia tedesca. In questo documento si dice testualmente: «Per quanto attiene a sue relazioni passate est emerso che medesimo [Thomas Kram] habet avuto contatti con Johannes WEINRICH, Sabine Eckle e Rudolf Schindler (componenti del gruppo Cellule Rivoluzionarie) e attualmente ricercati in quanto terroristi pericolosi, nonché con altre persone simpatizzanti con le quali est tuttora in rapporti».
– Telex della Questura di Bologna, datato 11 agosto 1980, indirizzato alla Questura di Milano, dove si richiedono informazioni su Vincenzo Di Costanzo e Eufemia Amato, residenti a Milano, che avevano pernottato insieme a Kram nella stessa stanza di un albergo di Bologna il 22 febbraio 1980.
-Telex della Questura di Milano del 12 agosto 1980, in cui vengono resi noti gli accertamenti su Vincenzo Di Costanzo e Eufemia Amato.
– Telex della Questura di Napoli del 14 agosto 1980 relativo a Vincenzo Di Costanzo.
– Telex della Questura di Matera del 16 agosto 1980, relativo a Eufemia Amato.
Riassumendo, già una settimana dopo l’attentato era noto a tutta la catena di comando dell’antiterrorismo e agli apparati della sicurezza italiani che Kram – sospettato di appartenere a gruppi terroristici tedeschi – aveva pernottato a Bologna nella notte tra il 1º e il 2 agosto 1980, e che lo stesso Kram aveva avuto contatti con pericolosi terroristi ricercati dalla polizia tedesca. Johannes Weinrich, che attualmente sta scontando l’ergastolo in Germania ed ha subito nel dicembre 2011 un’altra analoga condanna in primo grado dalla magistratura francese per gli attentati compiuti su treni e stazioni in Francia nel 1982-1983, in quel preciso momento storico era il braccio destro di Carlos, numero due dell’organizzazione Separat.
Il 16 settembre 1980 – un mese e mezzo dopo la strage alla stazione – queste delicatissime informazioni erano pertanto già nella disponibilità dei magistrati bolognesi [per una trattazione di dettaglio si rimanda alla Relazione sul gruppo Separat e il contesto dell’attentato del 2 agosto 1980 di Lorenzo Matassa e Gian Paolo Pelizzaro (http://www.toni-depalo.it/var/fckfiles/relazionelibanese%5B1%5D.pdf)].
Ma la domanda è: che trattamento ricevettero queste informazioni? Perché prima del novembre 2005 nessuno di fatto indagò sull’inquietante presenza di Kram a Bologna il giorno della strage?
Ebbene, per dare una prima risposta a questi interrogativi, il trattamento di quella informazione lo si può verificare, a trentadue anni di distanza, sfogliando gli atti del procedimento penale 344/80A G.I.
Scorporo e inabissamento delle informazioni su Thomas Kram
Va notato innanzitutto che il nome di Thomas Kram non compare in nessuno degli indici a corredo dei faldoni che costituiscono gli atti dell’inchiesta sulla strage di Bologna.
La nota, di tre pagine, della Questura di Bologna del 16 settembre 1980 che nomina Kram al punto 23 è stata scorporata dal resto dei 34 allegati (quindi anche dai 6 telex relativi a Kram) ed è inserita nel faldone 3, in uno dei due faldoni intestati a Paolo Bellini.
Nell’indice generale di quel faldone – intitolato “Rapporti Giudiziari, Vol. 1 bis 1, Pos Bellini Paolo” – la nota del 16 settembre 1980 non è però elencata: è infatti “coperta” da una nota, con allegati, del 6 luglio 1983 della Questura di Bologna relativa proprio a Paolo Bellini. Nell’indice, per quella nota con allegati si rimanda alle pagine di affoliazione 584-593. Al foglio 584 in effetti c’è la nota di trasmissione della Digos datata 6 luglio 1983, relativa a Paolo Bellini alias Roberto Da Silva. La nota vera e propria è nel successivo foglio 585. Subito dopo, ai successivi fogli 586-588, emerge a sorpresa la nota di tre pagine della Questura di Bologna del 16 settembre 1980 in cui al punto 23, di 34, si indicava “Richiesta di informazioni su Di Costanzo Vincenzo, Amato Eufemia, Kram Thomas”.
