Il 5 novembre scorso nella pagina web del sito http://www.rischiocalcolato.it  si leggeva: “…si può permettere che i marò siano ancora prigionieri in India dal giorno dell’incidente il 15 febbraio: Qualsiasi Stato degno di se sarebbe corso a riprendersi i propri soldati…”. Parole che sembrano rispecchiare il pensiero che alberga nell’animo di molti in Italia e che quindi mette il dito nella piaga.  Indubbiamente, dopo tanto tempo trascorso senza aver ottenuto nulla, è opinione condivisa da molti che sia giunta ormai l’ora di trovare una soluzione, definitiva, per riportare a casa i due marò italiani, Massimiliano LaTorre e Salvatore Girone. La loro vicenda è da mesi al centro della diatriba in atto tra Italia e India. Una vicenda che vede loro malgrado protagonisti i due militari italiani che sono trattenuti contro la loro volontà e quella del loro governo dalle autorità dello stato federale indiano del Kerala da quasi 9 mesi, tra due giorni. Una vicenda che è soprattutto caratterizzata dall’atteggiamento intransigente dell’India che con questo suo modo di fare mette a rischio soprattutto la lotta al fenomeno della pirateria marittima.  Come andrà a finire è difficile poterlo dire in anticipo, ma è immaginabile che di certo nessuno vorrà rimanere con le mani in mano specie poi, se i due marò dovessero essere condannati. I presupposti ci sono tutti. Oggi il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha dichiarato alla stampa esplicitamente: “I due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono trattenuti immotivatamente e illegalmente in India e l’Italia si aspetta dalla Corte di Nuova Delhi un verdetto favorevole che possa consentire il loro ritorno in patria. Stiamo aspettando una decisione della Corte Suprema di Nuova Delhi che tarda ad arrivare. Di certo, dalla nostra ci sono tutte le ragioni giuridiche per aspettarci un verdetto favorevole su due aspetti fondamentali: quello della sovranità dello stato di bandiera per le navi in alto mare, e quello della giurisdizione funzionale sui militari, quali organi dello Stato. Questo secondo aspetto riguarda la dignità delle forze armate rappresentate da due uomini che sono immotivatamente e illegalmente trattenuti da otto mesi da uno Stato straniero e su questo l’Italia è determinata a far valere le sue ragioni”.
In questi giorni, entro l’8 novembre, erano attesi con trepidazione nuovi sviluppi del caso che vede coinvolti loro malgrado i due militari italiani. Era attesa soprattutto l’agognata sentenza della Corte Suprema indiana, a cui l’Italia ha fatto ricorso per stabilire a chi spetti la giurisdizione del caso, e che ancora una volta non è arrivata.  Un non decidere inspiegabile e discutibilissimo. Questo organo giudiziario, il massimo, paragonabile alla Corte Costituzionale italiana, che ha sede a New Delhi, non si è finora, incomprensibilmente, ancora pronunciato in merito alla vicenda rimandando di volta in volta ogni pronunciamento. A causa di questo mancato pronunciarsi sulla vicenda, in India non è stato possibile celebrare ancora alcun giudizio, da parte del competente tribunale indiano di Kollam, sulle responsabilità dei due militari italiani che di conseguenza restano, contro la loro volontà e quella del governo italiano, in libertà su cauzione ancora trattenuti nel Paese asiatico. A riguardo, il numero uno della Farnesina,  ha spiegato che non esiste nessun rinvio e che la Corte Suprema indiana sta decidendo circa il caso dei due marò, e che le più alte autorità indiane hanno garantito una sentenza in tempi brevi.  Per il ministro gli unici rinvii sul dossier marò sono quelli del tribunale locale indiano del distretto di Kollam, che aspetta di celebrare il processo per omicidio. Terzi ha spiegato  che questi rinvii sono nell’assoluto interesse dell’Italia, dal momento che è bene che i due soldati italiani non vengano portati dinnanzi al tribunale locale per il processo per il presunto omicidio. Nel frattempo, però, LaTorre e Girone  restano in sospeso ed attendono da mesi, fra due giorni per l’esattezza 9 mesi, di essere processati.
