manifesto_salviamo_i_nostri_maròDa notizie pubblicate il 27 novembre scorso sulla stampa indiana risulta che a carico dei due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sia stata avanzata l’accusa di omicidio che in India è punita con la pena di morte. Diventa sempre più indefinibile il destino dei due sottoufficiali di Marina trattenuti in India, contro la loro volontà e quella dell’Italia, con l’accusa di aver ucciso in mare due pescatori indiani. Il fatto avvenne il 15 febbraio del 2012 al largo delle coste meridionali dell’India mentre i due  pescatori, rispettivamente il timoniere e l’uomo di vedetta, erano a bordo del peschereccio ‘Sant’Antony’ che venne bersagliato dai colpi esplosi da una grossa nave commerciale di cui i testimoni hanno visto mentre si allontanava potendone distinguere solo la sagoma e i colori. Al momento dei fatti il resto dell’equipaggio del peschereccio era a dormire sotto coperta. Probabilmente a fare fuoco il team di sicurezza presente a bordo della nave  vista allontanarsi scambiando il battello per uno skiff pirata. I due militari della marina italiana facevano anch’essi parte di un team di sicurezza militare armato, NMP, imbarcato sulla petroliera italiana Enrica Lexie. I due marò pur  affermando di aver sparato contro un presunto skiff pirata hanno sempre respinto ogni accusa e non ammesso di aver ucciso i due pescatori a causa del mancato rispetto delle regole di ingaggio ossia  di non  aver sparato direttamente sulla barca da pesca e aggiungendo che l’imbarcazione non è la stessa dell’episodio che li riguarda. Attualmente si trovano in attesa di giudizio presso l’Ambasciata italiana di New Delhi in India. La loro vicenda ha dato vita ad un’annosa e aspra diatriba tra Italia e India. Per il governo italiano l’episodio è avvenuto in acque internazionali e quindi i due militari devono essere giudicati in Italia per quello indiano è avvenuto in acque nazionali e quindi è competente un tribunale indiano. In questi giorni sarebbe stata presentata al Ministero degli Interni indiano una relazione del National investigation agency, Nia. Si tratta dell’agenzia antiterrorismo indiana incaricata, dopo che la Corte Suprema indiana ha stabilito l’incompetenza del Kerala a giudicare i due marò, dal Ministero degli Interni indiano di condurre indagini supplementari sul caso marò. Indagini che erano state condotte dalla polizia dello stato federale indiano del Kerala da dove provenivano i due pescatori uccisi. Nel documento viene avanzata verso i due militari italiani l’accusa di omicidio che prevede la pena di morte. Il problema si è posto in quanto la Nia richiama l’accusa ad una specifica legge marittima, la ‘Sua Act’ che è stata approvata nel 2002  e riguarda la sicurezza marittima e che prevede la pena di morte se si causa la morte. Proprio in virtù di questa legge negli ultimi mesi in India sono avvenute almeno due impiccagioni. Questo è ovviamente in contrasto con le rassicurazioni finora fatte dal Ministero degli Esteri indiano all’Italia a riguardo della pena che sarebbe stata inflitta ai due marò. L’impegno era che ai due non sarebbe mai stato addebitata un’accusa punita con la pena di morte.  Per i due al massimo ci sarebbe stata un’accusa di omicidio colposo. Una decisione  questa, presa lo scorso mese di aprile e legata al fatto appunto di non richiamare la legge del 2002.

Ferdinando Pelliccia