Mentre la pirateria marittima nel mare del Corno D’Africa e nell’Oceano Indiano è un fenomeno in calo. Obiettivo raggiunto grazie al contrasto armato delle navi militari internazionali e dalla difesa armata delle navi commerciali. Un centinaio di marittimi, membri degli equipaggi delle navi catturate e dirottate finora dai pirati somali, si apprestano a vivere il Natale in prigionia. Per molti di loro non è il primo.  Secondo recenti stime attualmente nelle mani delle gang del mare somale vi sono almeno 180 marittimi di diversa nazionalità. Tutti trattenuti a bordo delle loro navi catturate e in attesa che qualcuno paghi un riscatto per il loro rilascio.  Ad essi vanno poi, aggiunti almeno altri 25-30 marittimi che sono senza nave e sono tenuti prigionieri a terra o su un’altra nave sequestrata. Sono invece, almeno 5 le navi mercantili e diverse altre le barche da pesca catturate, dirottate e trattenute lungo la costa somala dove hanno i loro covi i pirati. Alcune di queste navi sono state sequestrata da diversi anni.  Questi lavoratori del mare vivono la loro quotidianità come animali in gabbia. Essi infatti, non sono più considerati esseri umani, ma si sono visti cambiare, dai pirati somali, il loro status in oggetto di scambio. L’unico modo per ottenere il rilascio di una nave catturata e del suo equipaggio rimane infatti, quello del pagamento di un riscatto. Un riscatto che finora è stato sempre pagato dal governo del Paese da cui proveniva la nave e l’equipaggio catturati o dall’Armatore proprietario della nave.  Si stima che finora siano stati diverse decine di lavoratori del mare, che dopo essere finiti nelle mani dei pirati somali, sono morti in prigionia. Sembra che alcuni marittimi ostaggi siano morti per gli stenti e per malattia o ferite e altri siano stati uccisi dalla gang del mare che li aveva in custodia come ritorsione al mancato o ritardato pagamento del riscatto richiesto. Probabilmente il primo caso in cui un ostaggio sia stato ucciso per ritorsione e quello del marittimo della MV Orna ucciso lo scorso mese di settembre. La nave battente bandiera di Panama di proprietà di una società negli Emirati Arabi Uniti è caduta nelle mani dei pirati somali il 20 dicembre del 2010 e nel maggio del 2011 è stata abbandonata perché distrutta da un incendio divampato a bordo, l’Armatore sembra che ormai abbia abbandonato l’equipaggio al suo destino. Se è immaginabile quello che le famiglie di questi marittimi prigionieri in Somalia vivono quotidianamente restando a casa in attesa di notizie è ancor di più possibile immaginare quello che accade a questi lavoratori del mare caduti nelle mani dei predoni del mare. Nell’attesa che qualcuno paghi il riscatto per il loro rilascio essi subiscono, dai loro carcerieri, angherie di ogni genere sia fisiche sia psicologiche, come finte esecuzioni e abusi sessuali, oltre che a vivere in condizioni igieniche vergognose. I rischi maggiori però, li corrono quelli che sono rimasti senza nave, perché affondata, rilasciata o abbandonata, e ancora di più quelli che si trovano a terra dove le garanzie per loro sono minori. Purtroppo il numero di questi prigionieri è in aumento a causa del cambiamento di tattica dei predoni del mare. I pirati somali infatti, dopo aver accettato il pagamento di un riscatto per il rilascio di una nave e del suo equipaggio negli ultimi tempi finiscono per trattenere alcuni dei membri dell’equipaggio. Si tratta di lavoratori del mare che poi, vengono utilizzati per negoziare la liberazione di pirati detenuti nelle carceri dei loro Paesi d’origine. In particolare la nuova tattica sta riguardando soprattutto i marittimi di nazionalità indiana e sudcoreana. Si tratta di due Paesi che si sono finora fortemente impegnati nel contrasto armato alla pirateria marittima e che detengono nelle loro prigioni alcune centinaia di pirati somali arrestati e regolarmente giudicati e condannati. E’ questo, il caso dei 7 indiani marinai della MT Asfalto Venture. Non ci sono conferme in merito, ma sembra che due di questi marittimi indiani siano morti nel corso della prigionia in Somalia tra il dicembre 2011 e il marzo 2012. A terra ci sono poi, i 6 indiani membri dell’equipaggio della MV Suez. L’Inferno della prigionia in Somalia è invece, finito per i 4 marittimi sudcoreani della nave MV Gemini catturata il 30 aprile del 2011 a 180 miglia nautiche da Malindi in Kenya. Oggi il ministero degli Esteri della Corea del Sud, confermando che è stato pagato un riscatto da parte della società di Singapore proprietaria dell’imbarcazione, la Glory Ship Management, ha annunciato il loro rilascio. Un bellissimo regalo di Natale per questi 4 uomini e per le loro famiglie.  Che la vita per i pirati somali sia diventata molto più dura lo dimostra anche il fatto che cominciano a far pressione per rilasciare in tempi brevi i loro ostaggi come a volersi liberare di un ‘peso’.  Proprio in questi giorni la gang del mare che trattiene in ostaggio i marittimi indiani della MT ASFALTO VENTURE si è infatti, rifatta viva chiedendo per il loro rilascio la liberazione di alcuni loro compagni rinchiusi nelle carceri indiane. La notizia è stata riportata nella sua edizione on line del 20 novembre scorso dal ‘The Hindu Business Line’. Due dei sette marittimi sono originari dello stato federale indiano del Kerala. In virtù di questo, in merito alla vicenda si è espresso il primo ministro di questo stato meridionale indiano, Oommen Chandy che ha suggerito al governo centrale di assecondare le richieste dei pirati somali. Il governo indiano però, come tanti altri, almeno ufficialmente, non tratta con i pirati somali ne tantomeno paga i riscatti. Sembra però, che molti membri del governo siano favorevoli allo scambio giustificandolo come un gesto umanitario verso i marittimi ormai prigionieri in Somalia da due anni.  Attualmente sono prigionieri in Somalia numerosi marittimi indiani che erano membri degli equipaggi di diverse navi catturate e dirottate dai pirati somali. Oltre ai 13 prigionieri a terra ci sono anche i 6 marittimi indiani, parte dei 24 marittimi di equipaggio della ‘MV ICEBERG 1’ catturata il 29 marzo del 2010. I 2 marittimi, parte dei 23 marittimi dell’equipaggio della ‘MV ALBEDO’ catturata il 25 novembre del 2010. I 17 parte dei 22 marittimi dell’equipaggio della ‘MV GRAZIA REALE’ catturata il 2 marzo scorso.

Ferdinando Pelliccia