250px-Ni-mapPirati nigeriani di nuovo in azione nelle acque dell’Africa Occidentale. Dopo gli episodi registrati nei mesi scorsi le gang del mare nigeriane hanno ancora una volta attaccato un rimorchiatore e sempre al largo della regione petrolifera nigeriana dello stato di Bayelsa nel sud del Paese africano. Quanto accaduto, con un rimorchiatore, stavolta battente bandiera italiana, ancora assaltato e dirottato dai pirati nigeriani, dimostra che in quella parte del mondo è in corso  un’evoluzione. Una vera e propria trasformazione in peggio che riguarda il fenomeno della pirateria marittima. I dati diffusi in merito dall’International Maritime Bureau,IMB, sono divenuti sempre più allarmanti man mano che sono trascorsi gli anni. Nel mare dell’Africa Occidentale l’attività piratesca, che dal 2009 era sostanzialmente stabile fino allo scorso anno, di pari passo al regredire di quella dall’altro capo del continente ossia al largo della Somalia è divenuta sempre più spregiudicata e agguerrita incentivata soprattutto dall’aumentare dei margini di guadagno a fronte di un rischio minimo e accettabile. Con questo ultimo episodio sono ben 51 quelli legati al fenomeno nel 2012, sono stati 53 nel 2011 e 47 nel 2010, e con questi ultimi 4 marittimi presi in ostaggio sale a 15 il numero di quelli catturati quest’anno dai pirati nigeriani dopo l’abbordaggio della loro nave. La cifra reale è probabilmente più alta. Come sempre gli Armatori per paura degli aumenti dei premi assicurativi non denunciano e preferiscono pagare il riscatto chiesto dai pirati. Secondo una stima per difetto i pagamenti si aggirano a circa 100 mln di dollari l’anno. Ora, sembra che nel mirino dei pirati nigeriani non vi sia più solo il carico delle petroliere, prodotti petroliferi lavorati, per lo più benzina del valore di milioni di dollari, che rubano e rivendono al mercato nero, ma i marittimi che compongono gli equipaggi delle navi. Di fatto questi uomini sembra che siano visti, dai predoni del mare, come merce più preziosa del carico stesso della nave in quanto possono essere scambiati con denaro, molto più denaro, ossia l’evoluzione del fenomeno vede l’introduzione dello scopo del sequestro quello della richiesta di un riscatto per il rilascio dei marittimi-ostaggi. Da rapina a mano armata quindi il fenomeno si sta trasformando in rapina a scopo estorsivo. Per i pirati nigeriani i cargo adibiti al trasporto di attrezzature e di personale da un punto all’altro della costa sono la migliore delle occasioni per procurarsi degli ostaggi.  Nel mese di ottobre scorso, più o meno nelle stessa area, era toccato al rimorchiatore francese ‘Liberty Bourbon 249‘. Parte dell’equipaggio, composto da 6 russi ed un estone, venne catturato e trattenuto in ostaggio dai pirati dal 15 ottobre fino al 2 novembre successivo. Due lunghe settimane di prigionia terminate dopo estenuanti trattative. Pochi giorni prima, il 4 ottobre, era stata sequestrata e dirottata una petroliera tedesca. In quel caso il sequestro era durato giusto il tempo di travasarne il carico. Questo a denotare la duplicità del fenomeno. Questo nuovo episodio riporta ancora alla ribalta un fenomeno che in quella parte del mondo comincia a prendere piede e ad espandersi in maniera pericolosa. Dal mese di luglio scorso si è assistito ad una prima evoluzione. L’assalto dei pirati nigeriani prima avveniva quasi sempre mentre le navi erano impegnate nelle operazioni di trasferimento del loro carico e lo scopo era quello di rubarlo per poi, rivenderlo al mercato nero.  Questo faceva si che il sequestro si risolvesse in breve tempo, al massimo in sette giorni. Poi, successivamente si è assistito ad un vero e proprio salto di qualità nelle azioni dei pirati nigeriani. Essi oramai agiscono con modalità simili a quanto avviene al largo delle coste somale come se avessero subito dei preoccupanti ‘innesti’. Nel secondo semestre del 2012 si registra un cambio nel tentativo di catturare le navi. Ora i predoni del mare cominciano a colpire anche al largo, lontano diverse miglia dalle coste. Per farlo ricorrono ad imbarcazioni d’altura, servendosi anche di pescherecci sottratti ai pescatori e quindi riescono anche facilmente a mimetizzarsi. A preoccupare è anche l’aumento della violenza. Si comincia a registrare un numero elevato di marittimi uccisi, almeno 4, o feriti, almeno 2, nel corso degli assalti pirati che ora avvengono anche durante la navigazione. Un fatto questo che in passato difficilmente si verificava. Il fatto che il fenomeno della pirateria marittima sia in forte crescita nelle acque del golfo di Guinea, un’area che copre una dozzina di Paesi tra cui Togo, Lagos e Nigeria, preoccupa non pochi. I governi di questi Paesi stanno cercando di contrastare la minaccia, ma molti sono deboli e dispongono di risorse limitate. Le cause che hanno originato il fenomeno e ne hanno provocato la recente recrudescenza sono molteplici e di diversa natura. La principale è anche in questo caso, come per la Somalia, problemi di carattere socio-politici locali. Contesti in cui pare che il narcotraffico abbia trovato campo libero per il transito attraverso la regione nei luoghi di smistamento. Si stima infatti, che circa il 27% della droga proveniente dall’Asia e che ogni anno raggiunge l’Europa transiterebbero attraverso l’Africa. Negli ultimi mesi si sono registrati assalti quasi ogni settimana e addirittura il 30 giugno scorso tre in un sol giorno. La gravità della situazione ha spinto i vari governi regionali a chiedere il sostegno di Paesi come Francia e Stati Uniti, che hanno messo a loro disposizione navi da guerra per pattugliare l’ampio territorio colpito dal fenomeno e istruttori per formare le guardie costiere.

Ferdinando Pelliccia