Quindi, dall’indicazione generica nell’indice generale del faldone 3, che fa riferimento ad una datazione del luglio 1983, non si può certo intuire che all’interno ci sia in realtà anche una nota della Questura di Bologna del settembre 1980, quella che a noi interessa.
Quale destino fu invece riservato ai sei telex del “dossier su Kram”?
Come abbiamo già detto, i sei telegrammi allegati al punto 23 della nota del 16 settembre 1980 non sono stati archiviati di seguito nel faldone 3, ma separatamente in un altro faldone, il 146, intitolato “Copia Anonimi, Vol. I, da nr.1 anr.50”.
Nell’indice generale del faldone 146, non è indicata l’affoliazione, ma sono elencate le cartelle dalla 1 alla 50, contenenti varie segnalazioni anonime. I sei telegrammi relativi a Kram non sono poi indicati esplicitamente, ma sono inseriti nella cartella numero 5 intitolata “Accertamenti compiuti a seguito di segnalazioni anonime varie”. Questa cartella contiene ben 80 fogli. Uno zibaldone senza logica di segnalazioni le più varie: dalle telefonate anonime di mitomani a testimonianze di cittadini che ricordavano qualche particolare della mattina del 2 agosto. Da notare, per fare qualche esempio, che le cartelle precedenti, la 3 e la 4 – intitolate rispettivamente “Telefonata anonima pervenuta alla Centrale operativa della Questura di Bologna il 5/8/80 segnalazione di certo Rochild Claudio” e “Telefonata anonima pervenuta il 12/8/80 alla Questura di Bologna. Segnalazione su tale Bernardelli Bruno Vincenzo” – constano entrambe di soli tre fogli.
Va sottolineato che i telegrammi relativi a Kram non erano segnalazioni anonime, bensì documenti generati da quattro Questure italiane, fra le quali la stessa Questura di Bologna, e dal ministero dell’Interno. Non meritavano almeno una voce specifica nell’indice e di essere archiviati in un’apposita cartella? Va detto a ulteriore commento che dalle carte giudiziarie non emerge alcuna attività investigativa a seguito di quella comunicazione del 16 settembre 1980.
Si fa fatica ad immaginare un metodo burocratico di “archiviazione” così efficace da rendere impossibile l’identificazione e il reperimento delle informazioni pervenute su puntuali accertamenti di polizia. Quelle su Kram rimasero sepolte, tecnicamente insabbiate, da una spessa coltre di oblio per un quarto di secolo.
A riprova che di quelle carte si era persa ogni memoria – ammesso che ce ne fosse mai stata una – ci sono le stesse parole di Luigi Persico, nel 1980 sostituto procuratore a Bologna: «Una sola domanda mi pose [Enrico] Di Nicola [procuratore capo a Bologna dal 2002 al 2008] e cioè se avessi mai saputo, all’inizio delle indagini, di un tale Kram: la mia risposta fu secca, e resto fermo su di essa. Se gli organi di polizia, nella fase iniziale, avessero segnalato a noi quattro sostituti un fatto che poteva proporre ipotesi ricostruttive interessanti ed alternative, ce ne saremmo occupati con quell’impegno e quell’urgenza che muoveva in quel periodo i nostri passi, senza risparmio di energie e con i pochi mezzi strumentali a nostra disposizione» (Luigi Persico, Il ricordo. Quel bambino con la borraccia, la Repubblica, Bologna, 2 agosto 2008).
