Il tempo medio di attesa per un pronunciamento della Corte Suprema indiana è di tre mesi. In base a questo dato sono in molti a ritenere che è imminente la pubblicazione in India dell’attesissima sentenza a riguardo della vicenda dei due marò. L’Italia si aspetta che ci sia una svolta importante della vicenda dei due suoi militari trattenuti nello stato federale indiano del Kerala dal 15 febbraio scorso. Si tratta di due sottufficiali di marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che sono in attesa di un processo per il ‘presunto’ omicidio di 2 pescatori indiani avvenuto in mare mentre svolgevano  attività anti-pirateria. Un’attività che, in virtù della legge 130 del 2011, stavano svolgendo a bordo della petroliera italiana ‘Enrica Lexie’ della società armatrice F.lli D’Amato di Napoli. E’ anche forte in tutti l’augurio che qualcosa possa accadere e sblocchi la situazione prima delle festività natalizie. In questo modo i due militari della Marina Militare italiana potrebbero essere lasciati liberi di tornare a casa in Italia dalle loro famiglie. Potendo di fatto, festeggiare con loro le festività natalizie.  Difficile però, immaginare in che modo questo possa avvenire. Forse potrebbe essere accolta l’istanza presentata, in via personale, stamani dai due militari all’Alta Corte del Kerala di poter trascorrere il Natale con le rispettive famiglie in Italia. Familiari che stamani il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale. Ad accompagnarli il Ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola e il Ministro degli Affari Esteri, Giulio Terzi. Latorre e Girone attualmente non si trovano in carcere, ma si trovano a Kochi in regime di semilibertà da dove non possono però, allontanarsi e devono recarsi ogni giorno al commissariato di polizia locale per la firma di presenza. A frenare l’ottimismo finora l’ostinazione mostrata da parte delle autorità locali indiane fin dall’inizio in tutta questa vicenda. Gli indiani sono convinti che ad uccidere i due poveri pescatori locali, Ajesh Bink di 25 anni e Valentine Jelastine di 45 anni, siano stati i due marò scambiandoli per pirati. Non ci sono testimoni ne le prove però, le autorità del Kerala insistono e si mostrano fermi nella volontà di voler processare i due militari italiani per omicidio. Colpa che in India viene punita con l’ergastolo o la condanna a morte. In Italia si sono creati diversi ‘partiti’ pro e contro una reazione decisa nei confronti dell’India. Qualcuno, contro l’ostinazione indiana, ha addirittura chiesto misure di ritorsione ai danni degli indiani che vivono e lavorano in Italia. Il clima che si respira è chiaramente pesante. Nonostante tutto però, la sensazione che una svolta ci sarà è sempre più forte di giorno in giorno. Un risultato che se ottenuto sarà certo tutto merito del lavoro silente e ininterrotto, che fin dalle prime ore, sta svolgendo la diplomazia italiana. Gli indiani purtroppo hanno il coltello dalla parte del manico, nel senso che, avendo nelle loro mani i due marò dettano le regole del ‘gioco’. A questa situazione si è giunti perché il comandante dell’Enrica Lexie, Umberto Vitelli, pur trovandosi in acque internazionali, e quindi si poteva rifiutare come gli era stato chiesto da Roma, su invito delle autorità locali indiane e suggerimento del suo Armatore, ha ordinato di cambiare rotta e tornare indietro in acque territoriali indiane da dove poi, la nave è stata scortata da unità navali da guerra indiane fino al porto di Kochi nel Kerala dove vi è restata fino al maggio scorso e dove i due marò sono stati costretti a scendere a terra e messi agli arresti. La nave successivamente è stata rilasciata insieme al suo equipaggio e ad altri 4 marò che completavano il team di sicurezza, NMP. Difficile credere che gli indiani tornino sui loro passi anche se ormai si saranno resi conto, come tutti del resto, che hanno fatto una grossa cavolata arrestando i due marò. Del resto se alla fine di tutta questa storia si scoprisse anche che avevano torto di certo non ci farebbero una bella figura. In virtù del fatto che finora hanno sempre respinto ogni tentativo da parte dell’Italia di voler contestare le loro accuse o di voler mediare in qualche modo, l’unica soluzione valida per salvare cavolo e capra potrebbe essere la ‘Grazia’. Lo stato federale indiano del Kerala potrebbe graziare i due