di Gabriele Paradisi

 

Sabato mattina, un giardinetto alla periferia di Bologna. Il cielo è coperto e promette pioggia. Dal vicino liceo escono frotte di studenti con gli zainetti. Vocianti e allegri. Alcune ragazze portano l’hijab, altri hanno gli occhi a mandorla: “è la globalizzazione bellezza”. Un crogiolo variopinto di gioventù che scherza, ride, sintomo, forse, si spera, di una integrazione possibile. Pochi di loro si fermano qualche secondo a leggere le scritte rosse sui lenzuoli appesi agli alberi o i volantini che qualche volontario distribuisce.

A preparare i tavoli, a predisporre i gazebo per ripararsi dalla pioggia incombente, solo cinque, sei persone in tutto. Due agenti di polizia si avvicinano discreti e controllano le autorizzazioni. Tutto a posto.

Un paio di compagni sono andati in stazione ad accogliere Angelos Irakleidis della redazione di Epanastasi (Rivoluzione), il giornale dei marxisti di Syriza. Angelos, ospite di FalceMartello “il mensile marxista per l’alternativa operaia”, sta tenendo una serie di incontri in varie città italiane: Milano, Crema, Trieste, Udine, Trento, Firenze, Napoli, Santa Maria Capua Vetere. A Roma il 30 ottobre parlerà all’Università La Sapienza. Tra qualche minuto, sono le 12.30, Angelos arriverà qui, in questo campetto di periferia, in questo spazio improvvisato.

Quando arriva, si siede con noi ad un tavolo e cominciamo a parlare.

Angelos, negli ultimi mesi in Grecia si sono susseguiti 19 scioperi generali, occupazione di fabbriche e scuole, manifestazioni di piazza spesso sfociate in disordini e interventi della polizia. Noi vediamo quanto viene trasmesso dai media. Ci può aggiornare sulla attuale situazione in Grecia?

Dopo le elezioni del 17 giugno, dove Syriza ha perso solo per un pugno di voti, c’è stato un momento di demoralizzazione e per qualche mese non è successo più nulla. La gente aspettava una nuova tornata di lotte.  Penso che oggi siamo proprio in questa situazione: ci troviamo di fronte ad una nuova ondata di mobilitazione. Subito dopo l’estate sono stati convocati due scioperi generali. Uno dei quali, quello del 26 settembre, ha visto manifestazioni di massa. Allo stesso tempo è vero, come si è potuto vedere dalle televisioni, la brutalità della polizia ha avuto un salto di qualità. Ci sono dei rapporti, dei resoconti di una brutalità estrema attuata dalla polizia. La cosa più interessante è che sta cominciando ad emergere una divisione all’interno dei settori più elevati della burocrazia sindacale. Perché una parte dei vertici sindacali, comincia a capire e a dire che è necessario uno sciopero generale ad oltranza per sconfiggere le misure dell’austerità e penso che questo sarà un elemento molto importante per dare una nuova spinta alle lotte. Chiaramente questa avanzata del movimento non sarà lineare. Avrà delle contraddizioni. Ci saranno dei periodi di riflusso e dei periodi di nuova avanzata.

Alcuni punti del programma di Syriza, la Coalizione della Sinistra Radicale greca, per le elezioni del 17 giugno 2012 recitavano:

–         la cancellazione del debito;

–         la rimozione delle leggi anti-operaie degli ultimi anni;

–         la nazionalizzazione dei centri fondamentali dell’industria e dell’economia.

Ovviamente si tratta di misure che non possono essere accettate dall’Unione Europea. Come pensate di poterle applicare? Qual è il vostro progetto realistico tenendo conto di questi ostacoli?

Innanzitutto bisognerebbe chiedersi che cos’è realistico. Per quali interessi e per chi. Sembra molto realistico seguire tutto quello che la troika [Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, ndr] e la borghesia ordina. È molto semplice dire di sì a quello che ordinano perché è negli interessi dei grandi capitalisti e dei grandi banchieri, dei ricchi in Grecia e della borghesia internazionale in genere. La coalizione di Syriza sostiene ufficialmente nel suo programma che resterà nell’Unione Europea e nell’euro. Allo stesso tempo dice che cancellerà il Memorandum e grande parte del debito sarà eliminato. [Il Memorandum prevede la concessione ad Atene di un prestito di 130 miliardi e come contropartita il taglio di 15mila posti di lavoro pubblici solo nel 2012, il taglio del salario minimo del 22 per cento, il taglio alle pensioni di circa 300 euro nel 2012, maggiori flessibilità e competitività del mercato del lavoro (facilitando assunzioni e licenziamenti), misure per la riduzione dell’evasione fiscale, privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica, allo scopo di recuperare 15 miliardi di euro entro il 2015 e ridurre il debito pubblico al 116 per cento del PIL entro il 2020. Questo piano di salvataggio fu accettato dal governo “tecnico” greco di Lucas Papademos e approvato dal Parlamento greco domenica 12 febbraio 2012, ndr]. Però questa è una contraddizione che a banchieri e Unione Europea non piacerà affatto. Così crediamo che non sia realista pensare che questo programma si possa portare aventi con l’accordo della borghesia. Dunque se la gente decide che bisogna scontrarsi con questo stato di cose, dobbiamo essere pronti a portare aventi un programma complessivo che comprenda la cancellazione del debito ma che includa anche una grande trasformazione dell’economia. Solo un primo stadio di questo processo può avvenire a livello nazionale, perché subito dopo che un governo delle sinistre sarà eletto in Grecia, sarà necessario un appello internazionalista per la classe operaia di tutta Europa allo scopo di trasformare in maniera rivoluzionaria l’economia europea. E pensiamo che questo sia realistico.