In altra dichiarazione lo stesso Persico ribadiva: «Nel 1980 facemmo controlli e verifiche su decine e decine di persone, compresi pazzi e veggenti. Se solo avessimo saputo della presenza di Kram in città fra l’1 e il 2 agosto avremmo controllato pure lui. Dicano, allora, a chi lo disse la polizia giudiziaria: ma non nel 2001, nel 1980» (Giulia Gentile, Caso Thomas Kram, il giallo che non c’è, l’Unità, Bologna, sabato 2 agosto 2008).
La Digos di Bologna lo “disse” alla Procura già il 16 settembre 1980, come sopra si è dimostrato.
La circostanza diventa ancora più inspiegabile se mettiamo in relazione tutto questo all’altro filone investigativo nato il giorno prima dell’attentato e precisamente a Chiasso dove Kram venne fermato e perquisito la mattina del 1° agosto dalla polizia italiana. All’esito di quella perquisizione, infatti, l’allora commissario di polizia Emanuele Marotta, dirigente del posto di polizia di frontiera di Chiasso, redigeva e spediva alle varie articolazioni del ministero dell’Interno un dettagliato rapporto su Thomas Kram. Anche quel troncone investigativo, nonostante sia stato immediatamente accorpato agli atti sulla strage di Bologna, è rimasto su un binario morto.
15-24 settembre 1981: il misterioso viaggio a Roma di Abu Anzeh Saleh
Una seconda emersione, dagli aspetti ancora misteriosi [in questi giorni è attesa una risposta del governo ad una interpellanza urgente presentata dall’onorevole Enzo Raisi il 19 settembre 2012 (http://www.liberoreporter.it/?p=39665)], è quella che riguarda Abu Anzeh Saleh, responsabile per l’Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e garante del “lodo Moro”, di cui abbiamo parlato nell’articolo “Bologna, quel viaggio segreto a Roma di Abu Anzeh Saleh richiesto un anno dopo la strage dal giudice che indagava sull’attentato alla stazione ferroviaria”, pubblicato su www.segretidistato.it e su www.liberoreporter.it il 17 settembre 2012.
Abu Anzeh Saleh era stato fermato a Bologna il 13 novembre 1979 e poi arrestato il giorno successivo, una settimana dopo il sequestro di due missili Sam-7 Strela, di fabbricazione sovietica, a Ortona. Condannato il 25 gennaio 1980 dal Tribunale di Chieti a sette anni di reclusione, era stato scarcerato il 14 agosto 1981. L’“incidente” di Ortona, che aveva rappresentato una violazione del Lodo Moro, aveva creato una notevole tensione nell’Fplp che in un solo colpo aveva visto l’arresto del suo responsabile militare più importante in Italia e conseguentemente vedeva a rischio il suo arsenale tattico e strategico custodito, con l’aiuto delle Brigate rosse, prevalentemente in Veneto. A tal proposito si rimanda all’articolo “Operazione ‘Francis’, il tassello mancante del Lodo Moro. L’ultimo segreto della Prima Repubblica” pubblicato su www.segretidistato.it il 7 agosto 2012 (http://segretidistato.liberoreporter.eu/index.php/home/primo-piano/primo-piano/206-operazione-francis-il-tassello-mancante-del-lodo-moro-lultimo-segreto-della-prima-repubblica-.html?showall=1). Le minacce esplicite che l’Fplp indirizzò all’Italia tra la fine del 1979 e l’estate del 1980, costituiscono una drammatica premonizione della tragedia del 2 agosto. Ad un mese dalla sua scarcerazione e nell’ambito del procedimento sulla strage, Saleh viene inspiegabilmente spedito a Roma, ma, come detto nell’articolo citato, agli atti non risulta alcun documento che indichi dove egli si recò né che cosa gli venne chiesto e da chi, ma soprattutto cosa disse.
