A distanza di 69 anni, ancora una volta sarà commemorato nelle acque di La Maddalena,quel tragico evento che vide la nostra corazzata Roma ed i due cacciatorpediniere di scorta Da Noli e Vivaldi, scomparire fra i flutti, colpiti da bombe radiocomandate sganciate da aerei tedeschi. Tutta la Marina e tutta la gente di mare si stringono nel commosso ricordo perché quel 9 settembre è una data da non dimenticare poiché fa parte della stessa storia navale nazionale, e della nostra identità di marinai, ma dovrebbe essere motivo di deferente omaggio e di seria riflessione anche per tutti gli italiani. Invece, spesso, anche i nostri ‘’meta-storici’’, preferiscono tingere di ‘’giallo’’ la vicenda negli ultimi momenti e nelle decisioni prese dall’Ammiraglio Carlo Bergamini, dando spazio a inezie o sterili curiosità che nulla hanno a che fare con le scelte e le azioni condotte in quei terribili momenti che hanno preceduto la tragedia. Qualcuno per farsi pubblicità, altri per sciocca saccenteria si chiedono quali fossero le reali intenzioni del Comandante in Capo delle Forze da Battaglia, Ammiraglio Bergamini, nel lasciare La Spezia la notte fra l’8 e il 9 settembre, e soprattutto, dopo l’inatteso attacco dei cacciabombardieri tedeschi nel primo pomeriggio del 9 stesso. Sulla scelta di portare la Squadra Navale alla Maddalena, nelle more di contemperare alle clausole dell’armistizio e di proteggere il Re, la documentazione storica e la messaggistica scambiata con i Comandi centrali è assai chiara ed esaustiva; un po’ meno nella travagliata successione di ordini che hanno caratterizzato le ultime ore di vita di quella splendida nave, del suo equipaggio, del suo Ammiraglio. Professionalmente non può essere accettata la supposizione di alcuni, per cui in funzione della prora con cui sarà ritrovata la corazzata Roma si potrà dedurre se la Flotta intendeva dirigersi a Nord per ricongiungersi con i tedeschi, oppure ottemperare alle norme armistiziali dirigendo a Sud per il porto di Bona, o addirittura se avevano intenzione di autoaffondarsi, pur di salvare l’onore della Flotta e della Nazione. Se è vero che negli ultimi giorni che hanno preceduto l’8 settembre, l’ordine ed il contrordine si sono sprecati, spesso tenendo all’oscuro degli accordi armistiziali i Vertici della Marina e con essi quelli della Squadra,passando dall’attacco degli Alleati durante il presunto sbarco a Salerno, all’autoaffondamento piuttosto che cedere le navi al nemico, fino alla consegna agli alleati ma con la dignità della ‘’Bandiera’’ e per il bene supremo della Nazione, l’Ammiraglio scelse infine,con grande tormento, la ’’ rotta’’ non facile dell’obbedienza ma senza mai venir meno, assolutamente, a quella dell’onore. E su tali aspetti ideali, valori e principi, quei marinai che s’immolarono ‘’per il bene futuro dell’Italia’’ (così recitava lo stesso armistizio; in caso contrario ci saremmo potuti attendere forme di rivendicazioni e ripercussioni civili ad ampio spettro) sono dei fari da tenere sempre accesi e fuori discussione. Invece alcuni attuali pseudo- professionisti del mare e di cose militari (solo una minuta aliquota per la verità) mossi da una dilettantesca curiosità, vorrebbero capire dalla ‘’prora’’con cui giace in fondo agli abissi il relitto della Roma, le intenzioni di Bergamini, senza sapere che sotto attacco aereo, qualunque manuale tattico –ma anche il buon senso- impone al Comandante della nave di manovrare e ‘’ziz-zagare’’ violentemente per rendere difficile la soluzione balistica al velivolo attaccante: la prora quindi può essere qualunque nell’ambito della Rosa dei Venti, ma non significa, né prova niente! L’Ammiraglio Bergamini decise di ‘’obbedire’’ al più amaro degli ordini, nonostante costretto ad apprendere solo via radio, la notizia dell’armistizio firmato fra il Governo italiano e gli Alleati, e nonostante volesse piuttosto procedere all’autoaffondamento delle proprie navi, decisione che pur essendo veramente dolorosa, rientrava nelle tradizioni delle Marine Militari. Non solo per obbedire fedelmente agli ordini del Re e dei Capi, ma anche perché non esistevano altre possibilità per il bene della Patria e la rinascita dell’Italia. Indicative le espressioni usate dallo stesso Ammiraglio nel corso della riunione degli Ammiragli e Comandanti, sul Vittorio Veneto in rada a La Spezia, prima di dirigere verso La Maddalena :’’ La Marina italiana in 40 mesi di guerra ha fatto tutto il suo dovere:nessuna delle FFAA ha obbedito e dato quanto la Regia Marina. E’ necessario che anche in questo periodo di transizione la Marina continui a mantenere elevate le sue tradizioni e a servire il Paese. Gli equipaggi sono stati finora esempio di sacrificio e di dovere. Tutti hanno sempre dato, in ogni momento e in ogni luogo, il massimo delle proprie possibilità,fino all’estremo sacrificio per il bene della Patria. L’unica risorsa è mantenere intatto lo spirito delle Forze Armate, specie della Marina che in questi 40 mesi ha dato 12000 morti e 40000 dispersi. Solo così facendo si potranno, un giorno, ricostruire su queste basi rimaste intatte, le novelle fortune dell’Italia’’. Nel Golfo dell’Asinara, la Roma fu colpita in un deposito munizioni da una bomba radiocomandata sperimentale, la cd ‘’Fritz X’’antesignana delle moderne armi chirurgiche, sganciata da una formazione di 28 velivoli tedeschi; la corazzata Roma affondava con due navi della scorta (il Da Noli ed il Vivaldi) portando negli abissi 1352 marinai su oltre 1900 imbarcati sulla nave ammiraglia e 228 su 267 imbarcati sul Da Noli: furono in effetti i primi caduti oggetto di rappresaglia tedesca durante la guerra di Liberazione. Oggi ne onoriamo la memoria affinchè il trascorrere del tempo non attenui la valenza di quella scelta che contribuì a dare un solido riferimento alle istituzioni nazionali, in gran parte smarrito nel Paese provato da oltre due anni di conflitto. La famiglia marinara non vive la frenesia e le curiosità mediatiche che gravitano intorno al recente ritrovamento di parti del relitto della Roma poichè nulla possono aggiungere né alle curiosità degli storici, né alla gloria di quegli eroi; essa invece ha a cuore il loro perenne riposo nel silenzio degli abissi, fra le lamiere delle loro navi che debbono costituire non solo delle degne sepolture, ma dei sacrari inviolabili e rispettati da tutti.
Ammiraglio Giuseppe Lertora