Da un convegno di Legambiente, la fotografia del Belpaese in balia di narcomafie e frodi alimentari
Più di un’inchiesta ogni 4 giorni, con 297 persone arrestate e denunciate, 35 aziende sequestrate e un valore di 560 milioni di euro finito nelle mani degli inquirenti: negli ultimi due anni hanno interessato l’Italia 163 indagini internazionali per traffici illeciti di rifiuti, merci contraffatte, prodotti agroalimentari e specie animali. Un’escalation di speculazioni illegali e scenari sempre più inquietanti che riflettono un legame indissolubile fra l’andamento del commercio mondiale e quello dei mercati fuori legge. È quanto emerge dalla ricerca presentata oggi da Legambiente e Consorzio Polieco sui flussi illeciti tra l’Italia, l’Europa e il resto del mondo. Un dossier che, attraverso l’analisi delle connessioni fra le diverse filiere merceologiche, i soggetti coinvolti, le modalità operative, i luoghi più battuti dalle trame criminali, mette in luce come la fetta “in nero” della globalizzazione si sovrapponga e si mischi a quella legale, crescendo con essa a velocità supersonica.
La presentazione è stata al centro di un incontro, coordinato dal responsabile Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana, su come rendere più efficaci le attività di contrasto all’ecomafia globale, a cui hanno partecipato, tra gli altri, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale Legambiente, Enrico Bobbio, presidente Polieco, Claudia Salvestrini, direttore Polieco, Antonio Pergolizzi, coordinatore Osservatorio ambiente e legalità Legambiente, Giuseppe Peleggi, direttore Agenzia delle dogane, Vittoria Luda di Cortemiglia, di UNICRI, Giusto Sciacchitano, procuratore nazionale Antimafia f.f., Rosario Trefiletti, di Federconsumatori.
Nella seconda parte dell’iniziativa, si è svolta la tavola rotonda sull’Agenda per l’ambiente e la legalità, con le proposte per il nuovo Parlamento a cui hanno partecipato candidati di diverse liste e partiti: Stella Bianchi (Pd), Federica Daga (M5S), Loredana De Petris (Sel), Giovanni Fava (Lega Nord Padania), Fabio Granata (Fli), Pietro Grasso (Pd), Ermete Realacci (Pd), Paolo Russo (Pdl), Francesco Paolo Sisto (Pdl), Stefano Vignaroli (M5S).
“Per stroncare questi mercati illegali – ha detto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – è importante rafforzare le azioni di contrasto e prevenzione, nel nostro Paese e a livello globale. Ci auguriamo finalmente che il prossimo Parlamento introduca nel Codice penale italiano i delitti contro l’ambiente e si impegni di ricostituire la commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie. Ma è altrettanto importante estendere a tutti i Paesi dell’Unione Europea il delitto di traffico illecito di rifiuti, che ha consentito in Italia di svelare rotte e interessi di queste organizzazioni criminali”.
“Dobbiamo armonizzare ancora di più tutte le componenti istituzionali del Paese impegnate nel contrasto verso questo tipo di illeciti – ha dichiarato il presidente di PolieCo, Enrico Bobbio – e, allo stesso tempo, perseguire l’obiettivo di una sburocratizzazione delle norme che regolano la gestione dei rifiuti, per favorire il riciclo di qualità made in Italy, attraverso la “filiera corta” della gestione dei rifiuti. Solo in questo modo si possono evitare inutili traffici grazie ai quali, il più delle volte, si finisce per foraggiare le ecomafie e le imprese poco virtuose che, oltre a danneggiare l’ambiente e la salute dei cittadini (di tutti i Paesi), conseguono risultati economici al di fuori delle regole”.
“Compito e dovere principale dei Consorzi obbligatori per la gestione rifiuti – ha ricordato la dott.ssa Claudia Salvestrini, direttore del Consorzio PolieCo – dovrebbe essere quello di monitorarne i flussi vigilando su tutte le fasi di gestione, compresa quella delicatissima dell’eventuale spedizione in Paesi esteri. Il tutto per garantire il rispetto delle regole. E’ questo da sempre l’impegno del Consorzio PolieCo, per la promozione massima della legalità nel settore del riciclo”.
“Delle 163 inchieste censite – ha sottolineato Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente e curatore della ricerca – il 68% interessa merci contraffatte e specie protette, il 23% traffici illeciti di rifiuti e il 9% frodi agroalimentari. I traffici si sono mossi prevalentemente sulle cosiddette autostrade del mare, soprattutto per i grossi carichi e le lunghe distanze: è qui, secondo la Commissione europea, che si muove l’81% dei business illegali mondiali. Per i carichi più piccoli e di alto valore aggiunto e per le tratte più brevi rimangono comunque allettanti i movimenti su strada o per via aerea”.
Complessivamente, i porti italiani figurano per 72 volte come punti di destinazione dei traffici e per 50 volte come aree di partenza. Ancona è quello in cui si registra il maggior numero di inchieste, seguito da Bari, Civitavecchia, Venezia, Napoli, Taranto, Gioia Tauro (Rc), La Spezia e Salerno.
Nelle tabelle a supporto della presentazione tutti i dettagli: il paese più coinvolto nelle rotte illegali da e per l’Italia è la Cina, i cui porti sono stati individuati come punti di partenza o di arrivo di traffici illeciti ben 45 volte. Al secondo posto figura la Grecia (con 21 inchieste) seguita dall’Albania (8 inchieste), dall’area del Nord Africa, da quella del Medio Oriente e dalla Turchia (rispettivamente 6 inchieste).
Fulvio D’Andrea