L’era della pirateria marittima nelle acque somale noBANDIERAPIRATAn è ancora finita ma sta solo attraversando un periodo di calma. Gli affari per i pirati somali per ora vanno solo male ed allora essi si rivolgono momentaneamente verso altri business.  Oggi le gang del mare offrono ‘protezione’ alle navi da pesca straniere che gettano le reti al largo della Somalia. Un vero e proprio racket della protezione dove i moderni filibustieri somali si fanno pagare per offrire protezione da loro stessi. La notizia emerge da un rapporto pubblicato di recente dalle Nazioni Unite in cui si legge che queste navi sono prevalentemente cinesi, taiwanesi, yemenite, coreane, iraniane e anche europee. Nel documento si legge che i pirati somali aiutano le navi da pesca straniere a non essere disturbate durante la loro attività e arrivano anche a sparare sui pescatori somali per eliminare la loro concorrenza. Eppure il fenomeno inizialmente era nato proprio come risposta alla pesca illegale e allo smaltimento dei rifiuti tossici in corso al largo delle coste della Somalia. I predoni del mare somali non hanno smobilitato ma sono solo in attesa che tornino tempi migliori. Essi infatti, durante quello che è da considerarsi solo un periodo di calma, hanno continuato a predare in mare colpendo piccole navi e barche locali non difese. Per queste navi e i loro carichi essi non hanno chiesto alcun riscatto ma, si sono limitati a rivenderli e intanto in questo modo, si tengono in allenamento affinando le tecniche di arrembaggio. Si tratta di episodi che non sono stati registrati in quanto non se ne hanno quasi mai notizia. Ufficialmente risulta che dal mese di maggio del 2012 ormai si registrano solo episodi isolati di attacchi a grosse navi commerciali tutti però, falliti. Nei primi 10 mesi del 2013 sono stati solo 10. L’ultimo attacco fallito risale allo scorso 11 ottobre ad est della città costiera di Hobyo nel Puntland somalo. In questa occasione ad essere stata presa di mira da due skiff pirati è stata una petroliera difesa da un team di sicurezza armato che ha messo in fuga gli assalitori. L’ultima cargo ad essere stato invece, sequestrato risulta essere ‘MT SMYRNI’ catturato nell’Oceano Indiano nel 2012. Non viene però, tenuto il contro delle decine e decine di barche da pesca, per lo più pescherecci iraniani ed yemeniti, che ogni settimana cadono nelle mani delle gang del mare somale.  Ufficialmente i pirati somali trattengono in ostaggio solo una nave commerciale, la ‘F/V NAHAM3’ battente bandiera dell’OMAN catturata nel marzo del 2012. In realtà hanno anche un centinaio di navi più piccole. Con loro anche un centinaio circa di marittimi membri degli equipaggi. Molti di questi marittimi sono tenuti prigionieri a terra, almeno una cinquantina, e altri su navi. Per una quarantina di loro la prigionia dura anche da circa due anni come per i marittimi equipaggio della ‘M/V ALBEDO’ catturata nel novembre del 2010 e recentemente affondata dal mare grosso mentre era tenuta, dai pirati somali, alla fonda al largo di Haradhere. Tutto ciò ha originato una permanente e difficile situazione umanitaria per tutti questi marittimi prigionieri. Proprio gli uomini della ‘M/V ALBEDO’ visitati nei mesi scorsi da un medico sono risultati affetti da eruzioni cutanee,  infezioni, malaria e disturbi di stomaco causati da bere acqua sporca. Diversi marittimi sono morti in prigionia. Per quelli che sopravvivono l’esperienza li segnerà per sempre nell’anima, nella mente e nel corpo perché la prigionia è un vero Inferno. Ostaggio dei predoni del mare anche il giornalista scrittore statunitense Michael Scott Moore rapito il 18 gennaio del 2012 a Galkayo mentre si trovava nel Paese africano per raccogliere materiale per un libro sulla pirateria. Per il suo rilascio la gang del mare che lo tiene prigioniero chiede un riscatto milionario. Proprio nelle scorse settimane i suoi carcerieri hanno diffuso una prova in vita del reporter. Nell’attesa di tempi migliori i banditi del mare si stanno anche dedicando al traffico di armi, droga ed esseri umani, un dato quest’ultimo, che emerge da un rapporto pubblicato dal Gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite sulla Somalia e l’Eritrea. A destra e a manca viene sbandierato che il declino dei pirati somali, evidentemente solo transitorio, è avvenuto grazie ad un intervento militare armato da parte di  una coalizione navale internazionale e dal crescere del ricorso da parte degli Armatori all’imbarco di guardie armate a bordo dei mercantili per la loro difesa. Dal 2008 per la prima volta l’ONU ha permesso di perseguire i pirati, anche ricorrendo all’uso della forza, in mare, anche entrando nelle acque territoriali, e a terra. Alla fine al largo delle coste del Corno D’Africa e nell’Oceano Indiano si sono ritrovate insieme unite in missioni o da sole decine e decine di navi da guerra di oltre venti Paesi, anche di quelli divisi politicamente oltre che geograficamente. Navi che si sono sentite autorizzate, in nome della lotta alla pirateria, a navigare, ‘indisturbate’, in quelle acque a ‘caccia di pirati’ a volte anche senza un coordinamento e controllo. Mentre la sicurezza a bordo delle navi è stata affidata a ‘Security Contractor’. Per lo più di ex militari delle forze speciali inglesi e USA che fanno capo a società