Dhow_pirata_con_due_skiffPer il fatto che non si esclude che in questo momento vi siano in mare skiff pirati potenzialmente pericolosi e che i pirati somali conservino ancora la capacità di condurre atti di pirateria contro le navi commerciali. Nel mare di fronte alle coste del Corno D’Africa nessuno abbassa la guardia e ogni attività sospetta continua ad essere prontamente segnalata.  In questo periodo dell’anno i monsoni spirano da Sud e SudEst favorendo in questo modo l’attività delle piccole barche da pesca nelle zone più vicine alla costa a ridosso delle rotte delle grandi navi commerciali. I pirati somali usano navigare in lungo e in largo nella zona di transito di queste navi, mescolandosi alle barche da pesca, in attesa che si pongano le conduzioni per attaccare un mercantile o una petroliera. In questo contesto nel corso della settimana appena trascorsa si è registrato un aumento delle segnalazioni di approcci sospetti in mare da parte di barchini verso navi mercantili in navigazione lungo il bacino somalo e Golfo di Aden. Alcuni anche con uomini armati a bordo. Il fatto che le attuali condizioni meteo sono favorevoli all’attività di pirateria e la certezza della presenza di gruppi di attacco pirata in mare fanno tenere conto di ogni segnalazione. Per cui è scattata un’allerta di livello superiore per tutti i protagonisti del contrasto alla pirateria marittima. Pertanto anche se probabilmente si tratta in gran parte di falsi allarmi dovuti al fatto che le barche da pesca si possono avvicinare alle navi mercantili per massimizzare le possibilità di pesca Alcuni pescherecci infatti, usano seguire, mettendosi sulla sua scia, i  mercantili. Questa abitudine ha lo scopo di aumentare il pescato per la presenza di un  maggior numero di pesce sulla scia di una nave. Oppure si avvicinano per salvaguardare le reti da pesca che sono state depositate in mare. E un’ abitudine dei pescatori somali anche quella di portare con se sempre un’arma per difendere il pescato da malintenzionati. Infatti, molto spesso accade che i pescatori, sulla via del ritorno, sono attaccati da banditi del mare per essere derubati del frutto del loro lavoro. Ad ogni segnalazione sono state quindi, inviate unità navali da guerra della missione internazionale antipirateria marittima ad indagare. Queste hanno verificato ogni barca sospetta segnalata. Per fortuna a bordo di esse non vi è stato rinvenuto alcun armamentario o attrezzatura pirata. Quasi sempre si è trattato appunto di attività connesse a modelli comuni di vita propri della zona. Queste attività includono pesca, commercio di piccolo vaso, contrabbando e altri movimenti locali con nave. Resta comunque alta l’allerta perché è abitudine dei pirati somali di effettuare anche degli approcci ‘soft’ verso navi mercantili in transito nel bacino somalo. Lo scopo è quello di saggiarne la reazione ed in particolare del team di sicurezza armato presente a bordo della nave. Si tratta di veri e propri gruppi di attacco che girovagano in lungo e in largo in mare in cerca di un’eventuale preda. Infatti, se l’approccio non suscita alcuna reazione da parte della nave i banditi del mare procedono con un tentativo di arrembaggio ricorrendo anche a skiff supplementari pronti ad intervenire in caso di chiamata. In caso contrario desistono conoscendo i rischi a cui vanno incontro.  Sul fronte marittimi-ostaggi non si registrano variazioni. Nelle ultime settimane anche i marittimi membri dell’equipaggio della nave NAHAM 3, unica grossa nave ancora in mano ai predoni del mare somali, sono stati sbarcati e spostati a terra. In questo modo quasi tutti i lavoratori del mare trattenuti ancora in ostaggio dai pirati si trovano ora a terra. I marittimi trattenuti in ostaggio in attesa che qualcuno paghi per loro un riscatto sono attualmente circa una settantina, ma potrebbero essere anche molti di più. Sono infatti, decine e decine le barche da pesca, per lo più pescherecci iraniani ed yemeniti, che ogni settimana cadono nelle mani delle gang del mare somale. Come sempre è quindi impossibile fare un conteggio preciso degli ostaggi nelle loro mani. Per una quarantina di loro la prigionia dura anche da circa due anni come per i marittimi equipaggio della ‘M/V ALBEDO’ catturata nel novembre del 2010. Ostaggio dei predoni del mare anche il giornalista scrittore statunitense Michael Scott Moore rapito il 18 gennaio del 2012 a Galkayo mentre si trovava nel Paese africano per raccogliere materiale per un libro sulla pirateria. Per il suo rilascio la gang del mare che lo tiene prigioniero a terra chiede un riscatto milionario. Di recente i suoi carcerieri hanno diffuso una prova in vita del reporter. La prigionia è un vero inferno che ha lasciato un segno indelebile nell’anima, nella mente e nel corpo di ogni ex ostaggio. Per fortuna la capacità dei pirati somali di poter colpire ha subito un forte ridimensionamento per la maggior capacità di intervento delle forze navali antipirateria e perché ormai la difesa armata dei mercantili è stata adottata dalla gran parte degli armatori. Questo ha fatto si che il fenomeno abbia subito un forte crollo anche se non è stato debellato. Questo ha fortemente ridotto il numero degli ostaggi in mano alle gang del mare. In passato il numero dei marittimi ostaggi erano stato anche  di diverse centinaia. Lavoratori del mare di diversa nazionalità per i quali i pirati somali per rilasciarli hanno chiesto ed ottenuto riscatti milionari. La disgrazia di cadere nelle mani dei pirati somali è toccata anche ai marittimi italiani. I primi sono stati i membri dell’equipaggio del rimorchiatore Buccaneer catturato nel 2009.

Ferdinando Pelliccia