BANDIERAPIRATAPer molti, dopo che il 2011 è stato definito l’anno del picco, il 2013 sarà l’anno dell’azzeramento del fenomeno della pirateria marittima al largo del Corno D’Africa. Sebbene si continui a registrare nessun evento significativo non viene però, abbassata la guardia in tutta l’area a rischio pirateria marittima e che comprende le acque dal Golfo di Aden All’Oceano Indiano occidentale.  La pirateria per il traffico mercantile continua quindi a rimanere una minaccia anche se i successi conseguiti da parte delle forze navali internazionali, intervenute dal 2008 attivamente  in contrasto al fenomeno, nel corso degli ultimi mesi sembrano averlo fortemente indebolito. Un successo è figlio soprattutto dell’aumentata capacità di azione delle unità navali da guerra internazionali che operano al largo del Corno d’Africa e che, rispetto al passato, compiono operazioni mirate e con maggiore  coordinazione tra loro. Il contrasto armato in tutte le sue forme, navi da guerra e team di sicurezza armati a bordo, ha ridotto notevolmente le capacità dei pirati somali di poter catturare le navi commerciali che transitano lungo la rotta Asia-Europa e che passa attraverso il Canale di Suez. Una rotta importantissima attraverso cui passa il 20% del commercio globale ed il 90% del traffico commerciale marittimo europeo. Secondo stime recenti sono circa 40mila le navi che vi transitano ogni anno. Quelle battenti bandiera italiana sono circa 4000. L’allerta resta soprattutto alta per la capacità dei predoni del mare di agire lontano al largo delle coste della Somalia appena gli capita un’opportunità. Le gang del mare ormai sanno bene che quasi tutte le navi viaggiano con team di sicurezza armati a bordo e se ne stanno alla larga. Hanno provato sulla loro pelle il fatto che i Security Contractor prima sparano e poi. Secondo una recente stima sono almeno 2mila le navi che ogni mese attraversano il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano con guardie armate a bordo. Di tanto in tanto però, qualcuno tenta dei piccoli avvicinamenti, soft-approcci, a qualche nave mercantile che transita nel loro raggio di azione. Una sperimentata pratica che permette di evitare costi inutili e di rischiare vite umane senza avere alcuna speranza di successo. Un singolo skiff si avvicina alla nave per sondare la presenza e la reattività dell’eventuale team di sicurezza imbarcato a bordo. Se non si registra alcuna reazione un secondo barchino si affianca all’altro e si tenta l’arrembaggio.  Per la consapevolezza che la partita comunque non è chiusa il prossimo mese di settembre a Bruxelles si terrà una Conferenza che oltre a tutti i partner internazionali sarà allargata a tutti i somali e non solo quelli di  Mogadiscio. Lo scopo è quello di lanciare un ‘compact’ che permetta la ricostruzione delle istituzioni in Somalia fortemente minacciate internamente dalle milizie filo islamiche.Il governo somalo di Mogadiscio non controlla soprattutto parte del sud del Paese dove vi sono le roccaforti islamiche e  la zona costiera nord-orientale dove hanno invece, i loro covi molte gang del mare. Dal 2008 ad oggi al largo della Somalia e nelle acque dell’Oceano Indiano in totale sono stati registrati almeno 500 attacchi contro navi mercantili di cui almeno 125 andati a buon fine. Il fenomeno oggi, sebbene i pirati somali siano ancora attivi fa registrare però, una brusca frenata. Il fenomeno è di fatto in caduta libera da questa parte del continente africano a dimostrarlo sono i dati: nel 2010 i pirati somali avevano sequestrato 47 navi, nel 2011 catturate 25 navi e nel 2012 le navi erano state solo 4. Nei primi sei mesi del 2013 non si sono registrati attacchi pirati andati a buon fine.  Dai 736 marittimi del 2011, tenuti in ostaggio come bestie in gabbia dalle gang del mare che li avevano catturati insieme alle loro navi, si è passati a poco più di 50 marinai trattenuti ancora dai predoni del mare e dalle 30 e più navi fotografiaperavvisarepiratidipresenzaabordonevediguardiearmatecatturate e trattenute una sola è ora nelle loro mani. Attualmente infatti, dai pirati somali è trattenuta dal 26 marzo del 2012 solo la NAHAM 3 un peschereccio battente bandiera dell’Oman. Con la nave trattenuti in ostaggio anche i suo 28 membri dell’equipaggio. Il 27 luglio scorso un elicottero delle forze aereonavali internazionali di contrasto alla pirateria marittima ha intercettato la nave, controllata dai pirati somali, in una rada nei pressi della costa della regione di Galmudug nel nord della Somalia. In tutto i marittimi in mano ai pirati somali sono 50 calcolando anche quelli che sono prigionieri delle gang del mare ma senza la loro nave andata persa nel corso della prigionia. Si tratta dei 4 del FV PRANTALAY catturati nell’aprile del 2010, dei 7 della MV ASFALTO VENTURE catturata nell’aprile del 2011 e gli 11 marittimi dei 23 che componevano l’equipaggio della nave portacontainer MV ALBEDO catturata nel novembre del 2010 e affondata nelle scorse settimane a causa del mare mosso mentre era tenuta alla fonda dai predoni del mare vicino alla costa somala. Per il rilascio di questi lavoratori del mare come sempre è stato chiesto dai pirati somali un riscatto. I lori atti di pirateria sono infatti, a scopo estorsivo. Estorcere del denaro agli armatori delle navi sequestrate o ai governi dei Paesi a cui appartengono i marittimi catturati. Il fatto che questi marinai sono dopo decine di mesi ancora ostaggi dei banditi del mare è la prova evidente che se non viene pagata una contrapartita in dollari nessuno viene rilasciato. Tutti hanno sempre pagato nessuno escluso. Le gang del mare sono disposte ad aspettare anche degli anni come stanno dimostrando ampiamente. Capita spesso però, che gli armatori decidano di abbandonare navi ed equipaggio al loro destino. Non venendo pagato un riscatto per il loro rilascio i marittimi non vengono quindi rilasciati e rimangono prigionieri dei pirati somali subendo angherie di ogni genere. In molti casi il dramma di questi lavoratori del mare si conclude con la morte. Ad essere abbandonate sono prevalentemente quelle barche per le quali gli Armatori non ritengono ‘valga la pena’ pagare un riscatto.

Ferdinando Pelliccia