Per realistico intendevo dire come ritenete possibile una contrapposizione vincente con una potenza come quella che voi definite la Troika… Ricorda un poco la vicenda dello scontro tra Davide e Golia.

Ma alla fine Davide ha vinto…

Se in Grecia abbiamo visto che Syriza è arrivata ad un passo dalla vittoria, negli altri paesi europei, penso soprattutto all’Italia, alla Spagna e al Portogallo che sono quelli maggiormente interessati dalla crisi attuale, le sinistre non sono né così unite né così forti. Poiché il titolo di questo tour è “Il vento della Grecia arriva in Italia” come pensate, voi che per certi versi siete l’avanguardia, la punta avanzata della lotta di classe in Europa, che si possa esportare la vostra esperienza in Italia, ad esempio, ma anche e soprattutto in quei paesi più forti come la Germania dove la crisi non è così evidente.

Penso che la cosa più importante sia che tutti gli attivisti nel resto d’Europa abbiano bene in mente come priorità quella di essere preparati perché questa situazione non potrà durare per sempre. Qualche anno fa nessuno pensava che la Grecia finisse in una situazione del genere. Elementi di ciò che poi è accaduto potevano essere visti ma solo da occhi esperti. Per quanto riguarda la sinistra non è affatto vero che in Grecia è unita. Per decenni la classe operaia greca è stata legata al partito socialista Pasok a cui forniva una grande maggioranza, ma poi il partito legava questi interessi alla borghesia.  Il secondo partito di sinistra greco era il Partito Comunista che ha una base molto seria fra la classe lavoratrice, ma con un atteggiamento, una posizione di ultra sinistra, estremista e settaria, che continua a seguire ancora oggi. Syriza è stata creata principalmente da un partito come Synaspismós [presieduto, dal febbraio 2008 da Alexis Tsipras che è anche leader di Syriza, ndr] che ha una base di massa relativa, che a sua volta si è formato attraverso una grande scissione dal Partito Comunista all’inizio degli anni ’90. È un partito tradizionale della sinistra e l’appello all’unità fatto da Synaspismós è stato in realtà raccolto solo da piccoli gruppi della sinistra che hanno accettato questo appello. Ancora più a sinistra poi ci sono anche altri gruppi che si sono coalizzati tra loro. Quello che fa la differenza di Syriza oggi, dopo tutte queste lotte, è che la maggioranza della classe operaia che era legata al Pasok  e ai sindacati, si sono spostati a sinistra e sono approdati a Syriza, proprio perché Syriza ha mantenuto questo atteggiamento di unità e si è rifiutata di considerare ogni segnale di alleanza con dei governi di centro-sinistra. Penso che sia molto importante capire questo. Dalle discussioni che ho avuto in questi giorni in Italia, ho capito che tutte le volte che si parla di unità a sinistra qui da voi si parla di unità con un governo, con una coalizione di centro-sinistra. La lezione che si deve imparare dalla Grecia è che bisogna evitare alleanze di questo tipo.

Credo che questa crisi sia legata al modello di sviluppo che l’Occidente ha intrapreso. Una decina di anni fa poco più, sembrò che il cosiddetto movimento no-global  potesse modificare l’agenda politica dei governi occidentali imponendo modifiche sostanziali al modello di sviluppo neo-liberista. Un merito del movimento dei movimenti fu quello di portare all’attenzione dell’opinione pubblica i nodi di questo modello di sviluppo. Al suo apice il New York Times parlò addirittura di “seconda potenza mondiale”. Abbiamo poi visto come sono andate le cose. Perché secondo lei? Il movimento no-global dopo un gioioso canto del cigno (il Forum sociale europeo del  novembre 2002) sembra essersi dissolto. Ma di fatto non si sono estinti le migliaia di movimenti che lo costituirono. Visto il fallimento di un movimento così vasto nel tentativo di modificare questo modello capitalista come crede che un’esperienza tutto sommato locale come la vostra possa riuscirci?