Questa vicenda che riguarda questi due sottufficiali della Marina Militare è iniziata il 15 febbraio scorso quando si trovavano insieme ad altri 4 commilitoni come team di sicurezza, a bordo della petroliera Enrica Lexie della società F.lli D’Amato di Napoli. I due sono stati accusati dalle autorità del Kerala di aver ucciso per errore, in mare, due pescatori locali. I due sarebbero stati scambiati dai marò per pirati somali. I militari italiani erano parte di un Nucleo Militare di Protezione, NMP, istituiti dall’Italia con la legge 130 del 2011 per difendere le navi commerciali di bandiera dagli attacchi pirati. Una legge fortemente voluta dagli Armatori e nettamente fatta male, come lo ha pubblicamente riconosciuto il numero due della Farnesina, Staffan de Mistura e a cui ora il Parlamento italiano sta lavorando per approntare misure idonee a sanarla mentre gli Armatori italiani, per bocca di CONFITARMA, continuano a spingere per l’introduzione di una norma che permetta anche, anzi l’utilizzo di team di sicurezza privati a bordo delle navi di bandiera sulle tratte a rischio pirateria. Nel frattempo, l’Italia attende che l’India rispetti  pienamente il diritto internazionale. L’incidente infatti, è avvenuto quando la Enrica Lexie si trovava ormai a 22 miglia nautica dalle coste meridionali indiane, quindi oltre al limite internazionalmente riconosciuto delle 12 miglia. Per questo motivo l’Italia sostiene che spetti ad essa giudicare e, se riconosciuti colpevoli, condannare i due militari italiani. La vicenda dei due marò però, va per le lunghe ed ha finito per scatenare una vera e propria battaglia legale, a colpi di istanze, tra i due Paesi. Mentre di pari passo procede il lavoro certosino della diplomazia italiana e quello della politica per riportare a casa i  due marò, sani e salvi. Per tutti  è chiaro che il comportamento delle autorità locali indiane del Kerala è contrario al principio dal codice penale internazionale che stabilisce che gli organi dello Stato sono immuni dalla giurisdizione penale dello Stato straniero quando svolgono attività ‘iure imperii’.
La convinzione generale è che la Corte Suprema indiana è difficile che si possa pronunciare contro la richiesta di giurisdizione richiamata dall’Italia in base al diritto internazionale.  Diversamente verrebbero meno tutti i valori giuridici che tengono insieme la giurisprudenza nazionale e internazionale nel senso che chi si farebbe carico di una decisione contro, macchierebbe il proprio onore e quello dell’istituzione che rappresenta. Forse per questo motivo si continua a tergiversare alla ricerca di un ‘miracolo’ per uscire dalla situazione creatasi. Con molta probabilità questo tergiversare da parte degli indiani è solo un modo per cercare di salvare capra e cavoli in maniera onorevole. In merito alla vicenda il 27 ottobre scorso con una nota la Farnesina ha dichiarato che il capo della diplomazia italiana, Giulio Terzi ha preso contatto con il neo ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid. Un contatto cercato da Terzi con il neo capo della diplomazia indiana per ribadirgli l’urgenza di una soluzione positiva e improcrastinabile del caso dei due marò sottolineando il fatto che il governo italiano annette importanza prioritaria alla vicenda nel quadro delle relazioni tra Italia e India. Tra i due Paesi sono infatti, di rilevante importanza gli scambi specie nel settore degli investimenti e delle forniture militari. Nel frattempo, quello del ministro della Difesa, Giampaolo di Paola appare come un atteggiamento del tutto opposto a quello del suo collega di governo , il ministro degli Esteri Giulio Terzi.  