BANDIERAPIRATAIl mare al largo delle coste occidentali dell’Africa si mostra sempre di più come nuovo crocevia della pirateria marittima internazionale. Il fenomeno, aumentato notevolmente quest’anno, è per importanza, almeno fino ad oggi, secondo solo a quello in atto nel mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano. I principali protagonisti sono le gang del mare nigeriane che si mostrano sempre più audaci nel compiere le loro ‘rapine a mano armata’. Essi infatti,  sequestrano per un breve periodo le navi, persino nei porti, per poi, derubarle del loro carico da rivenderlo al mercato nero e poi, rilasciare nave ed equipaggio, spogliati di tutto, senza null’altro pretendere, ossia un riscatto. Questo, almeno fino ad ieri quando qualcosa sembra essere cambiata. Finora gli episodi legati al fenomeno avevano per obiettivo dei pirati nigeriani non le navi e nemmeno i loro membri dell’equipaggio, ma quello che esse trasportavano, il loro carico. Essi infatti, hanno sempre dimostrato di puntare ai prodotti petroliferi raffinati provenienti dall’occidente e destinati ai Paesi dell’Africa Occidentale. Finora una volta preso il controllo della nave i predoni del mare nigeriani l’hanno sempre dirottata in un luogo tranquillo dove trattenerla giusto il tempo per travasarne il carico su altre navi e poi, rilasciarla insieme ai suoi marittimi a bordo. Non prima però, di averla spogliata di tutto e aver derubato di ogni loro avere anche i membri dell’equipaggio senza però torcergli un capello. Oggi, si è quindi sempre di fronte ad una rapina a mano armata, differenziata da quelle del passato dal fatto che hanno assaltato una nave che non era da carico, hanno rilasciato subito l’imbarcazione trattenendo però,  4 membri del suo equipaggio, evidentemente scelti con cura, 3 italiani e un ucraino. Evidentemente la rapina a mano armata di un tempo forse, ha subito un evoluzione trasformandosi in rapina a scopo estorsivo.  Quanto accaduto ieri infatti,  riporta alla mente l’attività svolta finora dai loro cugini somali che puntano alla cattura e sequestro di una nave solo a scopo estorsivo ossia per trattenerla in ostaggio insieme al suo equipaggio per poi, rilasciarli solo in cambio di un riscatto milionario pagato dall’armatore o dal governo del Paese a cui appartengono i marittimi ostaggi. Secondo l’International Maritime Bureau, IMB, nel primo semestre del 2012 sono stati messi in atto almeno 32 attacchi pirati dei quali gran parte andati a buon fine. Il conto è presto fatto. Rispetto allo stesso periodo del 2011 si registrano almeno 26 assalti in più. Un crescendo che viene letto in maniera negativa. Il fatto che il fenomeno della pirateria marittima sia in forte crescita nelle acque del golfo di Guinea, un’area che copre una dozzina di Paesi tra cui Togo, Lagos e Nigeria, preoccupa non pochi.  Almeno fino al 2010 il mare del West Africa sembrava immune a questo fenomeno. Negli ultimi mesi invece, gli attacchi pirati si sono moltiplicati quasi in contrappasso con la Somalia dove invece, si registra una leggera flessione della pirateria marittima. Addirittura sembra che questi predoni del mare stiano cominciando a colpire anche al largo, lontano diverse miglia dalle coste, utilizzando imbarcazioni d’altura. Si tratta per lo più di barche da pesca sottratte ai pescatori locali. Un fatto questo, che denota una pericolosa evoluzione del fenomeno ed una similitudine altrettanto pericolosa con quello in atto in Somalia. A preoccupare è anche l’aumento della violenza. Si comincia a registrare un numero preoccupante di marittimi uccisi o feriti nel corso degli assalti pirati che ora avvengono anche durante la navigazione. Un fatto questo che in passato difficilmente si verificava. I pirati preferivano catturare la nave mentre erano alla fonda in attesa di scaricare il loro carico di combustibile. Gli episodi accaduti di recente hanno mostrato un vero e proprio salto di qualità nelle azioni dei pirati nigeriani che oramai agiscono con modalità simili a quelle dei pirati somali come se avessero subito dei preoccupanti ‘innesti’.  Nel senso che forse nell’ultimo periodo è avvenuta una sorta di migrazione di predoni somali, disoccupati, dal mare del Corno d’Africa a quello del West Africa. Se il trend del fenomeno dovesse continuare nella sua salita uno degli hub commerciale emergenti nel Continente africano si ritroverebbe in serie difficoltà. La minaccia che viene dai pirati nigeriani porterebbe infatti, un danno enorme a quello che ormai è considerato il più importante hub per l’approvvigionamento di petrolio, metalli e prodotti agricoli per l’Occidente. Il rischio pirateria, come è avvenuto in Somalia, sta già facendo salire vertiginosamente i costi delle spedizioni e quelli assicurativi. Nell’agosto del 2011 la maggiore compagnia assicuratrice mondiale, i Lloyds Association di Londra, ha definito le acque del Golfo di Guinea come rischio al pari della zone di guerra. Un fatto questo che ha ancora una volta accomunato il mare dell’Africa Occidentale a quello dell’Africa Orientale. Infatti, nel 2007 i Lloyds Association di Londra definirono il mare della Somalia allo stesso modo e questo comportò una forte impennata nei costi assicurativi per gli armatori. La storia quindi si ripete e tra qualche mese la comunità internazionale potrebbe ritrovarsi a dover affrontare in maniera preoccupante il fenomeno della pirateria marittima anche sul fronte occidentale come è stato per quello orientale dove ora però, il fenomeno è in regresso anche perché le navi sono difese da team di sicurezza armati. Purtroppo nel mare al largo delle coste occidentali dell’Africa nemmeno il ricorso alle guardie armate a bordo sta riuscendo a tenere lontano gli agguerriti  pirati nigeriani. Per combattere il fenomeno dalla fine del mese di settembre del 2011 diversi Paesi del Golfo di Guinea, in particolare Nigeria e Benin, hanno iniziato un pattugliamento navale congiunto alla largo delle loro coste, ed è stato approntata anche una forza aerea per il pattugliamento dall’alto. La lotta alla pirateria marittima però, come la Somalia insegna, deve essere condotta in maniera decisa e oltre la comunità internazionale deve coinvolgere anche tutti i Paesi della regione che per contrastare il fenomeno, in questo caso nel Golfo di Guinea, devono costituire una loro forza militare navale congiunta specializzata appunto nel contrasto al fenomeno e questo prima che sia troppo tardi.

Ferdinando Pelliccia