Oggi 30 novembre 2012, verrà emessa a Rimini dal giudice monocratico Silvia Corinaldesi la sentenza di primo grado nel procedimento penale che vede imputato Mario Scaramella, accusato di calunnia ai danni dell’ex dirigente comunista sammarinese avvocato Alvaro Selva.

Il pubblico ministero Paolo Giovagnoli ha chiesto 6 anni di reclusione senza sconti, mentre il querelante ha chiesto centomila euro di risarcimento. Avendo Scaramella patteggiato nel 2008 una pena a 4 anni per calunnia nei confronti dell’ex agente del Kgb Aleksandr Talik, in caso di condanna per lui potrebbero scattare gli arresti, anche se è più probabile una sospensione della pena in attesa del giudizio d’Appello.

Mario Scaramella balzò agli onori della cronaca nel novembre 2006 in concomitanza con la morte, il 23 novembre di quell’anno, di Aleksandr Litvinenko, il defezionista russo già colonnello del Kgb e poi dell’Fsb, avvelenato con una dose di polonio 210 radioattivo lo stesso giorno, il 1° novembre, in cui a Londra aveva incontrato tra gli altri proprio il professore napoletano.

Scaramella, consulente della Commissione Mitrokhin (2002-2006), aveva conosciuto Litvinenko, così come diversi altri ex agenti dei servizi dell’est, nell’ambito del suo mandato in Commissione che consisteva nell’indagare sullo spionaggio illegale di Mosca a danno dell’Italia.

Proprio in queste settimane sta per entrare nel vivo in Gran Bretagna il processo che cercherà di appurare chi e perché avvelenò Litvinenko, il quale aveva ottenuto da poco la cittadinanza britannica. Le indagini di Scotland Yard hanno portato ad individuare i possibili esecutori dell’omicidio in due ex colleghi di Litvinenko ovvero Andey Lugovoi (oggi deputato alla Duma) e Dimitri Kovtun, per il quale, nel febbraio scorso, è stata chiesta invano l’estradizione dalle autorità britanniche.

Nel processo di Rimini, Mario Scaramella è stato ascoltato dal pm e dai suoi avvocati il 22 ottobre 2012. In oltre tre ore e mezza di interrogatorio, il consulente napoletano ha rievocato scenari da guerra fredda, entrando nei dettagli su presunti traffici di materiale nucleare che vedevano nella Repubblica del Titano uno dei luoghi deputati, prima dall’Urss poi dalla Federazione russa, al deposito di fondi  da utilizzare in operazioni segrete speciali.

Il 16 novembre 2012 è stata la volta della testimonianza dell’onorevole Paolo Guzzanti, ex presidente della Commissione Mitrokhin. Purtroppo ancora una volta ci tocca rilevare come la stampa sulla vicenda operi con scarsa professionalità, forse ancora suggestionata dalla ferocissima campagna mediatica che investì la Commissione Mitrokhin tra 2006 e 2007, a lavori ormai terminati da oltre 7 mesi.  Come abbiamo denunciato nel nostro libro “Periodista di la verdad! – Controinchiesta sulla Commissione Mitrokhin, il caso Litvinenko e la repubblica della disinformazione” (Giraldi, 2008), il quotidiano la Repubblica in testa, ma seguito a ruota da quasi tutti gli altri giornali, riversò su quella Commissione d’inchiesta ed in particolare proprio su Guzzanti e Scaramella, torrenti d’inchiostro e di veleno a suon di interviste manipolate. Fuori dal coro, si distinse per onestà e competenza solo il Roma di Napoli con una lunga inchiesta firmata da Gian Paolo Pelizzaro e Vincenzo Nardiello.

Come dicevamo i media mantengono a distanza di sei anni un pregiudizio su quella vicenda tanto che il 17 novembre 2012, nella cronaca della deposizione di Guzzanti, sul Corriere Romagna San Marino, Patrizia Cupo ha titolato il suo pezzo “Guzzanti ‘scarica’ Scaramella”.

In realtà il deputato ed ex presidente della Commissione Mitrokhin, nelle oltre due ore di interrogatorio, non ha per nulla “scaricato” il consulente napoletano. Ha viceversa rievocato puntualmente le vicende di quei mesi tra l’estate del 2005 e il gennaio 2006, ricostruendo le referenze di Scaramella, quale esperto in materia di sicurezza ambientale, professore universitario in Italia e negli USA nonché membro illustre della comunità di intelligence anglo-americana. Il magistrato palermitano Lorenzo Matassa, consulente della stessa Commissione parlamentare Mitrokhin, conobbe Scaramella all’Università californiana di Stanford durante una missione ufficiale. Segnalato al presidente Guzzanti, Scaramella verrà nominato all’unanimità collaboratore della Mitrokhin nel dicembre 2003.

