mappaareakeralaI marò sono tornati in India dando una grande prova di onorabilità.  La parola data è stata mantenuta e tutti coloro i quali in India proclamavano che non sarebbero più ritornati sono stati smentiti dai fatti.  Nel Paese asiatico questo grande gesto sembra essere stato apprezzato da tanti. Tra i tanti lo stesso ministro indiano degli Esteri, Salman Khurshid che con molta probabilità è uno dei fautori del deciso cambio di rotta che sembra sia stato imboccato nelle ultime settimane in merito alla vicenda. Salvatore Girone e Massimiliano Latorre al loro ritorno a Kochi sono stati accolti nel migliore dei modi. In questa città portuale dello stato federale del Kerala risiedono ormai da mesi godendo di un regime di libertà condizionata ottenuta dopo un breve periodo trascorso in carcere. In questa parte dell’India i due militari della marina italiana sono trattenuti dalle autorità locali perché ritenuti responsabili della morte di due pescatori indiani. Valentine Jelastine e Ajesh Binki. Si tratta di due sfortunati pescatori che vennero uccisi in mare il 15 febbraio del 2012 perché scambiati per pirati. Come responsabili della loro morte le autorità del Kerala hanno accusato i due marò anche se di fatto, non vi sono testimonianze oculari dell’accaduto. I due indiani, al momento dei fatti, erano imbarcati sul peschereccio Sant’Antony. Mentre i compagni erano a riposare sotto coperta essi erano in coperta uno al timone e l’altro di guardia. Subito dopo l’accaduto i compagni saliti in coperta videro in lontananza una grossa nave rossa e nera che si allontanava senza nemmeno poterne vedere il nome. Rossa e nera è la petroliera italiana Enrica Lexie a bordo della quale i due marò. insieme ad altri 4 commilitoni. costituivano un nucleo di polizia militare, NMP, per proteggerla da attacchi pirati. Gli indiani basandosi su questa vaga analogia e sulla testimonianza data dagli stessi marò di aver respinto un attacco pirata nella stessa zona stanno trattenendo i due militari italiani dopo aver lasciato andare gli altri 4 e la petroliera dopo averli trattenuti in porto a Kochi nel mese di maggio del 2012. Sono trascorsi quasi 11 mesi dal quel triste giorno. Si è trattato di certo di un tragico incidente di cui i due marò hanno sempre respinto ogni addebito e coinvolgimento anche perché affermano che la nave pirata respinta era diversa per forma e colore e di aver rispettato appieno le regole di ingaggio. Da allora però, sono trattenuti, contro la loro volontà e del loro governo, dalle autorità locali indiane. In questo modo i due sottoufficiali di marina si sono ritrovati, loro malgrado, al centro di una forte diatriba legale e diplomatica scoppiata tra l’Italia e l’India. Però, il fatto che Girone e Latorre sono tornati in India, dopo la breve licenza natalizia di due settimane trascorsa in famiglia in Italia e concessa, su loro personale richiesta, dall’autorità giudiziaria del Kerala, ha molto ammorbidito la stampa e l’opinione pubblica indiana. Entrambi fin dall’inizio di questa vicenda si sono ‘scagliati’ contro i due militari italiani reclamando una punizione esemplare. Episodi del genere si verificano spesso al largo delle coste indiane restando però, sempre senza un colpevole. L’avere nelle proprie mani due ‘possibili’ responsabili ha suscitato in tutti, nel Kerala, una forte voglia di ‘vendetta’ più che di giustizia che ha offuscato le menti e fatto compiere gesti che ora appaiono difficili da rimediare, ma non impossibile. Nel frattempo, in India molte cose sono però, cambiate. Oltre al ministro degli Esteri è cambiato soprattutto l’atteggiamento intransigente mostrato dalle autorità locali indiane del Kerala.  