marò non dovendo quindi, nel contempo, dover riconoscere i propri torti, ma mostrandosi invece, magnanimo agli occhi del resto del Paese e del mondo intero. L’Italia aspetta ‘pazientemente’ la decisione della Corte Suprema di Nuova Delhi che deve esprimersi sulla giurisdizione del caso. Il caso ha voluto che di recente sia stato nominato suo presidente il giudice Altamas Kabir. Si tratta dello stesso magistrato indiano che aveva in passato esaminato i ricorsi presentati finora dall’Italia all’Alta Corte del Kerala. L’Italia chiede di potere giudicare in patria i due marò in virtù del pieno riconoscimento tanto della giurisdizione italiana, quanto dell’immunità funzionale che essi godevano in quanto il 15 febbraio scorso erano impegnati in una missione internazionale antipirateria. In merito, diversamente sarebbe calpestato il principio che un militare comandato a difendere le navi di bandiera dai pirati deve essere considerato responsabile delle sue azioni solo dal proprio Paese. Di rinvio in rinvio ormai sono trascorsi oltre 3 mesi da quando il massimo organo giudiziario indiano è stata investito del caso e alla fine, dopo le vacanze estive si è giunti anche a quelle natalizie. La Corte Suprema dovrebbe chiudere il 17 dicembre e riprendere le sue attività il 2 gennaio del 2013. Sembra quasi uno scherzo ed intanto il tempo stringe e la pazienza comincia ad esaurirsi. Al ministro degli Esteri Giulio Terzi non bastano più le rassicurazioni del governo di New Delhi che l’India segue con attenzione la vicenda dei due militari italiani, ma che il governo centrale non ha i poteri di dare indicazioni alla Corte Suprema riguardo alla pubblicazione di una sentenza, assicurando però, che il sistema giudiziario indiano è imparziale ed indipendente. In merito alla vicenda il 7 dicembre scorso in un’intervista al quotidiano online ‘Linkiesta’ il capo della diplomazia italiana ha dichiarato che l’Italia confida in una sentenza che sancisca il ‘diritto dei due militari accusati di omicidio ad essere giudicati in Italia. Diversamente, ha promesso il numero uno della Farnesina, ci sarà una reazione. L’Italia ha finora condotto la controversia con l’India basando la sua argomentazione sul fatto che la lotta alla pirateria marittima può essere efficace solo se si svolge nel pieno rispetto dei principi assoluti del diritto internazionale. Un principio che in questo caso sembra essere invece, stato ignorato volutamente. Se dovesse venire meno l’impegno di parte, se non di tutti, quei Paesi che sono ricorsi alla difesa armata delle navi di bandiera con l’impiego di militari attivi sarebbe un disastro. L’impiego di guardie armate a bordo delle navi commerciali, iniziato nell’estate del 2011, nel solo 2012 ha fatto diminuire dell’81 per cento il numero di attacchi di pirateria nel Golfo di Aden e nell’Oceano Indiano. Secondo dati della missione navale di contrasto al fenomeno dell’Ue, Eunavfor-Atalanta, nel corso del 2012 vi sono stati solo 34 attacchi da parte dei pirati somali, e solo 5 sono andati a buon fine. Lo scorso anno gli attacchi erano stati invece 176 e i sequestri 25. L’atteggiamento dello stato federale indiano del Kerala è criticabile. Il 19 novembre scorso, per la prima volta, in Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel corso del dibattito sulla pirateria marittima dedicato al mantenimento della pace e della sicurezza, proprio quando a presiedere la sessione vi era l’India, l’Unione europea per bocca di Ioannis Vrailas, capo della delegazione Ue, ha preso una posizione ferma, decisa e pubblica a sostegno della tesi dell’Italia sul caso dei due marò. Senza mai citare l’Italia o l’India Vrailas ha parlato esplicitamente di un caso di inosservanza dei principi di base della legge internazionale, riguardante lo status del personale militare in servizio attivo in una missione ufficiale di antipirateria, e la giurisdizione dello Stato di bandiera in acque internazionali. Un segnale forte e chiaro a livello internazionale a cui in tanti si erano appellati lamentandone l’assenza. L’atteggiamento dell’ India sta cominciando a risvegliare la coscienza di tanti in Italia. Si alza sempre più forte un coro unanime di voci che, con grande fermezza, chiedono il rispetto delle regole del diritto internazionale e soprattutto si schierano a sostegno della tesi del governo italiano.

Ferdinando Pelliccia