Ha infatti un significato davvero rilevante quello che è accaduto il 3 novembre scorso, quando il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola collegandosi dal Comando della squadra navale a Roma in videoconferenza, per inviare il consueto messaggio di saluto al personale militare italiano impegnato nei teatri operativi all’estero, in occasione della festa dell’Unità nazionale e Forze armate, a sorpresa si è collegato per pochi minuti in videoconferenza anche con i due marò. In un ambiente molto familiare agli addetti ai lavori i due marò in divisa bianca della Marina Militare sono apparsi in video suscitando sorpresa e clamore tra i presenti all’oscuro del collegamento fuori programma. Addirittura si racconta che il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’Ammiraglio di Squadra, Luigi Binelli Mantelli sia scattato verso il monitor alzandosi di sobbalzo dalla sedia su cui era seduto. Il ministro della difesa nel portare loro la solidarietà di tutti ha poi, affermato: “Ciao Massimiliano e Salvatore, un saluto affettuoso a voi, che siete ingiustamente trattenuti in India. Vi siamo vicini, fino alla giusta risoluzione del vostro caso. Sono fiducioso della soluzione della Corte suprema indiana, che riconoscerà il vostro diritto ad essere giudicati in Italia”. Da parte dei due marò sono state espresse parole di ringraziamento per la vicinanza da parte dell’Italia, ringraziamento non solo per Di Paola, ma anche per il ministro degli Esteri, Giulio Terzi e l’intero governo. Il ministro Di Paola ha replicato sottolineando che: “voi non dovete ringraziare, il nostro dovere è esservi al fianco. Siamo noi che vi ringraziamo per la dignità e per l’onore con cui state vivendo questo momento difficile e prolungato”. Nel corso del collegamento Di Paola ha anche affermato: “Facciamo quello che dobbiamo fare. Siamo fiduciosi che riabbraccerete presto i vostri cari in Italia”. Parole che hanno suscitato la curiosità in tutti gli operatori dell’informazione presenti a cui successivamente il numero uno della Difesa ha spiegato che: “Siamo fiduciosi che la Corte Suprema indiana saprà riconoscere il diritto italiano, il giusto diritto dell’Italia di giudicare i suoi fucilieri di Marina. Sui tempi però, c’è incertezza anche la giustizia indiana ha i suoi tempi”. http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2012/11/03/maro_india_di_paola_collegamento_governo.html  Dopo tanto dire e poco fare sembra ormai naufragare quella linea soft tentata finora dalla diplomazia italiana che ha cercato di tenere quanto più basso possibile il profilo della vicenda per cercare di giungere ad un risultato, riportare i due marò a casa, che invece, si è allontanato sempre di più. Quasi a volerne ribadire il passaggio ad un tono più forte rispetto al passato è stato poi, l’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che nei giorni scorsi ha affermato: “L’Italia continuerà a compiere ogni tenace sforzo per riportare a casa i due marò detenuti in India a causa di un’insufficiente garanzia di tutela dell’impegno esplicato nella missione internazionale contro la pirateria nell’Oceano Indiano”.  Che i due fucilieri del reggimento San Marco, LaTorre e Girone, siano i veri responsabili della morte dei due pescatori indiani è ben chiaro a tutti che è del tutto da dimostrare e seppure fosse, il fatto è accaduto in acque internazionali dove l’India non ha giurisdizione e a bordo di una nave battente bandiera italiana. Per cui è indubbiamente sindacabile il comportamento delle autorità indiane che trattengono contro la loro volontà e quella del loro governo due militari italiani, funzionari dello stato arrestati mentre svolgevano servizio per conto del loro Paese su una nave commerciale di bandiera. Inoltre. È stato dimostrato che i due marò esplosero effettivamente alcuni colpi, senza nemmeno colpirla, per fermare un’imbarcazione che si stava avvicinando troppo alla nave su cui erano imbarcati e che questa certamente non era il Saint Anthony, il peschereccio indiano su cui erano imbarcati i due pescatori uccisi in mare. I due sottoufficiali di marina attualmente si trovano in libertà su cauzione con l’obbligo di risiedere nella città portuale di Kochi nel Kerala e di potersi spostare per non più di 10 km, ma il mare è ad una distanza minore. Si tratta della città da cui è iniziata questa vicenda dopo che la petroliera Enrica Lexie, della società armatrice partenopea F.lli D’Amato, il 15 febbraio scorso è tornata indietro, sebbene si trovasse già in acque internazionali, mettendo di fatto i due militari italiani nelle mani delle autorità dello stato meridionale indiano. La nave dopo un breve periodo sotto sequestro,  lo scorso mese di maggio, è tornata dal ‘suo’ armatore, mentre i due militari sono rimasti in India.

Ferdinando Pelliccia