L’intera vicenda fin dall’inizio è stata purtroppo condizionata da ‘logiche politiche’ che hanno impedito l’intervento delle autorità centrali, ma soprattutto al governo locale del Kerala di essere indulgente nei confronti dei militari italiani. Addirittura l’episodio si è verificato in piena campagna elettorale per cui ogni presa di posizione è stata strumentalizzata dall’opposizione. Ora invece, è lo stesso governatore dello stato federale indiano, Oommen Chandi, a voler trovare una giusta soluzione alla vicenda e al più presto. Nei giorni scorsi in merito alla vicenda Chandi, che è membro del partito del Congresso, lo stesso che governa il Paese asiatico, ha affermato che: “non c’è nulla di personale tra me e i militari o tra me e l’Italia”. Un chiaro segnale di distensione che potrebbe aprire a diverse soluzioni come anche un atto di clemenza da parte dello stesso governatore verso i due marò. Tra i poteri del capo dell’esecutivo dello stato federale indiano vi è infatti, anche la facoltà di concessione della Grazia. Potrebbe essere questa la soluzione. Un atto di clemenza nei confronti dei due marò. Gli ultimi eventi hanno rafforzato politicamente Chandi che ora gode di un forte appoggio. Da questo mese poi, è cambiato il commissario a Kochi. Ajith Kumar, che dopo aver condotto l’inchiesta sull’uccisione dei due pescatori locali e che era diventato il principale accusatore dei due marò, ha passato lo scettro del comando della polizia a K.G. James. Di recente poi, è stato nominato presidente della Suprema Corte Indiana il giudice Altamas Kabir. Si tratta dello stesso magistrato indiano che in passato ha esaminato i ricorsi presentati dall’Italia all’Alta Corte del Kerala, quindi un profondo conoscitore della vicenda. Intanto, il tribunale di Kollam, competente per il processo per omicidio a carico dei due marò, finora non ha potuto svolgere nemmeno un’udienza. Ogni volta la corte ha dovuto rinviarla a nuova data. L’ultimo rinvio è al 15 gennaio prossimo. Anche in quella data di certo il magistrato indiano titolare del processo dovrà rinviare a nuova data. Questo perché il giudizio è subordinato al pronunciamento sulla giurisdizione territoriale del caso da parte della Suprema Corte indiana di New Delhi. Un pronunciamento che tarda ad arrivare. I giudici del massimo organo giudiziario indiano, pari alla Corte Costituzionale italiana,  dallo scorso 4 settembre, di rinvio in rinvio, non si sono ancora pronunciati su chi spetti, tra Italia e India, la giurisdizione. Sulla delicata questione della competenza reclamata dall’Italia in base al diritto internazionale, nel caso che il massimo organo giudiziario indiano glielo riconosca il processo di primo grado a Kollam contro i marò sarebbe automaticamente annullato. Finora gli indiani si sono appellati al fatto che il caso si presenta complesso La decisione della Suprema Corte rappresenterà un precedente importante nel diritto marittimo internazionale e giocherà a favore della lotta alla pirateria marittima. Con molta probabilità la tanto sospirata sentenza sulla giurisdizione si farò ancora attendere. Di certo ci sarà un nuovo rinvio. Però, è ormai chiaro che le autorità indiane stanno cercando di velocizzare i tempi nel tentativo di mettere al più presto la parola fine alla vicenda. Sono tanti, nel Paese asiatico, che ormai ritengono che le tante ombre che offuscano l’episodio accaduto quel 15 febbraio del 2012 al largo delle coste meridionali dell’india forse in un modo o in un altro hanno coperto la verità. Un inconfessabile verità che è alla base di questa intricata vicenda. In tanti si stanno rendendo conto che per venirne a capo non sarà necessario svelare questa verità, ma solo agire d’intesa. Tra i tanti anche diversi esponenti del governo centrale e locale. Un fatto questo che è visto come un segnale importante. Il governo centrale non può interferire con le decisioni di quello locale che gode di una forte autonomia, però, se ci sono corrispondenze di opinioni è più facile mediare anche perché, alla luce dei fatti, la soluzione della vicenda non può che essere politica. Le prossime settimane saranno decisive. Non resta che sperare e attendere fiduciosi.

Ferdinando Pelliccia