di sicurezza marittima che una volta in mare aperto nessuno può controllare. In verità il calo degli attacchi è da collegare anche al fatto che il numero delle navi che seguono le pericolose rotte al largo delle coste della Somalia è diminuito sensibilmente. Dalle oltre 40mila si è passato a circa la metà. Questo perchè le rotte percorse da gran parte dei cargo si sono spostate lungo quelle del Mare del Nord. A ridurre significativamente la capacità operativa dei pirati somali sembra essere stata anche la creazione nello stato autonomo somalo del Somaliland, in cui sono basati gran parte delle gang del mare, di una Guardia Costiera, sponsorizzata dalla comunità internazionale con mln di dollari di aiuti economici, che può contare su circa 600 uomini che vigilano su quanto accade all’interno delle sue acque territoriali per mantenere attive le rotte commerciali vitali alla sopravvivenza dei suoi porti. La stessa autorità costituita della Somalia sembra essersi data una scossa. Il governo di Mogadiscio si propone di creare a breve una propria Guardia Costiera. Questo partendo praticamente da zero. A tal proposito è stato firmato. lo scorso mese di Luglio. un accordo con una società privata olandese, la Rotterdam-Based Atlantic Marine e Offshore Group per sviluppare il progetto. Gli effetti della pirateria marittima infatti, ricadono negativamente sulle casse di quei Paesi che vivono imponendo imposte per il passaggio di navi attraverso le loro acque e per l’utilizzo dei loro porti. Per cui questi Paesi sono interessati a far tornare al loro solito percorso i mercantili e sono pronti a tutto per far in modo che questo avvenga, anche a mostrare al mondo l’attività dei pirati somali con una luce più fioca in modo che non si veda bene. Si può in pratica affermare che tutti insieme questi fattori hanno solo ridotto significativamente la capacità dei pirati somali di catturare le navi commerciali che solcano il mare lungo la rotta che porta dall’Asia all’Europa passando per il Golfo di Aden e Canale di Suez.  Quello che invece, nessuno sta facendo, ed è significativo, è reintegrare i pirati somali nella società civile. Sono diverse centinaia mappa_area_pirateria_somalaquelli reclusi in almeno 11 Paesi. Per loro non vi è nessuna prospettiva per il futuro che non tornare in mare forse ancora da pirata. La riduzione significativa della capacità operativa dei pirati somali è stata però, in qualche modo anche favorita dallo sviluppo di forti sentimenti anti-pirateria che sono andati man mano crescendo nelle comunità somale costiere stanche ormai di anni e anni di forzato isolamento economico e anche commerciale. Un fatto questo che ha fatto mancare ai predoni del mare i necessari appoggi locali. Di non inferiore importanza anche la dissociazione di numerosi pirati dalla fenomeno. Eclatante quella di Mohammed Abdi Hassan meglio conosciuto come Afweyne. dissociatosi nel gennaio del 2012. Il pirata, che ha anche un soprannome, che più lo contraddistingue, Big Mouth (bocca grande) meritato per la sua capacità di inghiottire ingenti riscatti, è praticamente considerato l’inventore della pirateria in Somalia e ha condotto questa sua redditizia attività per almeno otto anni. In un rapporto delle Nazioni Unite si legge che Big Mouth abbia accumulato tra il 2008 e il 2013 una fortuna immensa attaccando decine di navi mercantili e facendosi poi, pagare riscatti milionari per il loro rilascio. Il 12 ottobre scorso Afweyne è caduto in una trappola tesagli dalla polizia belga che lo ha attirato in Belgio con un inganno per poi, arrestarlo. Era ricercato per il sequestro della nave mercantile battente bandiera belga ‘Pompei’ avvenuto nell’Oceano Indiano nell’aprile del 2009. Lo stesso anno del sequestro del rimorchiatore italiano Buccaneer. Il sequestro della nave belga duro oltre due mesi e vide i marittimi membri dell’equipaggio, tra cui due  belgi, essere trattenuti prigionieri in condizioni disumane. L’episodio diede il via al ricorso alle guardie armate a bordo di una nave commerciale per difenderla dagli attacchi pirati. Il Belgio infatti, nel maggio 2009 è stato il primo Paese europeo a fare ricorso ai militari della marina ‘affittati’ agli armatori belgi per difendere le loro navi dai pirati somali. Negli anni poi, il Belgio venne imitato da altri Paesi europei Francia, Spagna, Germania, Inghilterra e Italia. Con Afweyne  arrestato anche Mohamed Aden, un cittadino somalo  naturalizzato negli Stati Uniti meglio conosciuto con il nome di Tiiceey.  Si tratta del somalo che mediò per la liberazione degli ostaggi britannici, i coniugi Paul e Rachel Chandler, che vennero trattenuti in ostaggio dai pirati somali in Somalia per più di un anno fino a quando non venne pagato, per il loro rilascio, un riscatto di 800mila dollari. Il fenomeno della pirateria marittima in Somalia ha vissuto i suoi anni d’oro nel periodo 2008-2012 quando la costa nord-orientale della Somalia era definita la nuova Tortuga, per il fatto che molte delle gang di pirati vi avevano stabilito le loro roccaforti, e ogni giorno si registrava almeno un sequestro di una nave. Sono gli anni in cui i predoni del mare somali hanno fatto registrare il sequestro di almeno 150 navi che dovrebbe aver fruttato alle loro casse almeno 400 mln di dollari in riscatti pagati.

Ferdinando Pelliccia