In principio l’attività del consulente napoletano si limitò ad introdurre agli inquirenti l’ex ufficiale defezionista dei servizi segreti militari sovietici Victor Suvorov, quindi la sua attività consistette nel raccogliere le dichiarazioni di personaggi del calibro di Oleg  Gordievskij, Vladimir Bukovskij, Evgeni Limarev, ma soprattutto Aleksandr Litvinenko. Quest’ultimo fu colui il quale fornì tutta una serie di indicazioni che portarono Scaramella ad investigare proprio a San Marino sul ruolo di potenti politici locali legati da decennali rapporti affaristici e politici con l’intelligence di Mosca e sospetti finanziatori di operazioni illegali quali il traffico di uranio.

Durante la sua testimonianza Guzzanti ha definito Scaramella “vulcanico”, “affidabile”, “persona accreditata”, dipingendolo come un valido collaboratore ben lontano dal personaggio discutibile costruito in questi anni dai maggiori giornali italiani.

Guzzanti, in merito alla vicenda processuale, ha anche confermato di aver chiesto egli stesso a Scaramella di denunciare ogni singolo sospetto (anche le ipotesi e le suggestioni che non potevano certo essere approfondite in Commissione) alla Polizia di Rimini prima, ed alla Procura distrettuale di Bologna poi, affinché fossero verificate le notizie inquietanti che erano state raccolte da Scaramella durante i debriefing di Litvinenko.

L’appuntamento con i magistrati bolognesi per il 30 gennaio 2006, durante il quale fu commessa da Scaramella l’ipotizzata calunnia, fu concordato proprio da Guzzanti in persona, durante un interrogatorio in Commissione Mitrokhin di Paolo Giovagnoli (lo stesso magistrato che oggi rappresenta a Rimini la pubblica accusa contro Scaramella) e dell’allora Procuratore capo di Bologna Enrico Di Nicola. L’interrogatorio in Commissione dei due magistrati bolognesi, avvenuto il 24 e il 25 gennaio 2006,  era stato incentrato su Thomas Kram, il terrorista tedesco del gruppo Carlos che aveva pernottato a Bologna la notte tra il 1° e il 2 agosto 1980, giorno della strage alla stazione centrale. Giovagnoli si era occupato della vicenda Kram nel 2001, sulla base di una segnalazione proveniente dalla Digos di Bologna a sua volta attivata dall’allora capo della polizia Gianni De Gennaro, ma  il fascicolo era stato archiviato nel giro di una settimana. Nel novembre 2005 la procura bolognese fu costretta a riaprire l’inchiesta sulla strage del 2 agosto proprio in virtù di elementi emersi in Commissione Mitrokhin. Nell’estate del 2011 Thomas Kram e la sua sodale Christa Margot Fröhlich sono stati iscritti sul registro degli indagati.

Suggestive alcune domande che Giovagnoli ha posto a Paolo Guzzanti, apparentemente non pertinenti con l’oggetto del procedimento in corso a Rimini.

Il pm infatti ha domandato se la volontà e gli intenti di Guzzanti e della Commissione da lui presieduta fossero quelli di screditare il centro sinistra in vista delle allora imminenti elezioni politiche (aprile 2006). Una tesi che fu sostenuta durante la già citata campagna denigratoria scatenata dopo la morte di Litvinenko. La domanda di Giovagnoli è quindi servita a rievocare in aula la famosa vicenda di Romano Prodi “our man”, ovvero “coltivato” dai servizi sovietici. Guzzanti ha ricordato come quelle dichiarazioni vennero rese in video da Litvinenko e come egli decise di secretarle proprio per evitare strumentalizzazioni politiche.

Oggi 30 novembre dunque, il Giudice Silvia Corinaldesi, leggerà in un’aula piena di giornalisti ed osservatori anche inglesi e russi la sentenza di un processo che seppur incentrato su una vicenda locale ha assunto una valenza ben più ampia, che necessariamente si connette alla morte di Alexander Litvinenko e alla grave crisi diplomatica venutasi di conseguenza a creare tra Gran Bretagna e Federazione russa. In attesa di conoscere il suo destino, Mario Scaramella è stato messo sotto protezione dal Comitato provinciale di ordine pubblico e sicurezza, su richiesta delle autorità britanniche. Nel processo londinese sarà sentito come testimone della Corona.

Gabriele Paradisi