Giugno-luglio 1982: il mancato confronto tra Rodolfo Bulgini e Christa-Margot Fröhlich
Un’altra occasione mancata si presentò nell’estate del 1982. Nel nostro libro Dossier Strage di Bologna. La pista segreta (Giraldi, 2010), abbiamo già avuto modo di documentare come venne trattata la testimonianza di Rodolfo Bulgini, un cameriere capo sala all’Hotel Jolly, a due passi dalla stazione centrale di Bologna, il quale il 28 giugno 1982 pensò di riconoscere nella foto di una donna arrestata a Fiumicino con una valigia imbottita di esplosivo ad alto potenziale, la signora tedesca con la quale egli aveva parlato il 1° e il 2 agosto 1980 e che aveva immediatamente suscitato in lui più di un sospetto. La tedesca arrestata all’aeroporto Leonardo da Vinci il 18 giugno 1982 era Christa-Margot Fröhlich, membro del gruppo Carlos. Bulgini già nell’immediatezza dell’attentato alla stazione ferroviaria aveva parlato con un maresciallo dei carabinieri, ma nessuno aveva pensato di raccogliere e dar seguito alla sua testimonianza. Così il 28 giugno 1982, dopo aver visto la foto della Fröhlich sul Resto del Carlino del 22 giugno, Bulgini si recò spontaneamente in Questura per rievocare quell’episodio di due anni prima. La sua deposizione questa volta venne inoltrata alla Procura di Bologna e la mattina del 7 luglio 1982 il giudice istruttore Giorgio Floridia e il pubblico ministero Luberto ascoltarono Bulgini il quale confermò il suo racconto e i suoi sospetti. Le indagini però si limitarono a verificare la non verosimiglianza del racconto che la donna dal forte accento tedesco aveva fatto al cameriere e non venne fatto alcun riscontro all’americana con la terrorista che in quei giorni era reclusa nel carcere di Rebibbia. Dunque l’ennesima occasione mancata. L’ennesimo insabbiamento.
Aprile 2001: un’indagine archiviata in una settimana
Un’altra opportunità si presentò nel marzo-aprile 2001, allorché giunse alla Digos di Bologna un rapporto dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza (Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione – ex Ucigos) del ministero dell’Interno. Era l’8 marzo 2001. Gianni De Gennaro, allora Capo della Polizia, su richiesta delle autorità tedesche che stavano cercando una terrorista latitante delle Cellule rivoluzionarie, segnalava che un altro tedesco, anch’egli latitante e probabilmente in rapporti con la ricercata, Thomas Kram, sodale della già citata Fröhlich e dunque in connessione col gruppo Carlos, aveva pernottato all’Albergo Centrale di via della Zecca a Bologna la notte tra il 1° e il 2 agosto 1980.
Il sostituto procuratore della Repubblica di Bologna, Paolo Giovagnoli, ricevuta il 18 aprile 2001 la nota della Digos, con allegate numerose informazioni su Kram, aprì un fascicolo (il n. 788/01-K), intitolato: “A.[tti] R.[elativi a] Cellule rivoluzionarie tedesche – strage 2/8/1980”. Il fascicolo venne però da Giovagnoli e con l’autorizzazione del procuratore capo Luigi Persico, classificato “modello 45” (atti non costituenti notizia di reato), pertanto restò di fatto un fascicolo interno alla Procura, archiviabile senza dover interessare il giudice per le indagini preliminari. E difatti l’archiviazione, per quanto riguardava la posizione di Kram, arrivò pochi giorni dopo, il 24 aprile 2001 nonostante dalla Questura di Bologna fosse pervenuto quello stesso giorno in Procura anche il mandato di cattura stilato dalle autorità tedesche nel dicembre 2000 in cui Kram veniva segnalato come persona che «non aveva difficoltà a preparare cariche esplosive e detonatori a tempo».
Una cosa singolare va rimarcata. Sfogliando gli atti di questo fascicolo aperto nel 2001, si osserva che – almeno sulla carta – né la Digos né la Procura sembrano avere memoria degli atti del 1980 (i sei telex di cui abbiamo parlato e che abbiamo visto dispersi nelle centinaia di migliaia di pagine del procedimento principale sulla strage). Tra l’altro, nel mandato di cattura internazionale del dicembre 2000 erano citati ripetutamente Sabine Eckle e Rudolf Schindler, ossia due dei «terroristi pericolosi», membri delle Cellule rivoluzionarie, menzionati nel telegramma del 9 agosto 1980, uno dei sei inabissati tra le carte dell’inchiesta sulla strage (si veda sopra).
