Rimsha Masih, la piccola pachistana di fede cristiana accusata di blasfemia forse non dovrà più attendere fino a lunedì prossimo per sapere se verrà o meno rilasciata su cauzione. Nella tarda serata di ieri sono emerse nuove circostanze che la scagionerebbero o almeno renderebbero le sue colpe più lievi. Khalid Jadoon, l’imam della moschea di Mehrabadi, il villaggio da cui proviene Rimsha e suo principale accusatore, avrebbe alterato le prove della presunta blasfemia della bambina. Ad inchiodare alle sue responsabilità l’Imam una dichiarazione scritta di un testimone oculare alla manipolazione che è giunta ieri al magistrato pachistano titolare del processo. Secondo quanto scrive il testimone l’Imam avrebbe alterato le prove in maniera tale che la piccola cristiana non potesse sfuggire in alcun modo all’arresto da parte della polizia. Il testimone ha riferito che alle pagine bruciate dalla bambina del Noorani Qaida, il libro per imparare il Corano, l’Imam ne avrebbe aggiunto delle altre. Una manipolazione atta ad aggravare appunto la situazione di Rimsha. Il testimone nella sua dichiarazione cita anche i nomi di altre due persone che erano presenti al momento della manipolazione delle prove e che possono confermare quanto da lui dichiarato. Khalid Jadoon è stato arrestato ieri sera. L’Imam di fatto è colpevole di Blasfemia quanto Rimsha per aver bruciato pagine del Corano che poi ha aggiunto a quelle della bambina. Ora il religioso pachistano si trova incarcerato a Rawalpindi, per lui sono stati disposti dal magistrato 15 giorni di custodia giudiziaria. Forse siamo alla fine di una vicenda che ha dell’assurdo in quanto vede protagonista una piccola pachistana di fede cristiana che sarebbe anche affetta da sindrome di Down. Una bambina che forse inconsapevolmente ha compiuto un gesto che in molti Paesi musulmani in base a leggi sulla blasfemia è punito anche con la morte. Una legge che alla luce di quanto accade è forse usata in maniera impropria negando la libertà
religiosa delle persone e forse finisce anche per ledere i diritti umani delle persone, specie di donne e bambini che sono quelli che pagano più di tutti, anche con la vita. In base a questa legge Rimsha è reclusa in un carcere dal 16 agosto scorso perché un uomo l’ha accusata di
avere bruciato un libro contenente versi del Corano in attesa di un processo. La vicenda oltre a sfiorare l’assurdo ha finito per complicarsi a sfavore della piccola cristiana. Alla fine per oltre due settimane si è andati avanti decidendo di non decidere attraverso continui rinvii in particolare dell’esame della richiesta di libertà dietro cauzione. La piccola pachistana secondo quanto dichiarato da una commissione medica che l’ha esaminata non ha più 14 anni e la sua età mentale è inferiore a quella anagrafica. E’ proprio sull’età anagrafica di Rimsha che
si concentra lo scontro legale in corso tra difesa e accusa. Gli avvocati che la difendono vogliono farla riconoscere minore e portare il caso davanti al tribunale dei minori che in merito si sempre mostrato meno duro. Quelli dell’accusa si battono, nonostante pareri medici , per far riconoscere che ha più di 14 anni. Nel frattempo, nonostante tutto la piccola è restata in un carcere per adulti e non in quello per minori. In un qualsiasi altro Paese ci si sarebbe chiesto subito come può essere che una bambina malata di mente possa essersi macchiata di blasfemia? Ma ci sono Paesi in cui questo piccolo ma significativo particolare nemmeno viene considerato. L’hai fatto e questo basta a renderti colpevole e responsabile. Purtroppo in alcuni Paesi al mondo sono i fondamentalisti islamici a dettare le regole avendo loro grande capacità di mobilitazione
popolare e quindi di condizionare la popolazione verso determinate scelte. Per fortuna però, la giustizia ha quasi sempre il sopravvento su tutto e alla luce di questo colpo di scena, il presidente del Consiglio degli ulema del Pakistan, Tahir Ashrafi, ha chiesto al presidente Asif Ali Zardari di far liberare subito Rimsha e ne garantisca la sicurezza.