Con la Befana si dileguano i fumi delle festività e si torna all’arrosto bruciato della politica. L’Italia in febbraio andrà al voto con la certezza che non cambierà nulla in meglio, perché il menù è tutto un “porcellum” da tragico sketch.
Il 2013 inizia con Monti che “sale” in politica. Cinguettando su twitter il professore si fa largo, scompagina destra e sinistra, si piazza al centro e attende buone nuove dai “nuovi” della politica: i Casini e i Fini, con tutti i riciclati e i transfughi in cerca del posticino per non scomparire. L’ammucchiata di Centro è prevedibile, anzi scontata.
La prima cosa che farà Monti in caso di vittoria? “Cambiare la legge elettorale, indegna di un Paese come l’Italia”. Già, il famigerato porcellum che nessuno vuole e tutti accettano.
Berlusconi è più presente delle previsioni del tempo: lo trovi in tutti i canali e a tutte le ore. Prevede, stravede (per se stesso, ovvio) e straparla (Monti è abile se ci guida, è invece un incapace se non ci guida). Una centrifuga di chiacchiere che zampilla in un patetico oblò e si ferma alla “novità” dell’Imu da togliere. Eppure i sondaggi lo premiano; e la democrazia sondaggista è quella che decide le mosse (non il buon senso, ma questo vale per tutti).
La sinistra bersaniana, messo in un cantuccio Renzi, si appresta a vincere le elezioni più scontate del dopoguerra non “silenziando” nessuno (ad esempio Vendola e la Cgil, come vorrebbe Monti).
Comunque vada, però, non ci saranno i numeri per governare con decenza: lo impone il porcellum della legge elettorale e la variegata truppa in cerca di consenso.
Monti, Bersani, Berlusconi, Grillo, Di Pietro, Ingroia (e ingoia); un menù da scorpacciata con un conto salato che pagheranno i soliti noti.
A me il caro “Bel Paese” ricorda Walter Chiari e la scena del Sarchiapone; uno dei pezzi mitici della televisione in bianco e nero: lo sketch è del 1958 e vede protagonisti il grande Walter e Carlo Campanini. Nel gremito scompartimento di un treno, Campanini armeggia con una gabbietta coperta da un telo; a un certo punto si finge morso e dice di avere con sé il sarchiapone americano. Chiari finge di conoscere il presunto animale e tira a indovinare sulle sue caratteristiche, ma è sempre smentito da Campanini. Nella conversazione, dove Chiari non vuole ammettere la sua ignoranza, Campanini descrive l’animale con sempre maggiori tratti di spaventosità. Avviene che tutti i passeggeri abbandonino lo scompartimento, tranne i due protagonisti.
Chiari insiste per vedere il sarchiapone, ma a quel punto Campanini rivela che non esiste: è solo un espediente per viaggiare da solo, fare il vuoto intorno a sé.
Ecco, l’Italia politica somiglia all’animale dei due comici: nessuno la conosce (e nessuno lo ammette), morde ma solo per finta, crea orrore tra i “passeggeri”, e alla fine è solo un espediente per il potere. Invece conosciamo bene l’Italia dei sacrifici: quella che chiede, ordina, chiacchiera e pretende.
E gli effetti del saccente sarchiapone italico dilagano, mentre non abbiamo più Walter Chiari per rilassarci e un Campanini rassicurante che dica “sì, in fondo è tutto uno scherzo”.
Danilo Stefani