Il movimento anti globalizzazione è stato un movimento molto importante. Per la prima volta le lotte contro il sistema sono state elevate a livello internazionale. Questo movimento per la maggior parte era costituito da giovani che quasi sempre sono un barometro molto sensibile per lo sviluppo della coscienza della gente. In questo  movimento c’erano tantissime idee diverse. Fondamentalmente hanno posto problemi più che proporre qualcosa. Spesso erano attivisti che giravano per il mondo per contestare le conferenze dei grandi leader e delle grandi organizzazioni economiche e finanziarie. Non ha avuto la capacità di capire qual era la forza reale della società che avrebbe potuto trasformare il mondo. Quello che invece abbiamo oggi è che la globalizzazione stessa si è trasformata in una crisi globale del capitalismo e come marxisti diciamo che la crisi del capitalismo è la crisi del modo di produzione del capitalismo. E chi produce, chi ha un ruolo chiave nella produzione è la classe operaia, la quale aveva niente a che fare o poco a che fare col movimento anti globalizzazione. Ma l’austerità in tutti i paesi non solo in Grecia, ha creato la possibilità che in tutti i paesi la classe operaia si possa muovere. In molti paesi ciò è avvenuto dopo molti decenni di riflusso. Questo accade non per merito del movimento anti globalizzazione ma per quella che noi chiamiamo la rivoluzione mondiale. È un processo che prenderà molti mesi, ma siccome il capitalismo non è in grado di lottare contro le sue proprie inefficienze, la sola forza che dovrà e potrà trovare una soluzione è proprio la classe operaia. Così adesso ci troviamo ad un livello superiore rispetto al movimento anti globalizzazione.

In passato una critica al determinismo marxista è stata l’incapacità del comunismo di concepire e quindi di prevedere una evoluzione/trasformazione del capitalismo che nel ’900 non è collassato ma si è modificato, recependo ed elaborando principi ed esigenze sociali. In parole semplici le socialdemocrazie con la creazione del welfare, il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, la creazione di un sistema di tutele, ha come spiazzato e reso inutile l’opzione rivoluzionaria. Un riformismo che ha contaminato piano piano anche i partiti comunisti occidentali che, partiti con un’ispirazione rivoluzionaria, hanno deviato verso il riformismo. Recentemente alcune vertenze antiliberiste, di matrice no-global (vedasi la Tobin tax) così come ripensamenti e critiche a questa deriva verso un supercapitalismo avanzate da illustri economisti (Reich) fanno pensare che siamo alle soglie di una nuova trasformazione del capitalismo. Lei cosa crede?

È vero che il capitalismo riesce a trasformarsi come tu hai ricordato, ma non può farlo in ogni circostanza e in ogni momento. È vero che ci sono state grandi riforme negli anni ’50 e ’60 ma la base materiale per quelle riforme fu il grande boom dell’economia capitalista. La precondizione politica per questo fu che nel dopoguerra i partiti dei lavoratori concessero il potere alla borghesia. È molto difficile oggi che il riformismo abbia la forza di tradire nuovamente e più volte la classe operaia e proprio sulle basi della crisi attuale del capitalismo. L’unico modo per cui il capitalismo si può trasformare è solo attraverso controriforme brutali e autoritarie. Riforme di tipo keynesiano come negli anni ’60 non sono più possibili perché una grande quantità di risorse produttive nella società devono prima essere distrutte perché possa arrivare un nuovo boom delle forze produttive. Così oggi la rivoluzione mondiale è all’ordine del giorno per i prossimi decenni. La questione è: c’è un partito rivoluzionario che può sfruttare questa situazione per abbattere il sistema?

Quali scenario lei si immagina per i prossimi mesi/anni? Che futuro a breve prevede per la Grecia?

Ovviamente non possiamo indovinare cosa succederà in Grecia, ma quello che sappiamo sicuramente è che le cose stanno peggiorando sempre di più. La prospettiva per un rinascimento della Grecia su basi capitaliste non è all’ordine del giorno. La vera prospettiva che c’è è o rivoluzione o controrivoluzione. Non è affatto detto che la borghesia europea, le nazioni forti, siano in grado di controllare questa situazione. E queste condizioni rivoluzionarie della Grecia prima o poi interesseranno anche i paesi europei più forti. Quello che dobbiamo solo dire è organizzarsi e prepararsi per gli avvenimenti futuri ed essere pronti a combattere a livello nazionale e internazionale. Ecco perché siamo qua.

Ringrazio e lascio che Angelos e Roberto Sarti, che ha tradotto la conversazione, pranzino prima dell’inizio della prevista assemblea e del trasferimento a Modena, dove nel pomeriggio è previsto un altro incontro pubblico. Alcune ragazze hanno portato un ampio contenitore con del kebab. Mi offrono una pita. Si sono radunate una ventina di persone. Cade qualche goccia di pioggia e a stare fermi il freddo comincia a farsi sentire. I giornaletti e gli opuscoli in vendita sul banco sono umidi. Prima di andare lascio un’offerta e prendo una copia di ΕΠΑΝΑΣΤΑΣΗ: la traduzione italiana dall’originale greco del Programma per la Rivoluzione in Grecia.
Il tono dimesso, le poche persone presenti, l’assenza assoluta di chiasso, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, non suscitano per nulla malinconia o tristezza e poi, a ben guardare, s’è alzato anche un po’ di vento.