Va infine ricordato che nel 1995, anno in cui viene pronunciata sentenza definitiva con le condanne di Mambro e Fioravanti, in Germania è stato pubblicato un libro dedicato a Johannes Weinrich – nome di battaglia Steve, soprannominato il terrorista in giacca e cravatta, il terzo tedesco citato nel telegramma del 9 agosto 1980 – in cui la figura di Kram è inserita a pieno titolo nel gruppo Carlos (Fritz Schmaldienst e Klaus-Dieter Matschke, Carlos-Komplize Weinrich – Die internazionale Karriere eines deutschen Top-Terroristen, Eichborn, giugno 1995).
E siamo alla quarta occasione di approfondimento perduta o fatta abortire. Per una trattazione più completa rimandiamo all’articolo “Strage di Bologna, la verità negata e i tuttologi senza bignamino” pubblicato su www.segretidistato.it il 23 agosto 2011 (http://segretidistato.liberoreporter.eu/index.php/approfondimenti/stragi/stazione-di-bologna/112-strage-di-bologna-la-verita-negata-e-i-tuttologi-senza-bignamino.html).
Alla luce di tutte queste macroscopiche anomalie, non possono che suscitare perplessità le parole pronunciate da Enrico Di Nicola, ex procuratore capo di Bologna, in un’intervista del 2008 di cui riportiamo i passi salienti: «La Procura di Bologna ha fatto tutto il possibile per stabilire la verità e non c’è più nulla da accertare […] Posso assicurare con certezza che essendomi occupato della vicenda, in qualità di consigliere istruttore aggiunto e avendo partecipato all’attività investigativa, su quell’attentato è stata fatta piena luce. Anche perché tutti gli elementi nuovi che ci sono stati presentati in questi anni per riaprire il caso non sono mai risultati idonei. E noi lo abbiamo dimostrato, sempre, non escludendo mai la possibilità di espletare indagini ulteriori quando è stato necessario […] Molti politici parlano di dubbi nell’opinione pubblica. Ma sbagliano, o peggio dicono il falso. Se la gente ora è perplessa, ma io non credo, è perché a mio modesto avviso ha subito la campagna alimentata dall’operazione portata avanti durante la commissione Mitrokhin. Davanti alla quale io stesso ho parlato due volte fornendo tutte le spiegazioni che mi sono state richieste […] Mi sembra assurdo pretendere di voler utilizzare degli elementi spuri per riaprire un caso che ha superato l’esame davanti alle sezioni unite della Cassazione. Per rimettere tutto in discussione ci vogliono ben altri fatti. Ripeto, noi comunque non abbiamo mai tralasciato nulla, siamo andati anche in Germania, dopo aver chiesto la rogatoria per parlare con il terrorista Thomas Kram che si è rifiutato di risponderci» (Alessandro Cori, Ipotesi verificate e scartate la Procura lo ha dimostrato, la Repubblica, 3 agosto 2008).
Dal 1984 al 1985, Enrico Di Nicola è stato consigliere istruttore aggiunto presso il Tribunale di Bologna e con questo ruolo si è occupato della strage alla stazione ferroviaria. Il 13 maggio 2002 è stato nominato procuratore capo a Bologna per poi andare in pensione nell’estate del 2008.
Venne ascoltato dalla Commissione Mitrokhin, insieme a Paolo Giovagnoli, il 24 e 25 gennaio del 2006. Un mese dopo, il 23 febbraio, Pelizzaro e Matassa depositavano agli atti della Commissione Mitrokhin la “Relazione sul gruppo Separat e il contesto dell’attentato del 2 agosto1980”.
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